Ricorso Straordinario: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile
L’ordinamento giuridico prevede strumenti eccezionali per correggere eventuali errori giudiziari, anche dopo una pronuncia della Corte di Cassazione. Uno di questi è il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto. Tuttavia, il suo utilizzo è soggetto a rigidi limiti. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di quando tale ricorso viene ritenuto manifestamente infondato, con conseguenze significative per il proponente.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una condanna per il reato di bancarotta fraudolenta. L’imputato, dopo la pronuncia della Corte di Cassazione che aveva rigettato il suo ricorso ordinario, decideva di presentare un ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis del codice di procedura penale. La tesi difensiva si fondava su un unico punto: la presunta, erronea valutazione del termine di prescrizione. Secondo il ricorrente, il reato si sarebbe dovuto considerare estinto per il decorso del tempo già prima della sentenza d’appello.
Il ricorso straordinario e la decisione della Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso straordinario e lo ha dichiarato inammissibile. La Corte non è entrata nel merito della questione sollevata, poiché ha rilevato un vizio fondamentale nell’iniziativa del ricorrente. La decisione si è basata sulla constatazione che il punto sollevato non costituiva un errore di fatto, bensì una questione giuridica già ampiamente discussa e risolta correttamente in una precedente sentenza della stessa Corte (la n. 32915 del 2023).
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni dell’ordinanza sono nette e precise. La Corte ha ribadito che il ricorso straordinario non è uno strumento per ottenere un terzo grado di giudizio di merito o per ridiscutere questioni già decise. L’appello era, nelle parole della Corte, ‘manifestamente infondato’.
Il fulcro della motivazione risiede nel corretto calcolo del termine di prescrizione. La Cassazione ha chiarito che, per il delitto di bancarotta fraudolenta, la pena massima prevista è di dieci anni di reclusione. A questo periodo base deve essere aggiunto un aumento di un quarto, come previsto dall’articolo 161, secondo comma, del codice penale (nel testo applicabile ratione temporis). Il calcolo è quindi semplice: 10 anni + 2,5 anni = 12 anni e 6 mesi. Questo termine non era ancora decorso al momento della sentenza di appello.
Poiché la questione era già stata affrontata e risolta in modo ineccepibile, riproporla attraverso un ricorso straordinario è stato giudicato un tentativo infruttuoso di rimettere in discussione la decisione. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, data l’assenza di elementi che potessero escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Conclusioni Pratiche
Questa pronuncia sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: gli strumenti di impugnazione, specialmente quelli straordinari, non possono essere utilizzati per aggirare decisioni già prese. Il ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p. è un rimedio eccezionale, limitato alla correzione di specifici errori materiali o di fatto (come un errore di percezione su un atto processuale) e non può diventare un pretesto per una nuova valutazione del merito della causa. La decisione conferma che un calcolo della prescrizione, sebbene contestato, se già correttamente vagliato e motivato, non costituisce un ‘errore di fatto’ emendabile con questo strumento. L’esito del caso, con la condanna a spese e sanzione, serve da monito sulla necessità di utilizzare con ponderazione e solo nei casi previsti dalla legge i mezzi di impugnazione.
Perché il ricorso straordinario è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La questione sollevata, relativa alla prescrizione del reato, era già stata correttamente affrontata e decisa in una precedente sentenza della stessa Corte di Cassazione.
Come è stato calcolato il termine di prescrizione per il reato di bancarotta fraudolenta in questo caso?
Il termine massimo di prescrizione è stato calcolato in dodici anni e sei mesi. Questo risultato si ottiene sommando la pena massima di dieci anni prevista per il reato con l’aumento di un quarto, come stabilito dall’art. 161, secondo comma, del codice penale.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
La persona che ha presentato il ricorso inammissibile è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, poiché non sono stati riscontrati elementi per escludere la sua colpa nel promuovere un’impugnazione priva di fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30404 Anno 2024
L
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30404 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/06/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
dato avviso alle parti3
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
Rilevato che il ricorso straordinario presentato, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., da NOME COGNOME è manifestamente infondato, perché afferente alla questione – già debitamente affrontata e risolta con la sentenza impugnata – relativa alla mancata maturazione, in epaca anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, del termine prescrizionale massimo che, come chiaramente indicato dalla Corte di cassazione nella motivazione della sentenza n. 32915 del 22 giugno 2023, è pari a dodici anni e sei mesi, dovendosi tener conto, oltre che del massimo (dieci anni di reclusione) della pena detentiva prevista per il delitto di bancarotta fraudolenta, dell’aumento, nella misura di un quarto ai sensi dell’art. 161, secondo comma, cod. pen., nel testo applicabile ratione temporis;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/04/2024.