Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 31680 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 31680 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Lette le conclusioni scritte per l’udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020 conv. dalla I. n. 176/2020, come prorogato, in ultimo, ex art. 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, conv. dalla I. 23 febbraio 2024 n. 18) , del P.G., in persona del Sost. Proc. gen. NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. NOME COGNOME.a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale, pro-/ pone ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 625 bis cod i roc. pen. contro la sentenza della Terza Sezione Penale di questa Corte di legittimità n. 2779/2024, pronunciata il 12 ottobre 2023 e depositata il 23 gennaio 2024 / deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
Con primo motivo il difensore ricorrente lamenta l’omessa decisione circa un motivo di ricorso. Evidenzia che II proprio assistito è stato giudicato colpevole con sentenza irrevocabile quanto al capo 34 d’imputazione e anche per i capi di imputazione 31, 32, 33, 35 e 36. Segnala che con i motivi d’impugnazione e con la memoria depositata per la discussione in data 27 settembre 2023, nonché con la discussione in pubblica udienza in data 12 ottobre 2O23 »a difesa aveva osservato che (sia nella motivazione del Tribunale sia in quella della Corte d’appello) spicca l’assoluta mancanza (anche grafica) di motivazione in ordine alla condanna inflitta al prevenuto per il reato di cui al capo 34. In particolare, era stato osservato che il capo 34 della imputazione non aveva alcuna connessione con le altre ipotesi di violazione contestate a NOME COGNOME e che, in particolare, il mancato versamento di imposte per un valore nominale di 100.000 euro sarebbe avvenuto per via di compensazioni mediante trasmissione di modelli F24 da parte del medesimo COGNOME. La fattispecie di cui al capo di imputazione 34 appare quindi “assolutamente disconnessa e non coerente con le ipotesi di reato per cui vi è stata la condanna ovvero le false certificazioni del professionista COGNOME” (così testualmente in ricorso). Il capo 34 dunque, sarebbe stato evocato ed indicato nelle sentenze di merito ma senza alcuna motivazione a supporto e quindi genericamente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Evidenzia ancora il ricorrente che nell’imputazione si contesta a COGNOME, nella sua qualità di amministratore unico e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, che: «non versava le somme dovute all’Amministrazione finanziaria a titolo di IVA, di Ires e di ritenute da lavoro dipendente relative gli anni 2015 e 2016 per euro 98.412,40 in quanto ricorreva a compensazioni di imposta utilizzando un credito IVA da ritenersi fittizio e derivante dall’acquisto di tale posta creditoria nel misura del valore nominale di euro 100.000,00, ottenuta in data 2 dicembre 2015 dalla cedente RAGIONE_SOCIALE Il valore di euro 100.000 è stato utilizzato, previa indicazione nel NUMERO_DOCUMENTO del 25/02/2016, per effettuare compensazioni mediante trasmissione dei modelli F24 nelle date (seguono cifre e date)».
La difesa ribadisce che, sia con il ricorso presentato, sia con la discussione in udienza pubblica, era stata denunciata la assoluta mancanza di motivazione del capo 34 di cui all’imputazione tanto che ci si attendeva un annullamento per tale
ragione con rinvio al giudice di prime cure. Ciò sul rilievo che “si tratta di un reat del tutto eccentrico rispetto agli altri episodi contestati &l’imputato malgrado rientrante nel medesimo articolo di legge (10 quater d.lgs. 74/2000 ancorché non nel medesimo comma)”. Gli altri reati, del resto, consistono tutti in fatti che si assumono commessi in concorso con altri soggetti ove a COGNOME è attribuita (capi 13 e 14) una condotta consistente nel certificare falsamente nella dichiarazione IVA di una società RAGIONE_SOCIALE un credito IVA.
Il capo 34 – ribadisce il ricorso – non ha alcuna connessione con tutto ciò e in termini assoluti avrebbe potuto dare vita ad altro e separato processo senza neppure il “beneficio” / in caso di condanna / del concorso formale per la medesima fattispecie del disegno criminoso. E’ invece parte di questo processo e del reato continuato: per esso viene irrogata la pena di mesi 3 in aumento sulla restante pena derivante dai vari reati “sinottici” (sempre così, testualmente, in ricorso).
La mancanza grafica della motivazione – ribadisce il ricorrente – costituisce nullità e comunque certamente rientra nel quadro di mancanza di motivazione già devoluto in sede di legittimità con i motivi principali. E non può che rilevarsi come la sentenza del 12 ottobre 2023 abbia totalmente ignorato questa importante doglianza e abbia di fatto condannato in via definitiva COGNOME, pur se con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia per la rideterminazione della pena.
Per il ricorrente si verterebbe in un’ipotesi di errore di fatto laddove la Corte di legittimità ha omesso di valutare la censura in ordine alla assoluta mancanza di motivazione del capo di imputazione 34.
A conforto della tesi che ci si trovi di fronte ad un errore percettivo si richia mano a sostegno i dicta di Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Rv. 221280 – 01 e di Sez. 5, n. 46806 del 03/11/2021, Rv. 282384 – 01.
L’errore della assoluta mancanza di motivazione del capo di imputazione 34 per la posizione di NOME COGNOME avrebbe determinatopd avviso del ricorrente, un’errata decisione da parte del giudice di legittimità lche erroneamente ha rigettato il ricorso proposto.
Il ricorrente chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza di condanna con riferimento al predetto capo, peraltro contestato in concorso (art. 110 od. pen.) con inesistenti concorrenti e senza ia esplicitazione della , -nedesimezza del disegno criminoso (art.81 cpv, cod. pen.).
Il ricorrente deduce, poi, che, quanto al capo 33), il dispositivo letto in udienza lo avrebbe richiamato, salvo poi l’eliminazione in motivazione. Sottolinea che il capo d’imputazione in questione riguarda un reato (delitto p. e p. dall’art. artt.110, 81 cpv. 48, 479 (in relazione al)’art.476 ultimo comma), 61 n.2 cod. pen.), dal quale COGNOME NOME, (al pari di tutti gli altri coimputati), è stato assolto, fin d primo grado del giudizio, perché il fatto non sussiste. Inoltre, i reati di cui ai ca
35) e 36) non riguardano e non hanno mai riguardato NOME COGNOME, in quanto fin dall’origine del procedimento sono stati ascritti rispettivamente ed esclusivamente a NOME e a NOME COGNOME.
La richiesta, pertanto, è che la sentenza che ha rinviato innanzi alla Corte di Appello di Venezia in ordine alla rideterminazione della pena per NOME, sia confermata solo con riferimento ai capi di imputazione 31) e 32), ove la Corte medesima non ritenga dichiararne la prescrizione, certamente maturata, una volta affermata, per tutti i motivi dianzi esposti, la nullità della sentenza qui gravata.
Il PG ha rassegnato le proprie conclusioni scritteriportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
il proposto ricorso è inammissibile in quanto del tutto generico ed aspecifico, oltre che non autosufficiente.
In primis, va rilevato che la sentenza di legittimità avverso la quale viene proposto ricorso straordinario, ben chiarisce alle pagg. .3 il decisum dei giudici di merito, dà conto analiticamente alle pagg, 4-7 dei sette motivi di ricorso proposti dall’odierno ricorrente NOME COGNOME e risponde compiutamente agli stessi alle pagg. 14 e ss.
La doglianza secondo cui in dispositivo si attribuirebbero allo COGNOME reati che non gli erano stati contestati è manifestamente infondata l in quanto è vero che in dispositivo si legge che la Corte «annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOMENOME e NOME perché i reati brio ascritti, fatta eccezione per quelli contestati ai capi 31, 32, 34 35 e 36 sono estinti per prescrizione», ma il riferimento ai reati «loro ascritti» lascia chiaramente intendere che l’elencazione dei capi non prescritti attiene a quelli contestati a ciascuno dei tre imputati, meglio specificati nel corpo della motivazione.
Il motivo afferente al reato di cui al capo 34 è inammissibile per la sua genericità ed aspecificità.
Ininfluente è la considerazione che propone il ricci rente rispetto alla circostanza, pacifica, che il reato in questione ha caratteristiche del tutto diverse i gli altri contestati (ci si duole a pag. 3 del ricorso che “si tratta di un reato del eccentrico rispetto agli altri episodi contestati…”).
Lo indica chiaramente la stessa Corte di appello, a pag. 33 della propria pronuncia, laddove evidenzia che «i capi d’imputazione nn. 34, 35 e 36 attengono ad
omessi versamenti dell’IVA dovuta rispettivamente dal COGNOME, dal NOME e dal NOME NOME per aver utilizzato in compensazione crediti IVA inesistenti nella gestione delle società a loro rispettivamente intestate».
Il ricorrente lamenta che la sentenza 2779/24 manchi di motivazione grafica in relazione alla condanna per il reato di cui al capo 34), della cui omessa motivazione anche da parte dei giudici del merito il difensore afferma di essersi lamentato “con i motivi d’impugnazione e con la memoria depositata per la discussione in data 27.09.23, nonché con la discussione in pubblica udienza in data 12.10.2023…” (pag. 1 del ricorso).
Il ricorso ‘generico e pecca di autosufficienza (vedasi sul punto Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, dep. 2021, Cossu, Rv. 280419; con?. Sez. 1, n. 48422 del 09/09/2019, Novella Rv. 277796; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 276432; vedasi anche Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261551 – 01, § 4.1. della motivazione) perché avrebbe dovuto allegare, trascrivere o almeno indicare con quale dei motivi di ricorso per cassazione aveva proposto tale tema.
L’omissione evidentemente non è casuale in quanto dall’esame del ricorso per cassazione del 19/10/2022 nessuno dei sette motivi di ricorso riguarda il capo 34 dell’imputazione.
Il riferimento a tale capo e la doglianza relativa alla mancanza di motivazione grafica in relazione allo stesso – che peraltro non compare nemmeno nell’elencazione dei motivi di appello che operano i giudici di secondo grado in sentenza viene operato per la prima volta a pag. 21 della memoria difensiva conclusiva del 27 settembre 2023 per l’udienza del 12 ottobre 2023. Ma tale motivo, che il difensore assume essere stato sviluppato anche nel corso della discussione dinanzi alla ‘terza sezione penale di questa Corte all’udienza di discussione, non poteva essere scrutinato dal precedente giudice di legittimità – e legittimamente non lo è stato – in quanto i motivi nuovi ammissibili sono soltanto quelli coi quali, a fondamento del petitum già proposto nei motivi principali d’impugnazione, si alleghino ragioni “giuridiche” diverse da quelle originarie, non potendo Essere ammessa l’introduzione di censure nuove con le quali si intenda allargare l’ambito del “petitum”, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini tassativi previsti per l’impugnazione (Sez. 6, n. 36206 del 30/9/2020, Tobi, Rv. 280294). I motivi nuovi proposti a sostegno dell’impugnazione devono, in altri termini’ avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di impugnazione a norma dell’art. 581, co. 1, lett. a) cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 73 del 21/9/2011, dep. 2012, Aguì, Rv. 251780; conf. Sez. 2, n. 1417 dell’11.10.2012, dep. 2013, Rv. NUMERO_DOCUMENTO). Il
che, come si diceva, non è quanto avvenuto nel caso in esame con il ricorso per cassazione.
4. Infine le considerazioni che il ricorrente opera in relazione alla responsabilità per il reato di cui al capo 34), in particolare sull’assenza di concorrenti ident ficati, non sono compatibili con la natura del mezzo di impugnazione esperito in quanto non può ritenersi che con il rimedio di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen. possa instaurarsi una sorta di ulteriore giudizio di legittimità della sentenza di legittimità. E quindi non è certamente possibile attraverso tale strumento processuale dolersi -indipendentemente da come li si rubrichi- di quelli che in realtà sarebbero da qualificarsi, se riscontrati, vizi motivazionali del provvedimento impugnato.
In tale ottica la storia, la natura e la ratio del rimedio, in uno con il dato letterale della disposizione che lo istituì, impongono di ribadire che l’errore di fatt che può dare luogo ex art. 625bis cod. proc. pen. all’annullamento della sentenza della Corte di cassazione è solo quello costituito da sviste o errori di percezione nei quali sia incorsa la Corte regolatrice nella lettura degli atti del giudizio di leg timità che siano connotati dall’influenza esercitata sulla decisione. In altri termini, l’inesatta percezione di quei dati processuali e il loro svisamento deve essere tale da poter affermarsi che senza quelli si sarebbe pervenuti ad una sentenza diversa da quella che è stata adottata (così Sez. 6, n. 25121 del 2/4/2012, Rv. 253105; cfr. Sez. U. n. 16103/2002).
Ancora di recente le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come :ale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. (Sez. U. n. 18651 del 26.3.2015, Moroni, Rv. 263686).
L’errore di fatto censurabile, secondo il dettato dell’art. 625bis cod. proc. pen.: 1. deve consistere in una inesatta percezione di risultanze direttamente ricavabili da atti relativi al giudizio di legittimità, e, per usare la terminologia dell’ 395, n. 4, cod. proc. civ. cui si è implicitamente rifatto il legislatore nella intro zione dell’art. 625 bis cod. proc. pen., nel supporre “la esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa” ovvero nel supporre “l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita”, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso “se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunziare”; 2. deve assumere “inderogabile carattere decisivo”, deve cioè necessariamente tradursi, per legittimare il ricorso straordinario, ”nell’erronea supposizione di un fatto realmente influente sull’esito del processo, con conseguente incidenza
effettiva sul contenuto del provvedimento col quale si è concluso il giudizio di legittimità”; 3. non deve essere un errore percettivo non inerente al processo formativo della volontà del giudice di legittimità; 4. non deve consistere in un errore già commesso, eventualmente, dai giudici di merito, e che, in quanto tale, avrebbe dovuto essere tempestivamente denunciato attraverso gli specifici mezzi di impugnazione proponibili avverso le relative decisioni.
Il vizio denunciabile, in altri termini, coincide con l’errore revocatorio – se condo l’accezione che vede in esso il travisamento degli atti nelle due forme della “invenzione” o della “omissione”, – in cui sia incorsa la stessa Corte di cassazione nella lettura degli atti del suo giudizio.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/06/2024