Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8408 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8408 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso ex art. 625-bis cod. proc. pen. proposto da: NOME NOME nato a Roma il 25/09/1973
avverso la sentenza del 17/01/2024 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 17 gennaio 2024, n. 96, la Corte di Cassazione, Quinta sezione penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso di NOME COGNOME contro la sentenza della Corte di appello di Bari del 10 marzo 2022, che ha confermato la
sentenza del Tribunale di Bari del 14 luglio 2020, che ha condannato l’imputato per i reati di cui agli artt. 216, 220, 223 e 226 I. fall.
2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen., l’imputato, che lamenta l’errore di fatto commesso dal collegio della Quinta sezione penale della Corte di Cassazione che ha emesso la sentenza sopra indicata; in particolare, l’errore consisterebbe nell’aver scritto nella motivazione della sentenza n. 96 del 2024 la frase “l’inammissibilità dei motivi inerenti l’affermazione di responsabilità non consente di rilevare la prescrizione che è maturata successivamente alla pronuncia della sentenza di primo grado”.
Con il primo motivo il ricorso deduce l’errore di fatto circa la mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, perché la sentenza di appello, seppure pronunciata il 1° marzo 2022, era stata poi depositata in cancelleria il 28 giugno 2022, quando il termine era ormai spirato; la prescrizione era maturata, infatti, nel corso dei 90 giorni previsti per il deposito della motivazione. Inoltre, sentenza della Quinta sezione penale è incorsa in un ulteriore errore di fatto, perché non ha considerato che nel caso in esame non operava la sospensione della prescrizione prevista dal d.l. 22 giugno 2018, n. 73, convertito con modificazioni dalla L. 27 luglio 2018, n. 93, introdotta per assicurare il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali nel periodo necessario a consentire interventi di edilizia giudiziaria per il Tribunale di Bari e la Procura del Repubblica presso il medesimo tribunale, in quanto tra il 22 giugno 2018 ed il 30 settembre 2018 non era calendarizzata alcuna udienza di questo processo, la prima udienza successiva all’entrata in vigore della norma sulla prescrizione era calendarizzata il 2 ottobre 2018 e fu rinviata per l’inagibilità della sede.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge per la mancata declaratoria della prescrizione maturata durante il termine per la proposizione del ricorso per cassazione, in quanto il ricorso non era stato assegnato alla Settima sezione penale, vi era stato un reale contraddittorio con il Procuratore generale, e la sentenza della Quinta sezione penale, pur avendo dichiarato l’inammissibilità, era entrata, in realtà, nel merito della vicenda; la sentenza oggetto di ricorso straordinario ha esaminato anche un argomento che era stato introdotto nel ricorso, in realtà, per un mero refuso del difensore, in quanto in esso venivano menzionati i signori COGNOME e COGNOME che nulla avevano a che fare con la vicenda, mostrando in questo modo di non aver letto gli atti; in ogni caso, occorrerebbe che il giudice dell’impugnazione potesse dichiarare la prescrizione anche in caso di ricorso inammissibile, sia per ragioni di certezza del diritto che di economia processuale, che di tutela dei diritti dell’imputato; si chiede, perciò, di sollevare sul punto questione di costituzionalità dell’art. 610 cod. proc. pen. per
violazione dell’art. 11 Cost. nella parte in cui non prevede che si possa dichiarare la prescrizione anche con la decisione di inammissibilità del ricorso.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Con memoria di replica il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo è inammissibile.
Il ricorso sostiene l’esistenza di un errore nella decisione impugnata argomentando anzitutto sull’interpretazione delle norme degli artt. 157 e ss. cod. pen. sulla maturazione del termine di prescrizione che, secondo il ricorrente, continuerebbe a decorrere anche dopo la pronuncia della sentenza e nelle more del deposito della motivazione.
L’argomento è manifestamente infondato, perché in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui “ai fini del computo della prescrizione rileva il momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna e non quello successivo del deposito della stessa. In applicazione del principio, la Corte ha escluso che il reato si fosse prescritto, in quanto il termin relativo era decorso nelle more tra la lettura del dispositivo e il deposito della sentenza” (Sez. 2, Sentenza n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593), atteso che la pubblicazione della sentenza garantisce l’immediatezza della deliberazione stabilita dall’art. 525 cod. proc. pen., conclude la fase della deliberazione in camera di consiglio e consacra, attraverso il dispositivo redatto e sottoscritto dal presidente, la decisione definitiva non più modificabile in relazione alla pretesa punitiva. Per questi motivi si è, per l’effetto, rimarcato nel giurisprudenza di legittimità che, ai fini del computo della eventuale prescrizione, deve essere preso in considerazione il momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna, anche nel caso in cui non sia data contestuale lettura della motivazione, e non quello successivo del deposito della sentenza stessa (Sez. 5, n. 46231 del 04/11/2003, dep. 02/12/2003, COGNOME, Rv. 227575; Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011, dep. 10/05/2011, COGNOME, Rv. 250328).
L’argomento, peraltro, è anche inammissibile, in quanto del tutto totalmente estraneo al perimetro del ricorso di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen., che non può aggredire le parti della motivazione della sentenza che hanno un contenuto
valutativo (Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011, COGNOME, Rv. 250527; Sez. 5, n. 7469 del 28/11/2013, dep. 2014, Misuraca, Rv. 259531).
Il ricorso deduce poi l’esistenza di un errore nella decisione impugnata anche argomentando sulla interpretazione della norma speciale sulla sospensione della prescrizione inserita nel d.l. 73 del 2018, che era stato emesso per assicurare il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali nel periodo necessario a consentire interventi di edilizia giudiziaria per il Tribunale di Bari
Anche questo argomento, però, è inammissibile, perché – oltre che essere in contrasto con la giurisprudenza di legittimità sul significato della locuzione “procedimenti penali pendenti” ai sensi dell’art. 1 del d.l. d.l. n.73, applicabile tutti i procedimenti aperti davanti a quella sede nel periodo temporale indicato nel decreto “indipendentemente dall’adozione in quell’arco temporale di provvedimenti di rinvio” (Sez. 7, n. 42891 del 11/11/2021, Biancoli, n,.m.) – è per le stesse ragioni sopra indicate totalmente estraneo al perimetro del ricorso straordinario, che non può attaccare le valutazioni giuridiche effettuate dalla sentenza della Quinta sezione.
Il secondo motivo – che è intestato violazione di legge, che già di per sé non è motivo di ricorso straordinario, ma di ricorso ordinario- è, a sua volta, inammissibile.
In esso si deduce che il ricorso originario non doveva essere dichiarato inammissibile, come si desumeva dalla circostanza che il ricorso non era stato assegnato alla Settima sezione penale, che vi era stato il contraddittorio con il Procuratore generale e che la sentenza era entrata nel merito della questione introdotta con il ricorso.
L’argomento è inammissibile, perché la circostanza che il magistrato delegato dal Presidente della Corte non abbia esercitato il potere previsto dall’art. 610, comma 1, cod. proc. pen,. non limita i poteri di valutazione del collegio cui è assegnato il ricorso, mentre l’essersi formato il contraddittorio con il Procuratore generale è conseguenza del rito ma non è indicativo di una valutazione di non inammissibilità del ricorso.
La contestazione del ricorrente secondo cui il ricorso è stato nella sostanza dichiarato infondato, e non inammissibile, che è la formula scelta, invece, in motivazione e nel dispositivo, è a sua volta inammissibile, perché i due motivi proposti sul giudizio di responsabilità sono stati dichiarati inammissibile per difetto di specificità dei motivi.
Il difetto di specificità dei motivi, impedendo che si incardini il rapport processuale, comporta, in effetti, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, l’inammissibilità della impugnazione (Sez. 2, Sentenza n. 17281 del
08/01/2019, GLYPH Delle GLYPH Cave, GLYPH Rv. GLYPH 276916, GLYPH nonché, GLYPH in GLYPH motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823).
Il ricorso deduce che l’errore di fatto consisterebbe anche nella circostanza che la sentenza impugnata ha esaminato anche un argomento che era stato inserito nel ricorso per un mero refuso del difensore – il che secondo il ricorrente dimostrerebbe che la Corte non ha letto bene gli atti – ma l’argomento è inammissibile, perché riguarda un passaggio del percorso logico della decisione che, per stessa ammissione del ricorso straordinario, non riguardava la posizione dell’imputato.
Da ultimo, la questione di costituzionalità sottoposta all’attenzione della Corte è non rilevante ai sensi dell’art. 23, comma 2, I. 11 marzo 1953, n. 87, perché, anche a voler seguire il ragionamento del ricorrente, che contesta la legittimità costituzionale di un assetto normativo che riconosce essere vigente e su cui la sentenza impugnata ha fondato la decisione, non dimostrerebbe l’esistenza di un errore percettivo nella decisione impugnata.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il presidente
Così deciso il 14 gennaio 2025
Il consigliere estensore