Ricorso Spaccio Stupefacenti: Quando la Cassazione Dichiara l’Inammissibilità
Analizziamo un’ordinanza della Corte di Cassazione che offre importanti spunti sulla gestione del ricorso spaccio stupefacenti e sui criteri di ammissibilità in sede di legittimità. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un imputato, dichiarando il suo ricorso inammissibile perché meramente riproduttivo di censure già esaminate e respinte. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.
I Fatti del Caso
Il ricorrente era stato condannato in Corte d’Appello per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso con un altro soggetto. La responsabilità penale era stata accertata sulla base di un solido quadro probatorio, che includeva:
* Il contenuto di conversazioni telefoniche intercettate.
* Le riprese di telecamere di videosorveglianza.
* La presenza del ricorrente nell’autovettura del coimputato al momento dell’arresto.
Questi elementi, nel loro complesso, avevano delineato un quadro chiaro della partecipazione attiva dell’imputato all’attività di spaccio. Avverso tale sentenza, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione.
La Decisione della Cassazione sul Ricorso Spaccio Stupefacenti
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi addotti dalla difesa non fossero idonei a mettere in discussione la sentenza impugnata, in quanto si limitavano a riproporre le stesse questioni già vagliate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello. La motivazione della sentenza di secondo grado è stata giudicata “esaustiva, logica e coerente”, e quindi immune da vizi sindacabili in sede di legittimità.
Le Motivazioni
La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri argomentativi principali.
Il primo riguarda la natura dei motivi di ricorso. La Corte ha ribadito che il ricorso spaccio stupefacenti, come ogni altro ricorso per Cassazione, non può limitarsi a una generica contestazione delle conclusioni del giudice di merito. È necessario, invece, che il ricorrente evidenzi specifici vizi di legge o difetti manifesti di logicità nella motivazione, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. Le doglianze erano semplici ripetizioni di argomenti fattuali già adeguatamente considerati.
Il secondo pilastro è la conferma della correttezza della qualificazione giuridica del fatto. La Corte d’Appello aveva escluso che l’attività potesse rientrare nell’ipotesi di reato di lieve entità (prevista dal comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990). La Cassazione ha condiviso questa valutazione, sottolineando come l’attività illecita presentasse un carattere di professionalità e organizzazione. Gli elementi a sostegno di questa conclusione erano:
* Il numero elevato di cessioni, protrattesi per un lungo periodo.
* La diversità delle sostanze stupefacenti trattate.
* Le specifiche modalità operative adottate per le cessioni.
Questi fattori indicavano un’attività strutturata e non un episodio isolato o di modesta portata, giustificando così l’applicazione delle pene previste dai commi 1 e 4 dell’art. 73.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento rappresenta un’importante conferma dei limiti del giudizio di legittimità. Un ricorso in Cassazione deve concentrarsi su errori di diritto e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove. Quando la motivazione del giudice di merito è completa, logica e coerente con le risultanze processuali, le possibilità di successo di un ricorso basato sulla riproposizione delle medesime argomentazioni fattuali sono nulle. La conseguenza, come in questo caso, è la dichiarazione di inammissibilità, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso per spaccio di stupefacenti è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera riproposizione di censure già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice di merito, senza sollevare nuove questioni di diritto.
Quali prove sono state considerate decisive per confermare la condanna?
La condanna è stata confermata sulla base del contenuto di conversazioni intercettate, delle riprese di videosorveglianza e della presenza del ricorrente nell’auto del coimputato al momento dell’arresto.
Perché l’attività di spaccio non è stata considerata di lieve entità?
L’attività non è stata ritenuta di lieve entità a causa del suo carattere professionale e organizzato, del numero elevato di cessioni protratte nel tempo, della diversa tipologia di sostanze stupefacenti e delle specifiche modalità operative.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3934 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3934 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 21/10/1966
avverso la sentenza del 16/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso.
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso in relazione alla condanna del ricorrente per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/1990 sono inammissibili in quanto riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici e con esaustiva motivazione dal giudice di merito;
Considerato, invero, che risulta esaustiva, logica e coerente la motivazione della Corte d’appello là dove ha confermato la responsabilità del ricorrente per il reato contestato, in concorso con altro imputato, essendo emersa – alla luce delle risultanze probatorie la partecipazione del predetto all’attività di spaccio, desumibile dal contenuto delle conversazioni intercettate e dalla riprese delle telecamere di videosorveglianza nonché dalla presenza del ricorrente, al momento dell’arresto, nell’autovettura del coim putato (cfr. sentenza impugnata, pp. 4-5);
che risulta parimenti corretta e immune da vizi sindacabili in sede di legittimità la motivazione con cui la Corte d’appello ha escluso la riconducibilità della condotta all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, alla luce del carattere professionale ed organizzato dell’attività di cessione degli stupefacenti, alla luce del numero di cessioni protrattesi per un ampio lasso di tem po, della diversa tipologia di sostanze stupefacenti e delle modalità operative con cui venivano condotte le cessioni;
Ritenuto che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 20/09/2024.