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Ricorso spaccio: inammissibile se ripetitivo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per spaccio di sostanze stupefacenti. L’imputato, trovato con 11 grammi di cocaina suddivisa in 22 dosi e 500 euro, aveva impugnato la condanna. La Corte ha ritenuto il ricorso meramente riproduttivo di motivi già respinti, confermando la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Spaccio: Quando l’Impugnazione è Inammissibile perché Ripetitiva

Il ricorso spaccio in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio per chi è accusato di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Tuttavia, per essere esaminato nel merito, il ricorso deve presentare vizi di legittimità concreti e non limitarsi a riproporre questioni già discusse. Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando inammissibile l’impugnazione di un condannato perché meramente riproduttiva di censure già vagliate e respinte dalla Corte d’Appello.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un controllo su strada. L’imputato veniva fermato dalle forze dell’ordine e trovato in possesso di circa 11 grammi di cocaina, occultati negli indumenti intimi. La sostanza era già suddivisa in 22 involucri, da cui si sarebbero potute ricavare 63 singole dosi. Oltre allo stupefacente, l’uomo possedeva la somma di 500 euro in contanti. Gli agenti avevano inoltre notato che, poco prima del fermo, l’imputato si stava avvicinando a un altro soggetto con cui aveva scambiato poche e brevi battute, un comportamento ritenuto sospetto. Sulla base di questi elementi, i giudici di merito lo avevano condannato per detenzione ai fini di spaccio.

La Decisione della Corte e il ricorso spaccio inammissibile

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge sia riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale sia riguardo alla quantificazione della pena (la cosiddetta dosimetria). La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile.

La ragione principale di tale decisione risiede nel carattere ‘meramente riproduttivo’ dei motivi di ricorso. In altre parole, la difesa non ha sollevato nuove questioni di diritto o evidenziato vizi logici nella sentenza impugnata, ma si è limitata a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Questo rende il ricorso non meritevole di un esame nel merito.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha sottolineato come la motivazione della Corte d’Appello fosse ‘immune da aporie logiche’. I giudici di secondo grado avevano chiaramente spiegato perché gli elementi raccolti fossero sufficienti a dimostrare la destinazione dello stupefacente alla cessione a terzi. Gli indizi erano molteplici e concordanti:

1. La quantità e il confezionamento: 11 grammi di cocaina suddivisi in 22 involucri pronti per la vendita individuale sono un chiaro segnale di attività di spaccio, non di uso personale.
2. La potenziale resa: La possibilità di ricavare 63 dosi singole confermava la natura commerciale dell’attività.
3. Il denaro contante: Il possesso di 500 euro, somma ritenuta compatibile con i proventi dello spaccio.
4. Il comportamento: L’avvicinamento a un’altra persona con uno scambio di battute, interpretato come un tentativo di cessione.

La Corte ha inoltre ritenuto congrua la pena inflitta, data la quantità di droga sequestrata. Di conseguenza, stante l’inammissibilità del ricorso e l’assenza di una ‘mancanza di colpa’ da parte del ricorrente nel causarla (richiamando una sentenza della Corte Costituzionale), la Cassazione ha condannato l’imputato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito: un ricorso per Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle difese già svolte. Per avere una possibilità di successo, deve individuare specifici errori di diritto o palesi vizi logici nella motivazione della sentenza precedente. Un ricorso spaccio generico o ripetitivo non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per il condannato, che si vede addebitare le spese del procedimento e una sanzione aggiuntiva. La decisione rafforza il ruolo della Cassazione come giudice di legittimità, il cui compito non è riesaminare i fatti, ma assicurare la corretta applicazione della legge.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando è meramente riproduttivo di motivi e censure già adeguatamente esaminati e respinti dal giudice del grado precedente, senza presentare nuovi e specifici argomenti giuridici.

Quali elementi sono stati considerati prova della destinazione allo spaccio?
Gli elementi decisivi sono stati il possesso di 11 grammi di cocaina già confezionata in 22 involucri (da cui era possibile ricavare 63 dosi), la somma di 500 euro in contanti e il comportamento dell’imputato, che stava avvicinando un’altra persona scambiando brevi battute.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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