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Ricorso sequestro preventivo: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un sequestro preventivo, ribadendo un principio fondamentale: l’appello è consentito solo per violazione di legge e non per un mero vizio logico nella motivazione del giudice. Il caso riguardava un sequestro per sproporzione tra redditi e beni, dove il ricorrente contestava la valutazione del Tribunale. La Corte ha stabilito che, non trattandosi di una motivazione assente o apparente, le censure del ricorrente erano di merito e quindi non ammissibili in sede di legittimità.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Sequestro Preventivo: i Limiti Stabiliti dalla Cassazione

Il tema del ricorso sequestro preventivo è centrale nella procedura penale, specialmente quando si discute dei limiti entro cui è possibile contestare una misura cautelare reale davanti alla Corte di Cassazione. Una recente sentenza ha ribadito i confini precisi di questo strumento di impugnazione, chiarendo la differenza fondamentale tra ‘violazione di legge’ e ‘vizio logico della motivazione’. Analizziamo nel dettaglio la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Foggia. La misura era stata disposta ai sensi degli artt. 240 bis e 85 bis del d.P.R. 309/1990, in relazione al reato di cui all’art. 73 dello stesso decreto (traffico di sostanze stupefacenti). Il sequestro si basava sulla presunta sproporzione tra i redditi disponibili dell’indagato e il valore del denaro rinvenuto.

L’indagato proponeva istanza di riesame, che veniva però rigettata dal Tribunale di Foggia. Contro questa ordinanza, l’interessato presentava ricorso per cassazione.

L’Appello e i Motivi del Ricorrente

Il ricorrente, tramite il suo difensore, articolava un unico motivo di ricorso, lamentando un vizio di motivazione. Sosteneva che il Tribunale avesse ritenuto la sproporzione tra redditi e denaro sequestrato sulla base di argomentazioni manifestamente illogiche, ignorando la documentazione prodotta dalla difesa. Inoltre, denunciava un travisamento della prova, affermando che dall’estratto previdenziale e da una relazione di servizio emergeva un reddito annuo superiore a quello considerato dai giudici.

In sostanza, la difesa contestava il percorso logico seguito dal Tribunale nella valutazione degli elementi economici, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

La Decisione della Corte sul Ricorso Sequestro Preventivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza, richiamato esplicitamente nella sentenza: il ricorso sequestro preventivo in sede di Cassazione è ammesso esclusivamente per ‘violazione di legge’, come stabilito dall’art. 325, comma 1, del codice di procedura penale.

La Corte ha chiarito che nella nozione di ‘violazione di legge’ rientrano non solo gli errori nell’applicazione delle norme (errores in iudicando e in procedendo), ma anche quei vizi della motivazione talmente radicali da renderla inesistente o meramente apparente. Una motivazione è considerata apparente quando è priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, tali da non rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, i giudici di legittimità hanno spiegato che il vizio logico della motivazione, quando non raggiunge il livello di radicalità sopra descritto, non è di per sé sufficiente per giustificare un ricorso in Cassazione contro un sequestro. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il Collegio cautelare avesse fornito una motivazione ampia e congrua per respingere le censure difensive.

Le critiche sollevate dal ricorrente sono state qualificate come rilievi di fatto sulla valutazione del giudice di merito. In pratica, il ricorrente non denunciava una violazione di legge, ma contestava nel merito l’analisi del Tribunale, chiedendo alla Cassazione una nuova e diversa valutazione delle prove. Questo tipo di riesame fattuale è precluso in sede di legittimità.

La Corte ha concluso che le censure erano essenzialmente critiche alla formulazione della motivazione del provvedimento impugnato, un tipo di contestazione non consentita in questa sede. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza conferma la linea rigorosa della giurisprudenza riguardo all’impugnazione delle misure cautelari reali. Chi intende presentare un ricorso sequestro preventivo alla Corte di Cassazione deve fondare le proprie argomentazioni su una chiara violazione di legge. Non è sufficiente sostenere che la motivazione del giudice sia illogica o non condivisibile. È necessario dimostrare che la motivazione sia talmente carente da equivalere a una sua totale assenza, impedendo di comprendere il ragionamento del giudice. Questa decisione serve da monito: l’appello in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla corretta applicazione del diritto.

È possibile impugnare in Cassazione un’ordinanza di sequestro preventivo per un semplice errore logico nella motivazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è ammesso solo per violazione di legge. Un mero vizio logico della motivazione non è sufficiente, a meno che non sia così grave da rendere la motivazione totalmente assente o meramente apparente, quindi incomprensibile nel suo iter logico.

Quali sono i motivi validi per un ricorso in Cassazione contro un sequestro preventivo?
I motivi validi, secondo l’art. 325 c.p.p., sono la violazione di legge. Questa categoria include sia gli errori nell’interpretazione o applicazione delle norme (errores in iudicando o in procedendo), sia quei vizi di motivazione così radicali da renderla del tutto mancante o priva dei requisiti minimi di coerenza e ragionevolezza.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando il ricorso viene dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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