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Ricorso sequestro preventivo: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso sequestro preventivo presentato da una società contro la confisca di una somma di denaro. La sentenza ribadisce che il ricorso in Cassazione contro misure cautelari reali è ammesso solo per violazione di legge e non per una nuova valutazione dei fatti, a meno che la motivazione del provvedimento non sia talmente viziata da risultare ‘apparente’, cioè illogica o inesistente.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Sequestro Preventivo: Quando la Cassazione Dichiara l’Inammissibilità

Il ricorso sequestro preventivo rappresenta uno strumento cruciale per la difesa, ma i suoi limiti di ammissibilità davanti alla Corte di Cassazione sono molto stringenti. Una recente sentenza della Suprema Corte (n. 17896/2025) offre un chiaro esempio di come le censure relative alla valutazione dei fatti vengano respinte, ribadendo un principio consolidato: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti del Caso: Il Sequestro della Somma Contante

La vicenda ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso nell’ambito di un procedimento penale per reati fiscali (art. 2 del D.Lgs. 74/2000) a carico di un imprenditore. Durante l’esecuzione della misura, le forze dell’ordine rinvenivano una cospicua somma di denaro contante all’interno di uno zaino appartenente al figlio dell’indagato, socio di una società a responsabilità limitata.

La società, ritenendosi terza interessata e proprietaria del denaro, presentava istanza di riesame, sostenendo che la somma fosse destinata a pagamenti aziendali urgenti. Il Tribunale di Roma, tuttavia, confermava il sequestro.

La Questione del Ricorso Sequestro Preventivo in Cassazione

Contro l’ordinanza del Tribunale, la società proponeva ricorso sequestro preventivo davanti alla Corte di Cassazione. La difesa lamentava una violazione di legge, sostenendo che la motivazione del provvedimento impugnato fosse meramente ‘apparente’. Secondo la tesi difensiva, il Tribunale avrebbe travisato le prove documentali prodotte e non avrebbe considerato logicamente le circostanze, come la strana modalità di custodia del denaro (in uno zaino, nonostante la presenza di casseforti nell’abitazione), se questo fosse stato realmente di pertinenza dell’indagato principale.

In sostanza, la ricorrente chiedeva alla Cassazione di riconsiderare gli elementi di fatto per giungere a una diversa conclusione sulla proprietà del denaro sequestrato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, aderendo pienamente a un orientamento giurisprudenziale consolidato, inaugurato dalle Sezioni Unite con la celebre sentenza ‘Ivanov’ (n. 25932/2008). La Corte ha ricordato che il ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di sequestro è consentito solo per ‘violazione di legge’.

In questa nozione rientrano:
1. Gli errori nell’applicazione o interpretazione delle norme giuridiche (errores in iudicando o in procedendo).
2. I vizi della motivazione talmente radicali da renderla inesistente o puramente apparente. Una motivazione è ‘apparente’ quando è priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, tanto da non rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha stabilito che le censure sollevate dalla società ricorrente non integravano una vera e propria ‘violazione di legge’. Al contrario, si trattava di un tentativo di sollecitare una nuova e diversa lettura delle risultanze processuali, un’attività preclusa al giudice di legittimità. Il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione che, seppur contestata dalla difesa, non poteva essere definita ‘apparente’, in quanto esponeva un percorso argomentativo comprensibile. La richiesta della difesa si configurava, quindi, come un inammissibile tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza conferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un’ulteriore opportunità per discutere i fatti. Chi intende impugnare un provvedimento di sequestro preventivo davanti alla Suprema Corte deve concentrarsi esclusivamente sulla denuncia di errori di diritto o su vizi motivazionali gravissimi, che rendano la decisione del giudice del tutto incomprensibile o arbitraria.

Qualsiasi doglianza che si traduca, anche implicitamente, in una critica alla valutazione delle prove o nella proposta di una ricostruzione alternativa dei fatti è destinata all’inammissibilità. Per la società ricorrente, ciò ha comportato non solo la conferma del sequestro, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

È possibile impugnare in Cassazione un’ordinanza sul sequestro preventivo per qualsiasi errore di valutazione del giudice?
No, il ricorso è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Ciò non include una semplice divergenza sulla valutazione delle prove, ma solo errori nell’applicazione delle norme o vizi della motivazione così gravi da renderla inesistente o illogica (‘apparente’).

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ in un provvedimento di sequestro?
Si tratta di una motivazione che, pur essendo scritta, è talmente priva di coerenza, completezza e ragionevolezza da non permettere di comprendere l’itinerario logico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione. È considerata equivalente a una motivazione del tutto assente.

Qual è stata la conseguenza per la società che ha presentato un ricorso basato su una diversa valutazione dei fatti?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, la società è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, oltre alla conferma del sequestro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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