Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 17896 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17896 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/03/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE
Avverso l’ordinanza emessa in data 30/09/2024 dal Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30/09/2024, il Tribunale di Roma, adito con richiesta di riesame ex art. 322 da RAGIONE_SOCIALE ha confermato il decreto di sequestro preventivo della somma contante rinvenuta dagli operanti in uno zaino, appartenente a COGNOME COGNOME nel corso dell’esecuzione del predetto provvedimento cautelare reale, che era stato emesso nei confronti di COGNOME NOME (padre di COGNOME) nell’ambito del procedimento a suo carico per il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000.
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Ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE a mezzo del proprio difensore, deducendo violazione di legge in relazione al carattere apparente della motivazione. Al di là dell’incongruo riferimento al “padre del ricorrente” (essendo la richiesta di riesame stata presentata dalla terza interessata RAGIONE_SOCIALE), la difesa lamenta il travisamento della documentazione prodotta in ordine al ruolo del socio RAGIONE_SOCIALE all’interno della RAGIONE_SOCIALE, e sottolinea che, se il danaro non fosse stato nella disponibilità di quest’ultimo per le ragioni dedotte (necessità di effettuare versamenti e pagamenti per conto della società), le modalità di custodia sarebbero stata del tutto diverse (essendo l’abitazione di COGNOME NOME, presso la quale il figlio NOME aveva occasionalmente pernottato, dotata di ben due cassaforti, il cui contenuto era stato sequestrato dagli operanti).
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, ritenendo trattarsi di censure non consentite perchè attinenti al percorso argomentativo tracciato dal Tribunale, in termini comunque ritenuti condivisibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Secondo un insegnamento da tempo ampiamente consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, «il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; in senso conforme, tra le molte altre, cfr. ad es. Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01).
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, il ricorso non supera lo scrutinio di ammissibilità.
Pur essendo stati richiamati i principi giurisprudenziali che precedono, appare infatti evidente l’estraneità dei vizi motivazionali denunciati al ristretto nove individuato dalla giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, di questa Suprema Corte.
L’ordinanza impugnata ha invero confermato la richiesta di riesame proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, quale terzo interessato, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso nell’ambito del procedimento a carico di COGNOME Giorgio, per il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, avente ad oggetto – tra l’altro – la somma contante
di Euro 50.000 rinvenuta nell’abitazione dell’indagato, all’interno di uno zaino posto nella camera temporaneamente in uso al figlio NOMECOGNOME
A tali conclusioni, il Tribunale era pervenuto disattendendo la tesi sostenuta dalla RAGIONE_SOCIALE (secondo cui si trattava di somme di pertinenza della società,
affidate al socio COGNOME con una motivazione tutt’altro che apparente. Si
è in particolare evidenziato: che risultava inverosimile l’affidamento al FINZI di una somma contante pari a circa l’intera cassa sociale desumibile dal partitario
prodotto dalla difesa; che lo stesso incarico a COGNOME di “responsabile degli incassi e del trasporto di valori” non risultava adeguatamente documentato; che
le fatture prodotte dimostraano una contenuta operatività extra bancaria
(risultando per lo più pagate per contanti le fatture emesse, e – quanto alle fatture ricevute – essendo quelle che prevedevano la modalità di pagamento per contanti
di importo complessivo di circa Euro 19.000) che tali indicazioni risultavano incompatibili con la tesi prospettata dalla società ricorrente (cfr. pag. 2
dell’ordinanza impugnata).
È dunque evidente che tale diversa ricostruzione (imperniata sulla effettiva abitazione di COGNOME NOME, sulla necessità di effettuare “versamenti in banca e pagare fornitori” con le somme sequestrate, sulla possibilità di custodirle in una delle due casseforti di COGNOME Giorgio, se si fosse trattato di danaro riferibile quest’ultimo) sollecita una diversa lettura delle risultanze acquisite, rispetto a quella esposta nell’ordinanza. Altrettanto evidente, peraltro, è il fatto che l motivazione del provvedimento impugnato non può in alcun modo considerarsi apparente, nel senso precedentemente indicato.
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
‘ Il Presidente Così deciso il 21 marzo 2025 Il Consigliere èstensore