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Ricorso Sequestro Preventivo: i limiti in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per cassazione sequestro preventivo proposto da una società. La sentenza chiarisce che tale ricorso è limitato alla violazione di legge, escludendo censure generiche sulla motivazione, a meno che questa non sia totalmente assente o manifestamente illogica. Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale del riesame è stata ritenuta adeguata e non meramente apparente.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Sequestro Preventivo: i limiti in Cassazione secondo la Sentenza 7440/2024

Il ricorso per cassazione sequestro preventivo rappresenta uno strumento cruciale ma dai confini ben definiti. Con la sentenza n. 7440 del 2024, la Corte di Cassazione torna a ribadire i limiti entro cui è possibile contestare un’ordinanza di sequestro davanti al giudice di legittimità, distinguendo nettamente tra ‘violazione di legge’ e ‘vizio di motivazione’. Questa pronuncia offre un’importante lezione sulla necessità di una motivazione adeguata da parte dei giudici e sulla specificità dei motivi di ricorso ammissibili.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata semplificata si vedeva respingere dal Tribunale del riesame di Salerno l’istanza contro un decreto di sequestro preventivo per oltre 100.000 euro. Il sequestro era stato originariamente disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Vallo della Lucania in relazione a una serie di reati, tra cui falsità e reati fiscali.

La società decideva quindi di presentare ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:

1. La totale assenza di un’autonoma valutazione da parte del GIP, il cui provvedimento si sarebbe limitato a richiamare la richiesta della Procura, a sua volta basata su una notizia di reato della Guardia di Finanza.
2. L’illegittimità dell’operato del Tribunale del riesame che, invece di annullare il provvedimento viziato, avrebbe integrato la motivazione mancante, fornendone una nuova e autonoma, in violazione dei principi giurisprudenziali consolidati.

I Motivi del Ricorso e la Difesa della Società

La difesa sosteneva che il Tribunale del riesame avrebbe dovuto dichiarare nullo il provvedimento del GIP. Secondo la ricorrente, la motivazione del sequestro era carente, in quanto non vi erano elementi concreti che collegassero il legale rappresentante della società ai reati contestati, come la presunta stipula di falsi contratti collettivi o lo svolgimento di corsi di aggiornamento fittizi.

Il Tribunale del riesame, secondo la tesi difensiva, aveva tentato di ‘salvare’ il provvedimento carente fornendo una propria motivazione, basata sulla circostanza che una società di consulenza esterna, fornitrice dei servizi contestati, non avesse la struttura adeguata per erogarli. Questo, per la ricorrente, costituiva una inammissibile integrazione postuma della motivazione.

La Decisione della Cassazione sul ricorso per sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine della procedura penale: il ricorso per cassazione sequestro preventivo è ammesso unicamente per ‘violazione di legge’ e non per un generico ‘vizio di motivazione’.

I giudici di legittimità hanno specificato che un vizio della motivazione può essere fatto valere solo quando è talmente radicale da renderla inesistente, manifestamente illogica o contraddittoria, al punto da non rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice. Nel caso di specie, questa situazione non sussisteva.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale del riesame contenesse una motivazione adeguata, non contraddittoria e in linea con i principi di diritto. I giudici del riesame avevano correttamente evidenziato come le indagini avessero fatto emergere che la società fornitrice dei servizi formativi non possedeva ‘né la struttura, né le competenze, né i docenti tutor per erogare il servizio’.

Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale del riesame aveva rilevato che già il GIP, nel provvedimento originario, aveva autonomamente valutato le prove a sostegno del fumus commissi delicti. In particolare, il GIP aveva fatto riferimento a intercettazioni che dimostravano ‘un accordo criminoso finalizzato a vendere alle imprese compiacenti la documentazione formalmente attestante la sussistenza del credito di imposta’.

Pertanto, non vi era stata né una mancanza di motivazione da parte del GIP né un’indebita integrazione da parte del Tribunale del riesame. Quest’ultimo si era limitato a svolgere il proprio compito di controllo, valutando in modo puntuale e coerente le risultanze processuali per confermare la plausibilità dell’accusa e la necessità della misura cautelare.

Le Conclusioni

La sentenza offre due importanti spunti di riflessione. Primo, conferma la rigidità dei motivi di ricorso in Cassazione avverso le misure cautelari reali: non è sufficiente lamentare una motivazione ritenuta debole o incompleta, ma è necessario dimostrare una vera e propria ‘violazione di legge’, che include il vizio di motivazione solo nelle sue forme più estreme (mancanza, apparenza o manifesta illogicità). Secondo, ribadisce che il giudice del riesame deve valutare il fumus del reato non in astratto, ma sulla base delle concrete risultanze processuali, fornendo una motivazione, seppur sommaria, che renda conto della sostenibilità dell’accusa. Questa decisione serve da monito sulla necessità di articolare i ricorsi con estremo rigore giuridico, concentrandosi sui profili di pura legittimità.

È sempre possibile contestare la motivazione di un’ordinanza di sequestro preventivo con un ricorso per cassazione?
No. Il ricorso per cassazione contro ordinanze in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge. Un vizio di motivazione può essere dedotto solo se così radicale da rendere l’apparato argomentativo del tutto mancante, manifestamente illogico o meramente apparente, e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice.

Il Tribunale del riesame può integrare una motivazione che mancava nel provvedimento del GIP?
No. Se il provvedimento del GIP è privo di autonoma valutazione, il Tribunale del riesame deve dichiararlo nullo e non può integrarne la motivazione. Tuttavia, nel caso esaminato, la Cassazione ha ritenuto che sia il GIP che il Tribunale del riesame avessero fornito una motivazione adeguata e autonoma.

Cosa deve valutare il giudice del riesame per confermare un sequestro preventivo?
Nella valutazione del fumus commissi delicti, il giudice del riesame non può limitarsi all’astratta configurabilità del reato. Deve invece tenere conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e degli elementi forniti dalle parti, indicando le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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