Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7440 Anno 2024
RITENUTO IN FATTO Presidente: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7440 Anno 2024
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
1. Il Tribunale di Salerno, in sede di riesame, con ordinanza del 17 luglio 2023, ha rigettato l’istanza di riesame proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, avverso il decreto di sequestro preventivo (della somma di euro 106.804,32) del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania del 14 marzo 2023, relativamente ai reati di cui agli art. 81, 110, 483, 453, 459 cod. pen., 76, d.P.R. 445/2000, 27, d. Igs. 239/2010 e 10 quater d. Igs. 74 del 2000; reati commessi dal 18 giugno 2021 al 15 novembre 2021.
Ricorre in cassazione la RAGIONE_SOCIALE deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.
1. Violazione di legge (art. 125, 324, settimo comma, in riferimento all’art. 309 nono comma, cod. proc. pen.); mancata valutazione delle eccezioni della difesa sul fumus sui delitti di cui ai capi 58 e 387 dell’imputazione provvisoria; nullità della misura cautelare e illegittima integrazione della motivazione ad opera del Tribunale del riesame.
Con la memoria depositata al Tribunale del riesame si era eccepita la totale assenza di autonoma valutazione del provvedimento genetico del GIP presso il Tribunale di Vallo della Lucania, relativamente al fumus dei reati contestati al legale rappresentante della società ricorrente.
Il GIP sulla misura cautelare reale si è sostanzialmente richiamato alla richiesta della Procura che a sua volta richiamava la comunicazione della notizia di reato della Guardia di Finanza di Agropoli.
Di fronte a questa censura della difesa il Tribunale del riesame non ha risposto; la difesa aveva semplicemente argomentato sulla mancanza di autonoma valutazione senza ulteriori prospettazioni (erroneamente ritenute sussistenti dall’ordinanza impugnata).
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La società ricorrente non attestava falsamente lo svolgimento di corsi di aggiornamento effettuati da COGNOME NOME e COGNOME NOME e non beneficiava della consulenza della RAGIONE_SOCIALE negli anni 2019 e 2020.
Il Tribunale del riesame avrebbe dovuto dichiarare nullo il provvedimento del GIP per mancanza di autonoma valutazione (S.U. n. 18954 del 2016). Il Tribunale non poteva, quindi, integrare la motivazione.
Del resto, l’informativa finale della PG non rilevava alcun riferimento al COGNOME (legale rappresentante della società ricorrente) nelle intercettazioni delle comunicazioni intercorse con i procacciatori specificamente indicati nel titolo cautelare.
Anche relativamente alla stipula di falsi contratti collettivi con i sindacati si rileva l’assenza di riferimenti alla società ricorrente; infatti, no vi è coincidenza temporale tra la stipula dei contratti (2019 e 2020) e le condotte contestate ai capi 58 e 387 a COGNOME. I crediti sono stati asseverati da COGNOME NOME e COGNOME NOME. Tutto il percorso motivazionale del GIP e della PG non poteva riferirsi assolutamente alla società ricorrente, se non in modo apparente.
Il Tribunale in violazione di legge forniva diversa motivazione, autonoma, ritenendo sufficiente per il fumus dei reati la semplice circostanza che il servizio fosse fornito dalla RAGIONE_SOCIALE; si tratta di una nuova motivazione volta a supplire la mancanza di motivazione del provvedimento del GIP.
Ha chiesto pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso risulta inammissibile perché proposto per vizi della motivazione, con motivi generici e manifestamente infondati; peraltro articolato in fatto.
4. Sia per il sequestro preventivo e sia per il sequestro probatorio è possibile il ricorso per cassazione unicamente per motivi di violazione di legge e non per vizio di motivazione.
Nel caso in giudizio i motivi di ricorso sul fumus del reato risultano proposti per il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, art. 606, comma 1, lettera E, del cod. proc. pen. (sia letteralmente e sia nella valutazione sostanziale del ricorso).
Il ricorso per Cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009 – dep. 11/11/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, COGNOME, Rv. 239692).
Nel caso in giudizio non ricorre una violazione di legge, e nemmeno l’apparenza della motivazione, e conseguentemente il ricorso deve ritenersi manifestamente infondato.
Infatti, il provvedimento impugnato contiene adeguata motivazione, non contraddittoria e non manifestamente illogica, con corretta applicazione dei principi in materia espressi da questa Corte di Cassazione, e rileva come «le società RAGIONE_SOCIALE di Malandrino Concordio non hanno la struttura né le competenze né i docenti tutor per erogare il servizio di formazione dei dipendenti né in presenza né da remoto».
Del resto, «Nella valutazione del fumus commissi delicti, quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per
l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa» (Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014 – dep. 27/11/2014, Armento, Rv. 26167701; vedi anche Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016 – dep. 17/06/2016, P.M. in proc. Bulgarella e altri, Rv. 26700701).
Nel caso in giudizio, l’analisi del Tribunale del riesame, come sopra visto, risulta adeguata alle risultanze degli accertamenti di P.G., e sul punto le prospettazioni della ricorrente risultano generiche e non collegate a precisi atti di indagine, valutazioni ipotetiche, non valutabili in sede di giudizio di legittimità.
L’ordinanza impugnata, poi, rileva come il G.I.P., nell’ordinanza genetica, aveva autonomamente valutate le prove per la sussistenza del fumus dei reati. Infine, l’ordinanza impugnata valuta adeguatamente le intercettazioni intercorse tra e parti che evidenziano “un accordo criminoso finalizzato a vendere alle imprese compiacenti la documentazione formalmente attestante la sussistenza del credito di imposta”.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/12/2023