Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34887 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34887 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2025 della Corte d’appello di Torino dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di doglianza, con cui la difesa si duole di come la Corte territoriale non abbia fornito una motivazione rafforzata in merito alla valutazione della prova dichiarativa, assunta nel secondo giudizio di appello – non avendo tale prova portato alcun elemento di novità -, e di come, inoltre, la Corte abbia erroneamente reputato sussistente il delitto di ricettazione mancandone, in realtà, l’elemento soggettivo, non è formulato in termini consentiti in questa sede per un duplice ordine di ragioni;
che, infatti, preliminarmente va osservato come le suddette doglianze non risultino connotate dai requisiti richiesti dall’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., essendo fondate su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettiv confronto con le ragioni poste a fondamento del decisum, e dunque non specifici
ma solo apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, inoltre, deve evidenziarsi come il ricorrente abbia invero prospettato censure che sono volte a contestare la valutazione della prova dichiarativa e l’asserita insufficienza di prove necessarie a dimostrare la sussistenza dell’elemento psicologico del reato di ricettazione, mentre esula dai poteri di questa Corte quello di una rilettura delle risultanze processuali con criteri di apprezzamento diversi da quelli utilizzati dai giudici di merito, poiché il controllo di legittimità, concernendo il rapporto tra motivazione e decisione, e non già il rapporto tra prova e decisione, ha un orizzonte circoscritto, dovendo limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074);
osservato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 648, quarto comma, cod. pen., è manifestamente infondato poiché, secondo costante giurisprudenza, l’attenuante del fatto di particolare tenuità può essere riconosciuta solo ove il valore del bene ricettato sia particolarmente lieve – circostanza ritenuta dalla Corte d’appello non sussistente nel caso in esame (si veda, in proposito, la pag. 4 della sentenza impugnata) – e «il fatto, valutato nel suo insieme, e quindi anche con riferimento alle modalità dell’azione e alla personalità dell’imputato, presenti quelle connotazioni di marginalità, occasionalità e modestia che consentano di qualificare il reato come ipotesi di particolare tenuità, evidenziando una rilevanza criminosa assolutamente modesta» (così Sez. 2, n. 24075 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 264115, in motivazione; cfr. anche Sez. 2, n. 42866 del 20/06/2017, COGNOME, Rv. 271154; Sez. 2, n. 51818 del 06/12/2013, COGNOME, Rv. 258118; Sez. 1, n. 13600 del 13/03/2012, Lorini, Rv. 252286);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025.