Ricorso post Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione
La scelta del patteggiamento rappresenta un momento cruciale nel processo penale, una decisione che comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare la sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12605/2024) getta ulteriore luce sui rigidi confini del ricorso post patteggiamento, confermando l’orientamento restrittivo introdotto dalla cosiddetta ‘Riforma Orlando’. Analizziamo insieme questo importante provvedimento per comprendere quali sono le reali vie di ricorso dopo aver concordato la pena.
Il Caso in Analisi
Quattro individui, dopo aver patteggiato una pena per un reato legato agli stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/1990), hanno deciso di impugnare la sentenza del Giudice dell’Udienza Preliminare davanti alla Corte di Cassazione. Le loro doglianze erano diverse:
* Due ricorrenti chiedevano che il reato venisse ricondotto a un’ipotesi di minore gravità.
* Gli altri due lamentavano il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
* Uno di essi, con motivi aggiunti, contestava la mancata esclusione dell’aggravante dell’ingente quantità di stupefacente.
La Decisione della Cassazione e i Limiti al Ricorso post Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha respinto tutte le istanze, dichiarando i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine della procedura penale, radicalmente modificato dalla Legge n. 103 del 2017 (Riforma Orlando).
Questa riforma ha introdotto limiti molto stringenti alla possibilità di presentare un ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento. La norma di riferimento (art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.) stabilisce che l’impugnazione è ora possibile solo per motivi specifici e tassativi, ovvero:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza.
le motivazioni
La Corte ha motivato la propria decisione di inammissibilità evidenziando come nessuna delle lamentele sollevate dai ricorrenti rientrasse nell’elenco tassativo previsto dalla legge. Questioni come la riqualificazione del reato in un’ipotesi lieve o il riconoscimento delle attenuanti generiche attengono a valutazioni di merito che sono precluse in sede di legittimità dopo un accordo sulla pena. La scelta di patteggiare implica, infatti, una rinuncia a contestare tali aspetti.
Per quanto riguarda la doglianza sulla mancata esclusione dell’aggravante, i giudici hanno rilevato che essa era palesemente infondata, poiché dal calcolo della pena effettuato nella sentenza impugnata emergeva chiaramente che tale aggravante era già stata esclusa dal giudice di primo grado. Di conseguenza, anche questo motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile.
le conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito importante: la via del patteggiamento, sebbene offra il vantaggio di una pena ridotta, chiude quasi ermeticamente la porta a future contestazioni. Dopo la Riforma Orlando, il ricorso post patteggiamento è un’opzione eccezionale, limitata a vizi procedurali e di legalità di grave entità. Qualsiasi valutazione discrezionale del giudice di merito, una volta accettata con l’accordo sulla pena, non può più essere messa in discussione davanti alla Cassazione. Questa pronuncia consolida un principio di definitività delle sentenze di patteggiamento, responsabilizzando ulteriormente l’imputato e la sua difesa al momento della scelta di questo rito alternativo.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No. A seguito della riforma introdotta con la legge n. 103/2017, il ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per motivi specifici: problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Chiedere il riconoscimento di attenuanti generiche è un motivo valido per ricorrere in Cassazione dopo un patteggiamento?
No, la sentenza stabilisce che tale motivo non rientra tra quelli, tassativamente previsti dalla legge, per cui è ammesso il ricorso in Cassazione avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Cosa succede se si presenta un ricorso in Cassazione per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come nel caso di specie, ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12605 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 12605 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/11/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di CATANIA
[dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME NOME COGNOME NOME h proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 pen. dal Tribunale di Catania GLYPH in relazione al reato di cui all’art. 73 DPR 309/ originariamente contestato con l’aggravante della ingente quantità ( art.80 DPR 309/
Gli esponenti COGNOME COGNOME vizio di violazione di legge con rif alla sussumibilità del reato contestato nella ipotesi lieve di cui al V corna de 309/1990, COGNOME e COGNOME lamentano vizio di motivazione cori riferimento a riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il COGNOME ha depositato motivi aggiunti cori i quali lamenta la mancata e dell’aggravante di cui all’art. 80 DPR 309/1990.
Va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza formalità ai sensi dell’art. 5-bis cod. proc. pen, introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successive alla quale sono sia la patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art, 1, co. 51, della L. 23.6.20 pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la s applicazione della pena ex artt. 444 e so. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sente qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicu comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n.103/17).
Orbene, é COGNOME rilevare i vizi lamentati non rientrano tra i motivi prospett ricorso per cassazione. Relativamente ai motivi aggiunti del COGNOME COGNOME ri l’aggravante di cui all’art. 80 è stata pacificamente esclusa, come sl ricava chi calcolo della pena riportato nella sentenza impugnata.
I ricorsi vanno dunque dichiarati inammissibili, con conseguente condan ricorrenti al pagamento delle spese processuali e dell’a somma di euro quattromila determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M..
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna iii ricorrenti al pagamento d processuali e della somma di quattromila euro ciascuno in favore della Cassa delle amm
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2024