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Ricorso persona offesa: inammissibile senza parte civile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso della persona offesa avverso una sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato. La decisione si fonda sul fatto che il ricorrente non si era costituito parte civile nel processo, condizione necessaria per poter impugnare la sentenza in sede di legittimità. Questo caso sottolinea l’importanza della costituzione di parte civile per la tutela dei propri diritti nel processo penale.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso persona offesa: la Cassazione ribadisce l’inammissibilità senza la costituzione di parte civile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: la legittimazione a impugnare una sentenza da parte della vittima del reato. La decisione chiarisce in modo inequivocabile che il ricorso persona offesa contro una sentenza penale è destinato all’inammissibilità se questa non si è formalmente costituita parte civile. Approfondiamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Il procedimento trae origine da un reato previsto dall’art. 393 del codice penale (esercizio arbitrario delle proprie ragioni). Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’imputato, poiché il reato era da considerarsi estinto per remissione di querela. Tale remissione era stata presunta dal giudice a causa dell’assenza, ritenuta ingiustificata, della persona offesa all’udienza decisiva.

Contro questa sentenza, la persona offesa ha proposto ricorso per cassazione. Il ricorrente sosteneva che la sua assenza era dovuta a un legittimo impedimento, per il quale aveva tempestivamente presentato un’istanza di rinvio, che il Tribunale non avrebbe debitamente considerato. Si lamentava, quindi, una violazione di legge nella decisione del giudice di primo grado.

L’Analisi della Cassazione sul ricorso persona offesa

La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito della questione sul legittimo impedimento, ha dichiarato il ricorso immediatamente inammissibile. Il fulcro della decisione risiede in un principio procedurale fondamentale: la distinzione tra la figura della ‘persona offesa’ e quella della ‘parte civile’.

La Corte ha sottolineato che, nel caso di specie, l’impugnazione era stata presentata dalla persona offesa in quanto tale, la quale non si era mai costituita parte civile nel corso del procedimento. Secondo la normativa e la giurisprudenza consolidata, la semplice qualità di persona offesa non conferisce il diritto di presentare un ricorso per cassazione contro sentenze di questo tipo.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è netta e si fonda su un orientamento giurisprudenziale stabile. Viene ribadito che il ricorso per cassazione presentato da una persona offesa che non sia anche costituita parte civile deve essere dichiarato inammissibile. Ciò avviene perché manca una previsione normativa specifica che legittimi tale impugnazione. L’interesse della persona offesa a veder punito il colpevole si esaurisce con l’esercizio del diritto di querela, mentre l’interesse a contestare una sentenza che definisce il processo attiene tipicamente alle parti processuali formalmente costituite, come appunto la parte civile che agisce per le restituzioni e il risarcimento del danno.

A sostegno della propria decisione, la Corte ha citato precedenti specifici (Sez. 5, n. 17802 del 14/03/2017 e Sez. 7, n. 48896 del 15/11/2012), che confermano come solo la costituzione di parte civile trasformi la vittima in un soggetto processuale pienamente legittimato a impugnare per tutelare i propri interessi civilistici all’interno del processo penale. Di conseguenza, non essendo il ricorrente legittimato a presentare il ricorso, questo è stato dichiarato inammissibile ‘de plano’, ovvero senza necessità di un’udienza di discussione. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale per chiunque sia vittima di un reato. Per poter disporre di tutti gli strumenti di tutela previsti dalla legge, inclusa la possibilità di impugnare le sentenze, non è sufficiente essere riconosciuti come ‘persona offesa’. È indispensabile compiere l’atto formale della ‘costituzione di parte civile’, attraverso il quale si manifesta la volontà di chiedere il risarcimento dei danni subiti all’interno del processo penale. In assenza di tale atto, le possibilità di intervento e di impugnazione della vittima sono significativamente limitate, come dimostra in modo inappellabile il caso in esame.

Perché il ricorso della persona offesa è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato presentato dalla persona offesa in quanto tale, la quale non si era costituita parte civile nel processo. La legge non conferisce alla sola persona offesa il diritto di proporre ricorso per cassazione in questo tipo di situazioni.

Qual è la differenza fondamentale tra ‘persona offesa’ e ‘parte civile’ ai fini dell’impugnazione?
La ‘persona offesa’ è la vittima del reato. La ‘parte civile’ è la persona offesa che si inserisce attivamente nel processo penale con un atto formale per chiedere il risarcimento del danno. Solo la costituzione come parte civile conferisce la piena legittimazione a impugnare le sentenze per tutelare i propri interessi risarcitori.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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