Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5965 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5965 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a QUARTO il 16/04/1960
avverso la sentenza del 11/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME – letta altresì la memoria depositata nell’interesse dell’imputato e con la quale vengono avanzate doglianze in tema di momento consumativo del reato ed intervenuta prescrizione;
ritenuto che il motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità tende a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed evulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata per la mancanza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità;
che, invero i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici, le doglianze difensive dell’appello, meramente riprodotte in questa sede (si vedano in particolare le pagine 5 e 6 della sentenza impugnata ove i giudici con motivazione congrua e priva di illogicità indicato tutti gli elementi in forza dei quali hanno ritenuto provata la penale responsabilità del ricorrente);
che, i giudici d’appello hanno ritenuto pienamente attendibili le dichiarazioni rese dalla persona offesa e che diversamente da quanto affermato dalla difesa, non sono emerse contraddizioni o illogicità di rilievo che possano mettere in dubbio l’attendibilità soggettiva;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta la sussistenza dell’aggravante dello stato di bisogno e l’eccessività della pena è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
invero in relazione al riconoscimento dello stato di bisogno della persona offesa i giudici del merito hanno ritenuto alla luce di corretti argomenti logici e giuridici, facendo corretta applicazione del principio di diritto a mente del quale lo
stato di bisogno della parte lesa del delitto di usura può essere provato anche con la sola misura degli interessi, nel caso in cui siano di entità tale da far ragionevolmente presumere che solo un soggetto in tale stato possa contrarre il prestito a condizioni tanto inique e onerose (Sez. 2, n. 51670, del 23/11/2023, COGNOME, Rv. 285670 – 01);
peraltro, i giudici del merito hanno puntualmente chiarito che dalla vicenda è emersa in maniera incontestata la situazione di profonda crisi finanziaria in cui versava il prevenuto (si vedano in particolare pag. 8 e 9 della sentenza impugnata);
ritenuto che in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio, i giudici del merito hanno ritenuto la pena comminata proporzionata ai fatti e alla durata del periodo in cui si è protratta la condotta;
considerato poi che anche le doglianze avanzate con la memoria depositata appaiono manifestamente infondate poiché oltre a reiterare aspetti già devoluti in ordine alla affermazione di responsabilità ed attendibilità della p.o. propongono una lettura differente del momento consumativo del reato che non tiene conto del disposto dell’art. 644 ter cod.pen. secondo cui la prescrizione decorre dall’ultimo pagamento degli interessi, norma introdotta già dal 1996;
che peraltro la questione sulla prescrizione non risulta dedotta nella fase di appello;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna inoltre l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado dalla parte civile COGNOME Umberto che liquida in complessivi C 2686,00 oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente