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Ricorso per truffa: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per truffa, confermando la condanna. L’ordinanza stabilisce che i motivi di appello non possono essere una mera ripetizione di argomentazioni già respinte nei gradi di merito, soprattutto se la sentenza impugnata ha fornito una motivazione logica e completa. La recidiva e la personalità dell’imputato si confermano ostacoli al riconoscimento della non punibilità per tenuità del fatto e alla concessione delle attenuanti generiche.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Truffa: L’Inammissibilità in Cassazione per Motivi Reiterativi

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità di un ricorso per truffa, sottolineando come la mera riproposizione di argomenti già valutati e respinti non sia sufficiente per ottenere una revisione della condanna. L’ordinanza in esame analizza un caso in cui tutti i motivi di appello sono stati giudicati infondati o ripetitivi, portando a una declaratoria di inammissibilità.

Il Caso in Esame: Dalla Condanna al Ricorso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Venezia per il reato di truffa. L’imputato, ritenuto responsabile di aver ingannato la vittima attraverso un complesso schema fraudolento, decideva di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, affidandosi a quattro distinti motivi per contestare la decisione dei giudici di merito.

I Motivi del Ricorso per Truffa e la Risposta della Corte

L’imputato basava la sua difesa su quattro punti principali: la presunta insussistenza degli elementi costitutivi del reato, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, e la contestazione della recidiva e del diniego delle attenuanti generiche.

Sulla Sussistenza degli Artifici e Raggiri: Il Carattere Reiterativo della Censura

Il primo motivo contestava la configurabilità stessa del reato di truffa, sostenendo la mancanza di prove circa gli ‘artifici o raggiri’ richiesti dall’art. 640 del codice penale. La Cassazione ha ritenuto questa censura ‘reiterativa’, ovvero una semplice ripetizione di quanto già discusso e rigettato dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, infatti, aveva adeguatamente motivato la propria decisione, evidenziando come l’imputato avesse messo in atto una pluralità di mezzi e strumenti per carpire la fiducia della persona offesa, come sfruttare rapporti di conoscenza pregressi, inscenare la possibilità di acquisti vantaggiosi e sollecitare il coinvolgimento di terzi.

Sulla Particolare Tenuità del Fatto: Il Ruolo della Recidiva

Con il secondo motivo, la difesa chiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che esclude la punibilità per fatti di particolare tenuità. Anche in questo caso, la Corte ha giudicato il motivo generico e ripetitivo. La Corte d’Appello aveva infatti giustificato pienamente il diniego di tale beneficio, richiamando due elementi ostativi: la personalità dell’imputato, già gravato da recidiva, e il fatto che la truffa avesse coinvolto anche altri soggetti oltre alla vittima principale.

Su Recidiva e Attenuanti: Motivazioni Manifestamente Infondate

Infine, il terzo e il quarto motivo, relativi al riconoscimento della recidiva e al mancato accoglimento delle attenuanti generiche, sono stati giudicati ‘manifestamente infondati’. La Suprema Corte ha confermato la correttezza della motivazione della sentenza impugnata, la quale aveva indicato dati fattuali precisi (come le condanne definitive riportate) per giustificare sia la maggiore pericolosità sociale dell’imputato sia l’assenza di elementi positivi meritevoli di una riduzione della pena.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi proposti non presentavano vizi di legittimità, ma si limitavano a riproporre le stesse questioni di merito già adeguatamente risolte dalla Corte d’Appello. Il giudizio di legittimità, infatti, non costituisce un terzo grado di merito dove poter riesaminare i fatti, ma serve a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. In questo caso, la sentenza impugnata è stata ritenuta immune da censure, avendo fornito una spiegazione coerente e completa per ogni punto contestato. La decisione ribadisce che la recidiva e i precedenti penali sono elementi fattuali concreti che il giudice può e deve valutare per negare benefici come la non punibilità per tenuità del fatto o le attenuanti generiche.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un monito importante per chi intende proporre un ricorso in Cassazione. Non è sufficiente manifestare un generico dissenso con la decisione di merito. È necessario, invece, individuare specifici errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Questo caso dimostra come un ricorso per truffa basato su argomenti ripetitivi e manifestamente infondati sia destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un motivo di ricorso in Cassazione viene considerato ‘reiterativo’?
Un motivo di ricorso è considerato reiterativo quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni di merito già presentate e respinte dalla corte precedente, senza individuare uno specifico errore di diritto o un vizio logico nella motivazione della sentenza impugnata.

La recidiva impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Sì, secondo quanto emerge dall’ordinanza, la condizione di recidivo dell’imputato è stata considerata un elemento ostativo determinante che ha giustificato il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche all’imputato?
Le attenuanti generiche sono state negate perché la Corte d’Appello ha fornito una motivazione specifica basata sia su dati ostativi, come le condanne definitive precedenti che indicavano una maggiore pericolosità, sia sull’assenza di elementi positivi che potessero giustificare una riduzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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