Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31132 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31132 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato in Moldavia il 24/05/2000 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la sentenza in data 25/02/2025 della Corte di appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata avanzata richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art.
611, commi 1bis e 1ter , cod. proc. pen.;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate in data 30/05/2025 dal Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla concedibilità di circostanze attenuanti generiche, con rigetto del ricorso nel resto;
lette le conclusioni depositate in data 04/06/2025 dall’avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Catania confermava la pronuncia emessa in data 19/07/2022 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Catania che, all’esito di rito abbreviato, aveva dichiarato NOME responsabile del reato di truffa in concorso con NOMECOGNOME esclusa l’aggravante di cui all’art. 640, comma secondo n.2 bis cod. pen., con irrogazione della pena di mesi quattro di reclusione ed euro 60,00 di multa, condizionalmente sospesa.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge con riferimento agli artt. 192 cod. proc. pen. e 640 cod. pen, nonché la mancanza ed illogicità della motivazione.
La Corte di appello ha fondato il giudizio di responsabilità esclusivamente sulla circostanza che egli era titolare dell’utenza telefonica utilizzata per la trattativa di vendita del ponte sollevatore oggetto della contesta truffa , nonostante l’imputato avesse dichiarato, nel corso delle sommarie informazioni rese in corso di indagine, di non essere utilizzatore della stessa, fornendo spiegazioni al riguardo.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 131 bis cod. pen. e l ‘assenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Corte di appello si è pronunciata sulla richiesta avanzata dal coimputato NOME e nulla ha statuito, invece, con riferimento alla posizione dell’odierno ricorrente che è incensurato.
2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 62 n. 4 cod. pen., nonché l ‘assenza e comunque l’ illogicità della motivazione in punto di mancato riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale lieve .
La Corte di appello non si è pronunciata sulla richiesta della diminuente avanzata dall’odierno ricorrente , ma esclusivamente su quella proposta dal coimputato NOME valorizzando, con motivazione illogica, il valore del macchinario che, tuttavia, è irrilevante poiché il bene messo in vendita era inesistente, mentre avrebbe dovuto valutare gli effetti pregiudizievoli subiti dalla persona offesa a seguito dell’azione fraudolenta.
2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 62 bis cod. pen., nonché l ‘assenza e illogicità della motivazione in punto di mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
La Corte di appello ha escluso la diminuente affermando che non ci erano ragioni per la sua concedibilità, senza confrontarsi con le deduzioni contenute nell’atto di appello ove si evidenziava che l’imputato è soggetto giovane di età, incensurato e che aveva serbato un comportamento collaborativo spiegando le ragion per le quali non era utilizzatore dell’utenz a telefonica utilizzata per il compimento della truffa.
2.5. Con il quinto motivo si deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 58 legge n. 689 del 1981, nonché l ‘assenza e illogicità della motivazione in punto di mancata applicazione di sanzione sostitutiva.
Rileva il ricorrente che agli atti era presente procura speciale rilasciata dall’imputato al difensore che contemplava la possibilità per quest’ultimo, così testualmente si legge nel ricorso, ‘ di determinare l’entità della pena da richiedere, di redigere e presentare tutte le istanze di qualsiasi tipo’; che, in ogni caso, per la pena pecuniaria sostitutiva ( in astratto applicabile nel caso di specie poiché la sanzione detentiva inflitta è pari a quattro mesi di reclusone) non è necessaria procura speciale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile.
2. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge con riferimento agli artt. 192 cod. proc. pen. e 640 cod. pen., nonché il vizio di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità.
La censura è, in parte, non consentita e, per altra parte, manifestamente infondata.
Quanto alla denunciata inosservanza dell’art. 192 cod. proc. pen., va richiamato e ribadito l’orientamento di questa Corte secondo il quale le doglianze riguardanti la valutazione delle risultanze probatorie, non possono essere dedotte sotto il profilo della violazione di legge (Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M., Rv. 274191-01; Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 271294-01; Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567-01; Sez. 6, n. 7336 del 08/01/2004, Meta, Rv. 229159-01). Di recente anche le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito detto principio, affermando che non è «consentito il motivo di ricorso con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e ), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui all’art. 606, comma 1, lett. c ), cod. proc. pen., ed in difetto di una espressa sanzione di inutilizzabilità, nullità, inammissibilità, decadenza» (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027-04, in motivazione).
La prospettata violazione dell’art. 640 cod. pen., pur astrattamente deducibile, non è conferente nella specie atteso che con il ricorso non si discute della sussistenza e materialità della contestata truffa in forma concorsuale, bensì la riconducibilità della stessa all’odierno ricorrente.
La censura relativa al dedotto vizio motivazionale è palesemente infondata.
La Corte territoriale ha fornito risposta non illogica alle prospettazioni difensive contenute nell’atto di appello (pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata) dando conto che la scheda telefonica pacificamente utilizzata per la trattativa di vendita del ponte sollevatore (pagato dall’acquirente che, tuttavia, mai l’aveva ricevuto) era intestata a COGNOME il quale alla polizia giudiziaria aveva
dichiarato che la stessa gli era stata sottratta ma non aveva, tuttavia, allegato alcunchè in proposito, pur avendo rilevante interesse a denunciarne il furto o lo smarrimento risultando, a suo carico, numerose pendenze per truffe analoghe, nonostante la formale incensuratezza.
Il collegio di merito, con argomentazione altrettanto logica, ha evidenziato altresì che la persona offesa aveva dichiarato di avere svolto la trattativa telefonica con un soggetto che si esprimeva in lingua italiana, ma tale circostanza non era tale da escludere la responsabilità di Bunduchi, le cui reali capacità lessicali non erano note, ma semmai delineavano il concorso di un terzo soggetto nell’azione fraudolenta.
Manifestamente infondati sono il secondo e terzo motivo di ricorso con i quali si censura, rispettivamente, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. e il diniego della attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Va innanzitutto precisato, ben diversamente da quanto assume la difesa che, in ordine ad entrambi i profili, la Corte territoriale si è espressamente pronunciata per quanto concerne la posizione dell’odierno ricorrente, essendo evidente il refuso contenuto nella sentenza impugnata laddove si afferma che il proscioglimento per particolare tenuità del fatto ed il riconoscimento della attenuante del danno lieve erano stati invocati dal coimputato NOME il quale, invece, su tali specifici punti non aveva proposto motivo di appello, a differenza di Bunduchi.
Tanto premesso, la causa di non punibilità è stata esclusa in ragione del rilevante danno patrimoniale subito dalla persona offesa (esborso di 1000,00 euro a fronte della mancata consegna del bene), così correttamente applicando uno dei parametri di valutazione fissati dall’art. 131 bis cod. pen.
Essa infatti si configura laddove la fattispecie concreta, all’esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alle modalità della condotta e alla esiguità del danno o del pericolo, risulti caratterizzata da una offensività minima (Sez. 6, n. 35195 del 03/05/2022, COGNOME, Rv. 283731; Sez. 6 n- 40278 del 21/09/2021, COGNOME, Rv. 279311; sez. 6, n. 21514 del 02/07/2020, COGNOME, Rv 279311) e purchè il comportamento non sia abituale.
In ragione della entità del pregiudizio arrecato alla vittima – ragionevolmente valutato non minimale, ma neppure esiguo – è stat a esclusa anche l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Si tratta di accertamenti rimessi al giudice di merito che, in quanto immuni da vizi logicogiuridici, non sono censurabili in sede di legittimità.
A giudizio di manifesta infondatezza deve pervenirsi anche con riferimento al quarto motivo di ricorso.
La Corte territoriale (pag. 6 della sentenza) non ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche e ha motivato tale diniego in ragione della mancanza di elementi positivamente valutabili, così adempiendo al proprio onere argomentativo.
Va ricordato il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui l’applicazione della diminuente prevista dall’art. 62 bis cod. pen., oggetto di un giudizio di fatto, non costituisce un
diritto conseguente alla assenza di elementi negativi connotanti la personalità dell’imputato, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola; soprattutto dopo la modifica dell’art. 62bis cod. pen. operata con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modif. dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non rileva lo stato di incensuratezza dell’imputato , è sufficiente che il giudice di merito si limiti a dar conto della assenza di elementi o circostanze positive a tale fine (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv 283489; Sez. 3, n. 20664 del 16/12/2022, dep. 2023, Ventimiglia, non mass.).
Manifestamente infondato è, infine, il quinto motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 58 legge n. 689 del 1981, nonché l’assenza e illogicità della motivazione in punto di mancata applicazione di sanzione sostitutiva.
Al di là del profilo inerente alla necessità o meno di conferimento di procura speciale al difensore da parte dell’imputato che era assente nel giudizio di appello (si veda il verbale di udienza del 25/02/2025,la Corte di appello – con valutazione di merito immune da vizi logici e quindi non sindacabile dal giudice di legittimità – è pervenuta al diniego delle invocate pene sostitutive (sanzione pecuniaria o libertà controllata) osservando come COGNOME è soggetto solo formalmente incensurato essendo attinto da numerose denunzie per fatti analoghi a quello sottoposto a giudizio e non aveva introdotto alcunchè in ordine alle proprie condizioni di vita, necessarie per valutare l’idoneità delle stesse alla rieducazione e, nel contempo , ad assicurare la prevenzione del pericolo di commissione di ulteriori reati, come espressamente previsto dall’art. 58 legge n. 689 del 1981.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 02/07/2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME