LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso per truffa: motivi inammissibili e prova del dolo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per truffa, chiarendo punti fondamentali sulla procedura d’appello e sulla prova dell’elemento soggettivo. L’ordinanza sottolinea che le censure non sollevate nel precedente grado di giudizio non possono essere presentate in Cassazione. Inoltre, ribadisce che la prova del dolo nella truffa può essere desunta logicamente dalle circostanze concrete e dalle modalità esecutive del reato, come l’intestazione di una carta prepagata usata per accreditare il denaro illecito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per truffa: quando i motivi sono inammissibili secondo la Cassazione

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre spunti cruciali sul tema del ricorso per truffa, delineando i confini dell’ammissibilità dei motivi presentati e chiarendo come si accerta l’intenzione di commettere il reato. La decisione evidenzia l’importanza di una corretta strategia difensiva fin dai primi gradi di giudizio, pena l’impossibilità di sollevare determinate questioni dinanzi alla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato riguarda un’ordinanza emessa a seguito di un ricorso presentato da un’imputata, condannata per il reato di truffa. La ricorrente contestava diversi aspetti della sentenza della Corte d’Appello, tra cui la sussistenza di un’aggravante specifica, il riconoscimento della recidiva e, più in generale, la correttezza della valutazione delle prove a suo carico, ritenute insufficienti.

L’Analisi della Cassazione sul Ricorso per Truffa

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, dichiarandoli inammissibili o manifestamente infondati. L’analisi della Corte si è concentrata su tre aspetti principali, fornendo indicazioni preziose per la pratica legale.

Inammissibilità del Motivo sull’Aggravante

Il primo motivo di ricorso contestava l’applicazione dell’aggravante prevista dall’art. 640, comma 2, n. 2-bis del codice penale. La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile perché la questione non era stata sollevata nel precedente giudizio d’appello. Questo vizio procedurale, in violazione dell’art. 606, comma 3 del codice di procedura penale, causa un'”insanabile frattura della catena devolutiva”. In altre parole, non è possibile “saltare” un grado di giudizio e presentare una doglianza per la prima volta davanti alla Corte Suprema.

La Questione della Recidiva

Anche la contestazione sulla sussistenza della recidiva è stata giudicata manifestamente infondata. La Corte ha confermato che il giudice di merito aveva correttamente applicato i principi giurisprudenziali. La valutazione sulla recidiva non si deve basare esclusivamente sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso, ma deve esaminare il rapporto concreto tra il reato in esame e le condanne precedenti. Utilizzando i criteri dell’art. 133 del codice penale, il giudice deve verificare se la condotta passata, unita a quella attuale, indichi una maggiore propensione a delinquere.

La Prova del Reato e del Dolo nel ricorso per truffa

Il secondo motivo di ricorso, che contestava la valutazione delle prove e la carenza di attività investigative, è stato ritenuto inammissibile. La Corte ha osservato che si trattava di una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. Inoltre, ha sottolineato come la responsabilità dell’imputata fosse stata provata da un quadro probatorio completo, che includeva il fatto che fosse l’intestataria della carta prepagata su cui era stato accreditato il denaro proveniente dalla truffa. La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale in tema di truffa: la prova dell’elemento soggettivo, cioè il dolo, può essere desunta dalle circostanze concrete e dalle modalità esecutive dell’azione criminosa. Attraverso un processo logico-deduttivo, è possibile risalire alla volontà cosciente dell’accusato di realizzare l’inganno, ottenere il profitto e causare il danno altrui.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati del diritto processuale e penale. In primo luogo, il principio devolutivo dell’appello, che impone alle parti di presentare tutte le loro contestazioni al giudice del gravame, impedendo che questioni nuove vengano sollevate per la prima volta in sede di legittimità. Questo garantisce l’ordine e la coerenza del processo. In secondo luogo, la valutazione della recidiva deve essere un’analisi sostanziale e non meramente formale, finalizzata a comprendere la reale pericolosità sociale del reo. Infine, per quanto riguarda la prova del dolo, la Cassazione conferma che, non potendo entrare nella mente dell’imputato, il giudice deve necessariamente basarsi su elementi esterni e oggettivi (le modalità del fatto, le circostanze, il comportamento dell’agente) per inferire la sua volontà criminale. Nel caso specifico, l’uso di una carta prepagata intestata all’imputata è stato considerato un elemento probatorio sufficiente a dimostrare la sua consapevole partecipazione al reato.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce tre lezioni fondamentali. Primo, ogni motivo di contestazione deve essere sollevato tempestivamente nel grado di appello, altrimenti si perde il diritto di farlo valere in Cassazione. Secondo, la valutazione della recidiva è un giudizio complesso che va oltre il semplice elenco di precedenti penali. Terzo, nel ricorso per truffa, l’intenzione di delinquere può essere provata anche in via indiretta, attraverso un’attenta analisi di tutti gli elementi fattuali che, letti nel loro insieme, non lasciano dubbi sulla consapevolezza e volontà dell’autore del reato.

È possibile contestare un’aggravante per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte ha stabilito che una censura, come quella relativa a un’aggravante, non può essere esaminata in sede di legittimità se non è stata specificamente dedotta nel precedente grado di appello. Ciò comporterebbe un’interruzione della cosiddetta “catena devolutiva”.

Come viene valutata la recidiva da parte del giudice?
La valutazione non si basa solo sulla gravità dei reati o sul tempo trascorso, ma su un esame concreto del rapporto tra il fatto per cui si procede e le condanne precedenti. Il giudice verifica se, nel loro insieme, questi elementi indicano un aggravamento della propensione a delinquere dell’imputato.

Come si dimostra l’intenzione di commettere una truffa (dolo)?
La prova dell’elemento soggettivo del reato di truffa, ovvero il dolo generico, può essere desunta dalle circostanze concrete e dalle modalità di esecuzione del crimine. Attraverso un processo logico-deduttivo, si può risalire alla volontà dell’accusato di realizzare l’inganno, il profitto e il danno, come nel caso di specie in cui l’imputata era l’intestataria della carta prepagata utilizzata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati