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Ricorso per saltum: quando viene convertito in appello?

La Corte di Cassazione ha esaminato un ricorso per saltum proposto contro una condanna per diffamazione. Poiché l’imputato lamentava, oltre alla violazione di legge, anche vizi di motivazione, la Suprema Corte ha convertito il ricorso in un appello ordinario. La decisione chiarisce che il ricorso per saltum non può essere utilizzato per contestare il ragionamento del giudice di primo grado, ma solo per questioni di pura legittimità.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Ricorso per saltum: Limiti e Conversione in Appello

Il ricorso per saltum rappresenta uno strumento processuale che consente di impugnare una sentenza di primo grado direttamente in Cassazione, ‘saltando’ il giudizio d’appello. Tuttavia, il suo utilizzo è circoscritto a specifici motivi di legittimità. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce cosa accade quando l’imputato, tramite questo strumento, solleva anche questioni che esulano dai suoi limiti, come i vizi di motivazione. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i confini di questo istituto.

I Fatti del Caso: La Condanna per Diffamazione e il Ricorso

Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale che condannava un imputato per il reato di diffamazione aggravata, ai sensi dell’art. 595, comma 3, del codice penale.

Contro questa decisione, la difesa dell’imputato decideva di non percorrere la via ordinaria dell’appello, ma di presentare un ricorso per saltum direttamente alla Corte di Cassazione. Nei motivi di ricorso, l’imputato non si limitava a denunciare una presunta violazione della legge penale, ma contestava anche il ragionamento del giudice di primo grado, sostenendo che la motivazione della sentenza fosse generica, illogica e non avesse valutato adeguatamente le prove emerse nel processo.

I Limiti del Ricorso per saltum e la Conversione in Appello

Il nodo centrale della questione riguarda proprio la natura del ricorso per saltum. L’articolo 569 del codice di procedura penale permette di ‘saltare’ l’appello solo se il ricorso è fondato esclusivamente su motivi di pura legittimità, come l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge.

Non è possibile, invece, utilizzare questo strumento per sollevare un ‘vizio di motivazione’ (previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.), che attiene alla logicità e coerenza del percorso argomentativo seguito dal giudice per giungere alla sua decisione. La valutazione della motivazione implica un’analisi che non rientra nei poteri della Cassazione quando giudica un ricorso di questo tipo.

La Decisione della Cassazione: Conversione del Ricorso

La Corte di Cassazione, esaminando l’impugnazione, ha rilevato proprio questa anomalia: l’imputato aveva mescolato motivi ammissibili nel ricorso per saltum (violazione di legge) con motivi inammissibili (vizi di motivazione). Di fronte a questa situazione, la legge prevede una soluzione specifica per non pregiudicare il diritto di difesa.

L’articolo 569, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce infatti che, se il ricorso è stato proposto per motivi non consentiti, la Corte di Cassazione deve qualificarlo come appello e trasmettere gli atti al giudice di secondo grado competente. Ed è esattamente ciò che è accaduto nel caso di specie.

le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che il ricorso proposto dall’imputato conteneva doglianze relative a vizi della motivazione della sentenza impugnata. Tali censure, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale e la chiara lettera della legge, non possono essere ritualmente denunciate con il ricorso immediato per cassazione. La presenza di tali motivi rende l’impugnazione non qualificabile come ricorso per saltum in senso stretto. Tuttavia, anziché dichiarare l’inammissibilità del ricorso, la Corte ha applicato il principio di conservazione degli atti giuridici, procedendo alla sua conversione in appello. In questo modo, l’impugnazione viene ‘salvata’ e incanalata nel giusto binario processuale, garantendo all’imputato un esame completo delle sue doglianze, inclusa quella sulla motivazione, da parte della Corte d’Appello.

le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, ribadisce la necessità per i difensori di scegliere con attenzione lo strumento di impugnazione più adeguato, ponderando la natura delle censure da sollevare. Proporre un ricorso per saltum per contestare la logicità della motivazione è una scelta processualmente errata.
In secondo luogo, la decisione dimostra l’operatività del meccanismo di conversione, che tutela l’imputato da un errore tecnico, garantendogli comunque l’accesso al grado di giudizio corretto. Il processo, quindi, non si conclude con una dichiarazione di inammissibilità, ma prosegue davanti alla Corte d’Appello, che avrà il compito di riesaminare la vicenda sia in fatto che in diritto.

Cos’è un ricorso per saltum e quando è ammesso?
È un ricorso presentato direttamente alla Corte di Cassazione contro una sentenza di primo grado, saltando la Corte d’Appello. Come indicato nel provvedimento, è ammesso per specifici motivi di violazione di legge, ma non per contestare i vizi di motivazione della sentenza.

Perché il ricorso in questo caso è stato convertito in appello?
Il ricorso è stato convertito in appello perché, pur essendo stato presentato come ‘per saltum’, l’imputato ha contestato anche il ‘vizio di motivazione’ della sentenza di primo grado. Questo tipo di doglianza non è permessa nel ricorso per saltum, ma è tipica dell’appello. La Corte ha quindi applicato l’art. 569, comma 3, c.p.p. e ha riqualificato l’impugnazione.

Cosa succede dopo la conversione del ricorso in appello?
Dopo la conversione, la Corte di Cassazione ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di Appello competente. Questo significa che il processo proseguirà davanti ai giudici di secondo grado, i quali riesamineranno il caso nel merito, valutando tutte le censure mosse dall’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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