Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 17433 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17433 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il 10/08/2002
avverso la sentenza del 11/09/2024 del TRIBUNALE di TORINO
visti gli atti > il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’Il settembre 2024 il Tribunale di Torino ha condannato NOME COGNOME ritenuto assorbito il reato di cui al capo 2) in quello contestato al capo 1), nonché disposto il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche – alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 18.000,00 di multa, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 73, commi 1 e 4, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per avere illecitamente detenuto a fine di spaccio un quantitativo complessivo di mg. 18.882 di cocaina (pari a 126 dosi medie singole) e di mg. 4.670 di T.H.C. (pari a 187 dosi medie singole), rinvenuto all’interno di fodere occultate negli ammortizzatori di un furgone.
Avverso l’indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo due motivi di ricorso.
Con il primo ha eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 581, commi Iter e 1-quater, cod. proc. pen. in relazione all’art. 111, comma 7, Cost., nella parte in cui non prevede che il difensore dell’imputato giudicato in assenza, ancorché privo di specifico mandato a impugnare rilasciato dopo la sentenza di primo grado e in assenza di elezione di domicilio ai fini della notifica del decreto di citazione, possa presentare ricorso in cassazione contro le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale per violazione di legge.
Con la seconda censura il COGNOME ha dedotto violazione di legge in relazione agli artt. 533, 549 e 192, comma 2, cod. proc. pen., lamentando l’avvenuta erronea configurazione della sua responsabilità penale, in quanto non provata al di là di ogni ragionevole dubbio.
Sarebbe, in particolare, viziata la pronuncia impugnata per avere ritenuto di fondare il riconoscimento della sua colpevolezza solo sul rinvenimento della droga all’interno del furgone presso cui dormiva, senza che vi fosse prova alcuna della riconducibilità di tale stupefacente alla sua persona, né del fatto che costui avesse avuto contezza della presenza della droga nascosta negli ammortizzatori del veicolo.
Allo stesso modo, risulterebbero insufficienti le prove testimoniali assunte a dimostrare che il COGNOME avesse effettivamente svolto attività di cessione di sostanze stupefacenti a terzi, in carenza di riscontri ulteriori di natura inequivoca e obiettiva.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Ed infatti, con riferimento alla sollevata eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. in relazione all’art. 111, comma 7, Cost., deve, in primo luogo, essere osservato come l’art. 2, comma 1, lett. o), I. 9 agosto 2024, n. 114, ratione temporis applicabile, abbia previsto, oltre all’abrogazione del comma 1-ter, una nuova formulazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., per cui ora solo rispetto all’ipotesi dell’imputato, in precedenza assente, che sia assistito da un difensore di ufficio – come nella fattispecie in esame – è stabilito l’onere, a pena d inammissibilità, di depositare, unitamente all’atto di impugnazione, uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazio del decreto di citazione a giudizio.
Ciò chiarito, deve, tuttavia, essere osservato come, nel caso di specie, la dedotta questione risulti priva di ogni specifica rilevanza, peraltro neanche in alcun modo rappresentata da parte del ricorrente.
In ogni modo, a prescindere dalla decisività della superiore considerazione, deve essere ribadito, in termini troncanti, il principio, reiteratamente espresso da questa Corte di legittimità nella vigenza della precedente formulazione normativa, per cui è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen. introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né co presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né
con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (così, espressamente, Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285900-01; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324-01).
E’, poi, inammissibile la doglianza eccepita dal COGNOME con il secondo motivo di ricorso, con cui ha dedotto l’impossibilità di configurare la sua responsabilità penale per il contestatogli delitto di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti.
Il Collegio rileva, infatti, come con l’indicata doglianza il COGNOME, pur avendo formalmente prospettato una censura indicata come violazione di legge, abbia, nella sostanza, dedotto un vizio motivazionale, avendo diffusamente lamentato la carenza nella sentenza impugnata di argomenti logici e di riscontri probatori di adeguato supporto dell’affermato riconoscimento della sua responsabilità penale.
Ciò, all’evidenza, rende del tutto inammissibile l’eccepita impugnazione, atteso che, essendo stato proposto nella specie un c.d. ricorso “per saltum”, assume troncante rilievo il disposto dell’art. 569, comma 3, cod. proc. pen., per il quale sono deducibili con tale mezzo impugnatorio solo i motivi diversi da quelli previsti dall’art. 606, comma 1, lett. d) ed e) cod. proc. pen.
Né, d’altro canto, questo Collegio può provvedere alla conversione in appello del presentato ricorso, ostandovi il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità per cui è inammissibile l’impugnazione proposta con un mezzo di gravame diverso da quello prescritto, nel caso in cui dall’esame dell’atto emerga che la parte abbia intenzionalmente interposto il mezzo di gravame non consentito dalla legge (così, Sez. 4, n. 1441 del 23/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285634-01). Ciò è quanto verificatosi nel caso di specie, risultando evidente, dalla lettura dell’atto, la volontà dell’imputato di proporr ricorso per cassazione, per come evincibile dalle disposizioni normative indicate e dalla tipologia dei vizi dedotti.
Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 20 febbraio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente