Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11935 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11935 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
NOMECOGNOME nato in Albania il 05/02/1986,
NOME COGNOME nato in Albania il 21/12/1980,
avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Firenze del 13/08/2024.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; udita, per gli imputati, l’Avv. NOME COGNOME del foro di Firenze, che si Ł riportata ai ricorsi chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13/08/2024, il Giudice per le indagini preliminari di Firenze applicava a NOME COGNOME e NOME COGNOME la misura cautelare personale coercitiva della custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli articoli 73 e 74 d.P.R. 309/1990.
Avverso tale ordinanza gli indagati propongono congiuntamente ricorso immediato per cassazione, tramite il comune difensore di fiducia, ai sensi dell’articolo 311, comma 2, cod. proc. pen..
2.1. Con il primo motivo deducono violazione degli articoli 273 e 292 cod. proc. pen. in relazione alla mancanza di motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in riferimento al reato associativo.
I ricorrenti evidenziano che l’ordinanza contiene una premessa in cui il giudice dà atto di aderire alla
impostazione accusatoria in punto di gravità indiziaria, così facendo utilizzo della c.d. motivazione per relationem .
Tuttavia, la stessa richiesta di misura cautelare si presenta generica e l’autonoma valutazione da parte del giudice Ł meramente apparente.
Ed infatti, il riferimento alla sussistenza di tre diverse «squadre di recupero» dello stupefacente Ł contraddetto dalla stessa formulazione delle imputazioni provvisorie, in cui, ad eccezione del capo m), risulta coinvolta una sola persona, per cui l’unico comune denominatore sarebbe costituito dalla comune intenzione di partecipare a un tentativo di recupero nel marzo 2021.
La sussistenza di rapporti di parentela tra gli indagati non influisce poi minimamente in termini di gravità indiziaria, così come del tutto insufficiente Ł l’elemento costituito dall’essere stato utilizzato uno stesso «fazzoletto» di terreno.
2.2. Con il secondo motivo lamentano violazione degli articoli 274 e 292 cod. proc. pen. sotto il profilo della sussistenza delle esigenze cautelari.
L’ordinanza ritiene sussistere tutte le esigenze di cui all’articolo 274 cod. proc. pen., ma, in relazione all’inquinamento probatorio, omette ogni valutazione.
In ordine al pericolo di recidivanza, poi, il provvedimento non tiene conto della circostanza che i fatti si sarebbero svolti nel 2021, per cui non Ł stato valorizzato il requisito della attualità e concretezza, nØ sono state considerate le specifiche caratteristiche dei ricorrenti, entrambi imprenditori e cittadini italiani.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Va premesso che per NOME COGNOME, alias ‘COGNOME, la misura era stata disposta dal Giudice per le indagini preliminari di Firenze per i reati di cui ai capi A (reato associativo di cui all’articolo 74 d.P.R. 309/1990), B (importazione di 28,1928 kg. netti di cocaina), C (importazione di 70,064 kg. netti di cocaina) e M (importazione di 50 kg. circa di cocaina), mentre per NOME COGNOME, alias ‘COGNOME‘, per i reati di cui ai capi A, D (importazione di 11,74431 kg. netti di cocaina) e M (v. supra ), mentre era stata rigettata in ordine al capo N (importazione di un quantitativo imprecisato di cocaina occultata all’interno di un container depositato presso l’aeroporto ‘INDIRIZZO‘ di Livorno), per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il giudice, a pagina 32 dell’ordinanza (che si compone di 593 pagine), precisa di avere fatto ricorso alla tecnica redazionale di riportare nell’ordinanza cautelare la richiesta del P.M. o il contenuto di singoli atti o documenti trasmessi alla disponibilità del giudice, cioŁ la tecnica redazionale della motivazione per relationem, oppure di quella, piø propriamente, «per incorporazione», che della prima costituisce, per così dire, un’elaborazione, purchØ emerga dal provvedimento la conoscenza degli atti da parte del giudice e il suo effettivo vaglio.
Evidenzia il Giudice che «il principio ormai consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione in relazione alle ordinanze cautelari personali Ł quello per cui «la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma primo. lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, Ł osservata anche quando il giudice riporti nella propria ordinanza le acquisizioni e le considerazioni svolte dagli investigatori e dal pubblico ministero, pure mediante il rinvio per relationem al provvedimento di richiesta, purchØ, per ciascuna contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate,
spiegandone la rilevanza ai finì dell’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto (Cass. VI, n. 840/2016, COGNOME, ex plurimis ). Tale principio, piø recentemente, Ł stato ulteriormente precisato nel senso che ”in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, ai fini dell’accertamento dell’osservanza della prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, prevista dall’art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 47 del l 6 aprile 2015, non Ł sufficiente il dato del parziale accoglimento della richiesta del pubblico ministero dovendosi, invece, verificare che il giudice, anche mediante un richiamo, in tutto o in parte, ad altri atti del procedimento, abbia svolto, per ciascun addebito e per ciascun destinatario del provvedimento, un distinto ed effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, fermo restando che, in presenza di posizioni analoghe o di imputazione descrittive di fatti commessi con modalità ‘seriali’ non Ł necessario che il giudice ribadisca ogni volta le regole di giudizio alle quali si Ł ispirato potendo, in tal caso, ricorrere ad una trattazione unitaria (Cass. V, n. 32444/2018, R v. 273580 – 01, Vella)». Ciò premesso, a pagina 34, l’ordinanza precisa in chiave programmatica che «il compendio degli atti e dei documenti, oltre all’informativa riepilogativa del 30 ottobre 2023 e dai relativi allegati, Ł formato per lo piø dagli esiti delle intercettazioni autorizzate dal g.i.p., delle attività di osservazione, pedinamento e controllo, delle attività di acquisizione dei dati di traffico telefonico e telematico autorizzate ai sensi degli artt. 132 d.lgs. 196/2003 e 24 della legge 167/2017 e dai sequestri di cospicui e ingenti quantitativi di sostanza stupefacente per lo piø eseguiti in coordinamento con le attività di monitoraggio tecnico – che corroborano e inverano anche la correttezza delle interpretazioni date dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero a quella parte delle intercettazioni che non sono state riscontrate dai sequestri, ma anche dai tre verbali d’interrogatorio del collaboratore di giustizia NOME COGNOME – che, come tali, per i loro contenuti – rivestono una rilevanza primaria anche ai fini della contestazione dell’aggravante a effetto speciale e privilegiata dell’art. 416bis .1 c.p. – e dai risultati delle analisi delle chat SKY ECC» Sottolinea, di seguito, che:
1) le imputazioni provvisorie risultano formulate in modo aderente agli esiti delle investigazioni e alle risultanze delle indagini che sono state svolte, così come emergono dagli atti e dalle annotazioni o informative di polizia giudiziaria e dai relativi allegati nonchØ dagli altri documenti versati nel fascicolo del procedimento;
l’identificazione degli indagati Ł certa ed Ł stata compiutamente documentata dalla polizia giudiziaria;
altrettanto certa e documentata Ł l’attribuzione delle varie utenze telefoniche a vari indagati, comprese quelle «criptate»;
4) anche i ruoli e le variegate attività svolti da ciascuno degli indagati e la collocazione temporale degli uni e delle altre sono stati accertati dalla polizia giudiziaria, che li ha dettagliatamente documentati nelle sue plurime informative e annotazioni e li ha riepilogati nell’informativa conclusiva, datata 30 ottobre 2023, e nei relativi allegati.
Ciò posto, evidenzia (pag. 38) che, nel corpo dell’ordinanza a seguire, alternerà proprie personali considerazioni ad ampi stralci dell’attività intercettiva e della richiesta del pubblico ministero.
Segue la corposa motivazione, in larga parte, come metodologicamente premesso, effettuata incorporando ampi stralci degli atti di indagine e della richiesta del pubblico ministero, in cui vengono prima analizzati i singoli reati-fine, e quindi il reato associativo.
2. Tanto premesso, il primo motivo Ł inammissibile.
2.1. Il Collegio osserva in proposito che Ł stato proposto ricorso per saltum ai sensi dell’articolo 311, comma 2, cod. proc. pen., che limita la possibilità di ricorso immediato alle ipotesi in cui siano
dedotte violazioni di legge.
Nel caso in esame va rilevato che, sebbene la censura formalmente si riferisca alla mancanza o apparenza della motivazione (profilo che, a rigore, potrebbe formare oggetto di un ricorso immediato; v., ex multis , Sez. 6, n. 26050 del 14/4/2016, Rechichi, Rv. 266970), tuttavia, in concreto, siffatta deduzione risulta chiaramente riferita ad una motivazione sussistente ma asseritamente erronea, con conseguente inammissibilità della doglianza, in quanto proposta per motivi non consentiti dalla legge.
Si Ł infatti affermato (Sez. 6, n. 47676 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285531 – 01) che «il ricorso diretto per cassazione avverso un’ordinanza applicativa di misura coercitiva può essere proposto soltanto per violazione di legge, per tale dovendosi intendere, con riferimento al vizio inerente alla motivazione, quella che ha per oggetto i soli requisiti minimi di esistenza e di completezza della stessa, atteso che tale tipo di gravame Ł alternativo a quello del riesame, sede deputata per le censure riguardanti lo sviluppo logico-giuridico delle argomentazioni del provvedimento impugnato e per l’esame delle prospettazioni del ricorrente in ordine agli elementi probatori acquisiti agli atti, sicchØ Ł inammissibile il ricorso per saltum che censuri la motivazione per relationem con la quale il giudice abbia fatto propri gli elementi fattuali esposti in un atto investigativo. (vd. Sez. U, n. 5 del 1991, Rv. 186999; Sez. U, 14 del 1994, Rv. 198215)».
2.2. Nel caso di specie, la motivazione si estende per centinaia di pagine, senza che il ricorrente si confronti, in relazione al reato associativo, con la motivazione fornita dal giudice gigliato se non in modo assolutamente generico.
L’ordinanza, infatti, da pagina 458, riporta il contenuto della richiesta del pubblico ministero che, sinteticamente, qualifica la consorteria come una «agenzia di servizi, proiettata ad assicurare l’esfiltrazione di cocaina prevalentemente pervenuta dall’Ecuador e approdata al porto di Livorno», sottolineando come le indagini abbiano consentito di delineare:
la composizione dell’aggregato;
le metodologie operative: appostamento sul litorale livornese e pisano finalizzato all’individuazione della motonave e del container utilizzato per il trasporto e l’occultamento del narcotico, apposizione di un radiolocalizzatore (GPS) sul container una volta individuato, estrazione della cocaina presso lo stesso scalo marittimo, depositi a bassa vigilanza, o intervenendo sul carico in fase di trasporto, ponendo in essere rapine;
il canale di approvvigionamento della cocaina prodotta in Colombia, importata, va ribadito, prevalentemente dall ‘Ecuador e – segnatamente, dal porto di Guayaquil – (e, in parte minore, dal Belgio e da altri Paesi europei), in Italia.
Il sodalizio risulterebbe inoltre essere ruotante attorno a plurime squadre di recupero operative sul porto labronico, teatro di attività di esfiltrazione: ben delineate sono infatti apparse tre squadre, nel cui ambito vi erano soggetti che rivestivano il ruolo di capo, promotore e organizzatore, ben radicati nell’area territoriale toscana, e altri di partecipe, stante la loro propensione al compimento di delitti di natura predatoria.
Le squadre erano costituite prevalentemente da soggetti albanesi e rumeni operanti in sinergia con referenti italiani della cosca ‘ndranghetista MolŁ, anche rivestenti ruoli apicali (come nel caso di NOME COGNOME) e della Sacra Corona Unita foggiana.
L’analisi delle singole imputazioni provvisorie avrebbe consentito di provare l’esistenza di tre squadre di recupero, la prima delle quali, per quanto di interesse ai presenti fini, costituita dallo «zoccolo duro» dei fratelli COGNOME e COGNOME (pag. 459).
NOME COGNOME in dettaglio, che nel sodalizio rivestirebbe il ruolo di organizzatore, sarebbe risultato coinvolto in tre delitti fine: l’importazione di 28,1928 kg netti di cocaina del 12 luglio 2021 (capo B), di 70,064 Kg netti di cocaina del16 agosto 2021 (capo C) e di un quantitativo non meglio individuato,
sicuramente superiore a 50 kg di cocaina per un valore di 1,5 milioni di euro degli inizi di marzo 2021 (capo M), in cui lo stesso si interfacciava direttamente con i fornitori di narcotico in Sudamerica in fase di identificazione, sicchØ Ł risultato operativo dal marzo all’agosto 2021 per una durata di almeno sei mesi.
L’ordinanza segnala che il medesimo delitto di cui al capo provvisorio B) Ł stato commesso nello stesso luogo, località Guasticce (Livorno), contestata ai capi di imputazione N) e 0), dove, nel 21 luglio 2023, NOME COGNOME ha esfiltrato kg 50,404125 netti di cocaina.
NOME COGNOMEunitamente ad NOME COGNOME, indicato dal pubblico ministero col ruolo di organizzatore e finanziatore, costituirebbe il punto di riferimento della squadra nella quale Ł inserito NOME COGNOMEoltre a NOME COGNOME con ruolo apicale. Egli Ł risultato coinvolto in due delitti fine e, segnatamente, nell’importazione dal Belgio di 11,74431 kg netti di cocaina (12,121 kg lordi) del 22 novembre 2021 (capo D), avvalendosi del corriere NOME COGNOME come acquirente/finanziatore del narcotico; Ł, inoltre, risultato coinvolto nel tentativo di importazione di un quantitativo di cocaina sicuramente superiore a 50 kg. per un controvalore di 1.500.000,00 euro, tra il 27 febbraio e il 9 marzo 2022 (capo M).
Da pagina 477, in sede di sua autonoma valutazione, il GIP evidenzia che «il fatto che non ci siano rapporti o relazioni di conoscenza personale tra tutti i componenti dell’ipotizzata associazione non Ł un elemento idoneo a escludere la sussistenza del reato associativo. Ugualmente non idonea a escludere una siffatta sussistenza Ł la circostanza che tra gli associati possano esservi – o esservi stati – rapporti non idilliaci o addirittura di competizione tra loro», in ciò facendo buon governo della giurisprudenza della Corte, secondo cui l’esistenza di interessi conflittuali tra i singoli componenti del sodalizio non Ł ostativa al riconoscimento dell’associazione, in quanto nell’ambito della struttura organizzata non assumono rilievo gli scopi soggettivi e personali perseguiti da ciascun partecipe, atteso che ciò che distingue la fattispecie associativa Ł il mezzo con cui le diverse finalità personali vengono perseguite. (Sez. 6, n. 22046 del 13/12/2018 – dep. 20/05/2019, COGNOME, Rv. 276068 – 02; Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015 – dep. 03/02/2016, Rv. 265945 – 01).
L’ordinanza ritiene che, dal corposissimo materiale esitato dalle attività d’investigazione e dai plurimi collegamenti che si colgono dai singoli reati-fine, emergono elementi qualificanti, tali da costituire indizi certi, gravi, attendibili, consistenti e resistenti a obiezioni sul piano logico e quindi da consentire di fondare una valutazione di qualificata probabilità di condanna non di tutti ma di una parte degli indagati per il reato in argomento, cioŁ per l’ipotesi di un unico e indiviso sodalizio criminoso, che riguardano anche:
la stabilità dell’associazione, intesa come predisposizione di persone e di mezzi che sia abituale e consolidata;
la connotazione del vincolo associativo come destinato a durare pure oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati;
l’esistenza di uno stabile collegamento tra i partecipanti al sodalizio anche indipendentemente e al
di fuori dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati e, quindi, il carattere d’indeterminatezza del programma criminoso;
l’esistenza di un accordo, fra alcuni indagati finanche esplicito e fra altri indagati per certo per facta concludentia ;
quindi, il dolo, come sopra declinato, del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 390/90.
Ulteriori elementi che conducono a ritenere la sussistenza della gravità indiziaria per questo reato, rivengono:
f) dai collegamenti tra le tre squadre di recupero e, quindi, tra tutti e ciascuno dell’unica associazione criminosa, collegamenti che risultano sufficientemente diffusi, reciproci e concreti e adeguatamente dimostrati nell’ incarto procedimentale ai fini della sussistenza del reato associativo;
g) dalla constatazione che le tre squadre di recupero hanno utilizzato il medesimo fazzoletto di terreno nell’area portuale di Livorno;
h) dalla consistenza e dalla stabilità dell’organizzazione di uomini, di mezzi e di strumenti funzionali al narcotraffico;
i) dall’utilizzo delle chat criptate o comunque di altri mezzi di comunicazioni criptati o difficilmente penetrabili;
l) dai rapporti parentali tra alcuni degli associati, che costituiscono un ulteriore indizio della stabilità e tendenziale permanenza del pactum sceleris e conducono a ritenere, con il necessario livello di gravità indiziaria, che la predisposizione di persone e mezzi sia abituale e, appunto, consolidata, che il vincolo associativo sia destinato a durare pure oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati e che il collegamento tra i componenti sia altrettanto stabile indipendentemente e al di fuori dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati;
m) dai comuni rapporti di appartenenza di alcuni associati alla criminalità organizzata, ovvero di contiguità con essa, con riferimento, a seconda dei casi, alla ‘ndrina MolŁ di COGNOME – a cui appartiene NOME COGNOME – e alla ‘ndrina COGNOME di NOME COGNOME – a cui appartiene, o Ł contiguo, NOME COGNOME al quale questo reato non Ł contestato – che costituiscono anch’essi un ulteriore indizio della stabilità e tendenziale permanenza del pactum sceleris e conducono a ritenere, con il necessario livello di gravità indiziaria, che la predisposizione di persone e mezzi sia abituale e, appunto, consolidata, che il vincolo associativo sia destinato a durare pure oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati e che il collegamento tra i componenti sia altrettanto stabile indipendentemente e al di fuori dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati.
A pag. 479, poi, l’ordinanza riconosce la gravità indiziaria circa il reato associativo in capo – tra gli altri – ai due ricorrenti (che esclude, invece, in relazione agli indagati COGNOME, COGNOME e COGNOME, con conseguente esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 416, comma 3, cod. pen.), sottolineando che «al sodalizio criminoso sono risultati intranei anche l’ignoto broker utilizzatore del pin sky-ECC CODICE_FISCALE stanziate all’estero, l’ignoto soggetto denominato ‘uomo di Corneliano d’ Alba’ e altre persone rimaste ugualmente ignote e non identificate».
Inoltre, dal complessivo materiale investigativo si ricaverebbe che «il capo, il dirigente, il promotore e l’organizzatore dell’associazione risulta essere collocato all’estero e che Ł verosimilmente da individuarsi nel broker che utilizza il pin sky-ECC CODICE_FISCALE. La qualifica di capo, dirigente e promotore dell’organizzazione sub A) attribuita a NOME COGNOME, dunque, va esclusa. NOME COGNOME, piuttosto, Ł risultato essere l’organizzatore dell’articolazione territoriale stanziale in Italia nonchØ, in quanto tale, anche il suo finanziatore (e co-finanziatore dell’intera struttura unitamente al broker ignoto). NOME Roland, COGNOME NOME e COGNOME risultano meri partecipi del consorzio criminoso ancorchØ, alcuni di essi, finanziatori (non dell’associazione ma) di alcuni dei reati-fine».
Il ricorso, a fronte di così articolata motivazione, si limita ad una generica doglianza, senza chiarire in che modo la motivazione sarebbe meramente apparente se non censurando, in modo atomistico, alcuni passaggi, estrapolati dal contesto complessivo del provvedimento.
In proposito, va rimarcato che la motivazione Ł «assente» quando manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, Seana; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME) o Ł graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, COGNOME), mentre Ł «apparente», solo laddove «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si Ł fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, COGNOME), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, COGNOME; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, COGNOME; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, COGNOME) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, COGNOME; Sez. 6, n. 25361 del
24/05/2012, COGNOME) e, piø in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, COGNOME, Rv. 260314).
Ancora, Ł apparente la motivazione meramente tautologica, che ricorre allorquando essa «si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioŁ, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente» (Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010, COGNOME, Rv. 247682 – 01; Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263100 – 01).
Circostanze, stante quanto sopra evidenziato, in tutta evidenza non sussistenti nel caso di specie.
2.4. Analogamente, in riferimento alla mancanza del requisito della «autonoma valutazione», il ricorso si limita a riportare dei concisi brani dell’ordinanza, estrapolati (senza neppure indicazione del numero di pagina) da oltre 490 pagine di testo, e contestati mediante il riferimento (v. pag. 5 del ricorso, non affioliato) a circostanze di fatto (le modalità di importazione del narcotico, la sussistenza di rapporti di parentela, il «fazzoletto di terreno» utilizzato per l’esfiltrazione dello stupefacente) la cui valutazione Ł estranea ai profili di violazione di legge dedotti, attenendo invece al fatto e alla sua valutazione.
Va peraltro evidenziato come l’ordinanza impugnata abbia sottoposto a intenso vaglio critico il materiale offerto in valutazione dall’ufficio inquirente, da un lato ripercorrendo analiticamente e confermando la sussistenza dei gravi indizi di sussistenza del reato associativo, e dall’altro ritenendo l’insussistenza di tale gravità indiziaria in riferimento a taluni reati fine, escludendo la partecipazione al sodalizio di taluni indagati (con le viste conseguenze in tema di aggravante del numero di associati) e ridimensionando il ruolo rivestito da alcuni indagati (tra cui NOME COGNOME) in seno allo stesso a quello di mero compartecipe, circostanza che rafforza il giudizio di sussistenza dell’autonoma valutazione.
2.5. Il motivo di ricorso Ł, pertanto, inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., sicchØ non può operare la sua conversione in richiesta di riesame, avendo il ricorrente già consumato, con esso, la facoltà di scelta tra i diversi mezzi di impugnazione a sua disposizione (Sez. 4, n. 45611 del 28/10/2021, Sociu, Rv. 282548 – 01, con espresso riferimento alla dedotta mancanza di autonoma valutazione).
3. Il secondo motivo Ł del pari inammissibile.
3.1. La doglianza omette di confrontarsi con il fatto che il delitto in parola Ł incluso nel catalogo di cui all’articolo 275 cod. proc. pen., relativo ai «criteri di scelta delle misure», il cui comma 3 stabilisce che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine a taluno dei delitti inclusi nel suo catalogo (tra cui l’articolo 74 d.P.R. 309/1990) «Ł applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure».
La giurisprudenza della Corte ha chiarito che la norma in questione introduce un «giudizio semplificato» quanto alle esigenze cautelari in relazione a tali reati, determinando un’inversione dell’onere dalla prova: si presumono la sussistenza, l’idoneità e la proporzionalità della misura custodiale «a meno che», in concreto, non si rinvengano elementi, da indicare in modo chiaro e preciso, che facciano ritenere sufficienti misure di minor rigore (Sez. 3, n. 14248 del 14/01/2021, Dalla Santa, n.m.; Sez. 3^, n. 30629 del 22/09/2020, COGNOME, n.m.; Sez. 6, n. 12669 del 2/03/2016, COGNOME, RV. 266784: «la presunzione di esistenza di ragioni cautelari viene vanificata solo qualora
sia dimostrata l’inattualità di situazioni di pericolo cautelare)».
Elementi che non possono consistere nella mera incensuratezza dell’imputato (come asserito dal ricorrente) o in una generica prognosi favorevole di astensione dal compimento di delitti della stessa specie, disancorata da precisi elementi di fatto (Sez. 1, n. 2860 del 10/05/1995, COGNOME, Rv. 201746 – 01); ed infatti, la prova contraria della insussistenza delle esigenze cautelari non può essere dedotta da quegli stessi elementi cui, ove non operi la predetta presunzione di pericolosità, fa riferimento il legislatore ai sensi dell’art. 275 comma primo e secondo cod. proc. pen. ai fini della adeguatezza e proporzionalità della misura, essendo stata tale valutazione già operata dal legislatore con esito negativo (Sez. 1, n. 5015 del 14/10/1998, COGNOME, Rv. 212381 – 01). In riferimento al tempo trascorso tra la data dei commessi reati e l’emissione del titolo cautelare, il Collegio evidenzia che, secondo un primo orientamento di questa Corte (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272 – 01), in tema di misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. Ł prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli «elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari», cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen..
Altro indirizzo, solo apparentemente difforme, ritiene (Sez. 5, n. 4950 del 07/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282865 – 01) che la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., Ł prevalente, in quanto speciale, rispetto alle disposizioni generali stabilite dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo.
Sul punto, va precisato che l’articolo 275, comma 3, cod. proc. pen., stabilisce espressamente che nei casi ivi contemplati – la misura custodiale «Ł applicata» (ossia «deve» essere applicata, posto che nel linguaggio normativo l’indicativo presente esprime il comando) in presenza di un unico requisito, quello della «gravità indiziaria», cui consegue l’obbligo di applicare la misura di massimo rigore, a meno che non sussista una causa excludendi (ossia l’assenza di esigenze cautelari) o mitigandi (ossia la possibilità, in concreto, di soddisfare le esigenze cautelari con altra misura).
Appare quindi evidente che i requisiti della «concretezza» e «attualità» non assumono rilievo nel giudizio in quanto tali, se non nella misura in cui rivelino quella assenza di esigenze cautelari dianzi rinvenuta quale causa excludendi .
3.2. Nel caso in esame, l’ordinanza contiene una congrua motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari da pag. 483, mentre da pagina 487 motiva in ordine al requisito della adeguatezza e proporzionalità.
3.2.1. Quanto al primo aspetto, l’ordinanza precisa che non sussistono elementi da cui evincere l’assenza di esigenze cautelari, laddove al contrario «sussiste il pericolo attuale e concreto di commissione di delitti della stessa specie di quelli per cui si procede e, cioŁ, di recidiva specifica (art. 274, lett. c, c.p.p.), per le modalità e circostanze dei fatti, per la loro gravità concreta desunta anche dai dati ponderali e dall’abitudine a trafficare gli stupefacenti, per la personalità dei soggetti, per la loro spregiudicata inclinazione alla commissione di condotte illecite in danno della salute collettiva pur di raggiungere lo scopo dell’arricchimento personale e di conseguire facili guadagni, per i loro precedenti penali, di polizia e giudiziari, per la loro indifferenza verso l’ altrui diritto alla salute e la salute pubblica, per la loro incapacità di controllarsi di fronte alla prospettiva di trarre
facile lucro dall’agire in danno dell’altrui salute e della salute pubblica, per la già avvenuta ripetizione di delitti della stessa specie, per l’intensa pericolosità sociale dei soggetti, desunta anche e proprio dalle modalità di commissione dei reati e dalle loro condizioni di vita, per l’elevato allarme sociale dei fatti-reato, per la loro consistente valenza offensiva, per le loro modalità e circostanze di consumazione, per l’intensità del dolo che connota ogni singolo fatto-reato e per la spregiudicatezza e disinvoltura dimostrate nel commettere le condotte illecite».
3.2.2. Quanto alla distanza temporale dai fatti, sottolinea (pag. 484) che «il c.d. ‘tempo silente’ trascorso dalla commissione del reato deve essere oggetto di valutazione, a norma dell’art. 292, comma l, lett. c), cod. proc. pen., da parte del giudice che emette l’ordinanza che dispone la misura cautelare (cfr. Cass. II, n. 12807/2020, Rv. 278999)».
Secondo il GIP, il requisito dell’attualità del pericolo di cui all’art. 274, lett. C), c.p.p., inoltre, per la piø recente giurisprudenza di legittimità, non Ł equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e non deve contemplare la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (cfr., ex plurimis, Cass. V n. 12869/2022, Iordachescu, cui sono conformi le pronunce della Corte di legittimità n. 6593 del 2022 Rv. 282767-01, n. 11511 del2017 Rv. 269684-01, n. 47891 del20l6 Rv. 268366-01, n. 44946 del 2016 Rv. 267965 – 01, n. 14840 del 2020 Rv. 279122- 01, n. 11250 del 2019 Rv. 277242- 01, n. 1154 del 2022 Rv. 282769-01, n. 53645 del 2016 Rv. 268977- 01 , n. 47837 del 2018 Rv. 273994-01, n. 5054 del 2021 Rv. 280566 – 01, n. 9041 del 2022 Rv. 282891 01, n. 55216 del 2018 Rv. 274085 – 01).
L’ordinanza rammenta poi la giurisprudenza di legittimità piø recente, secondo cui «in tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si Ł manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare Ł chiamata a realizzare (Cass. II n. 6593/2022, COGNOME, Rv. 282767-01; n. 15978 del 2016 Rv. 266988-01; n. 25130 del 2016 Rv. 267232-01; n. 47891 del2016 Rv. 268366-01; n. 33004 del 2017 Rv. 271216- 01; n. 53645 del 2016 Rv. 268977- 01; n. 18744 del 2016 Rv. 266946 – 01; n. 5054 del 2021 Rv. 280566- 01; n. 3043 del 2016 Rv. 265618-01; n. 24779 del 2016 Rv. 267830-01; n. 18745 del 2016 Rv. 266749-01; n. 11511 del2017 Rv. 269684-01; n. 44946 del2016 Rv. 267965 – 01; n. 14840 del 2020 Rv. 279122-01; n. 11250 del2019 Rv. 277242-01; n. 47837 del2018 Rv. 273994- 01; n. 26093 del 2016 Rv. 26726401; n. 55216 del2018 Rv. 274085- 01)».
Nel caso concreto secondo il giudice fiorentino «risultano sussistere, dalla lettura degli atti. elementi indicativi anche recenti e comunque non particolarmente datati che sono idonei a dare conto del pericolo di concretizzazione del rischio di commissione di nuovi delitti della stessa specie di quello per cui si procede e della continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fomiti oltre che dalla modalità di realizzazione dei reati e dalla intensa pervicacia che Ł stata dimostrata dagli indagati – dalla vicinanza delle azioni delittuose rispetto alla manifestazione della domanda cautelare e della presente decisione in proporzione alla gravità concreta dei fatti-reato, alle modalità della loro manifestazione e alla notevolissima ponderosità dell’attività d’indagine resa necessaria dalla mole e varietà di violazioni commesse e dal consistente numero di persone a vario titolo coinvolte, di cui necessariamente si deve tenere conto. Di tal che si può pure affermare che ancora persistono atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui i fatti illeciti contestati sono maturati (cfr. Cass. II, n. 9501/2016, COGNOME, secondo cui ‘in tema di misure coercitive, l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose. onde il pericolo di
reiterazione di cui all’art. 274, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso in cui esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato Ł maturato’)».
Aggiunge, ad abundantiam , che «la predetta circostanza consente di affermare la sussistenza dell’attualità delle concrete esigenze cautelari anche sulla base di quell’altra (minoritaria) giurisprudenza secondo cui l’attualità del pericolo Ł equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e deve contemplare la previsione di specifiche occasioni di recidivanza: consente di affermare, insomma, finanche che il pericolo di recidiva specifica sussiste ed Ł attuale e concreto, tale da far ritenere – con elevato grado di probabilità, prossimo alla certezza – non solo che se si presenterà agli indagati l’occasione di commettere nuovi delitti della stessa specie di quelli per cui si procede essi li commetteranno, ma anche – con uguale grado di probabilità prossimo pure esso alla certezza – che tale occasione, se non adeguatamente cautelati, effettivamente si presenterà loro».
Conclude quindi nel senso che «il lasso di tempo sinora intercorso dall’esecuzione dei delitti non ha concrete ricadute sulle esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. C), c.p.p. nØ sulla loro attualità».
3.3. Tale motivazione, che si confronta in modo critico con entrambi gli orientamenti giurisprudenziali relativi al c.d. «tempo silente», ritenendo la piena sussistenza del requisito dell’attualità dell’esigenza cautelare nel caso concreto, Ł tutt’altro che mancante o apparente, ed espone quindi il motivo di ricorso all’inammissibilità.
I ricorsi, in conclusione, non possono che essere dichiarati inammissibili.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 21/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente COGNOME NOME
NOME COGNOME