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Ricorso per saltum: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per saltum presentato contro un’ordinanza di custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha ribadito che tale impugnazione è limitata alle sole violazioni di legge, escludendo una rivalutazione del merito. La motivazione del provvedimento, sebbene in parte ‘per relationem’, è stata giudicata ampia, logica e frutto di autonoma valutazione del giudice, quindi non meramente apparente.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Saltum e Misure Cautelari: Quando l’Appello Diretto in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11935 del 2025, offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per saltum in materia di misure cautelari. La decisione analizza il caso di due indagati per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, dichiarando inammissibile il loro ricorso diretto contro l’ordinanza di custodia in carcere. Questa pronuncia ribadisce i confini invalicabili tra violazione di legge e valutazione di merito, un principio cardine del nostro sistema processuale.

I Fatti del Caso: Un’Ordinanza di Custodia Cautelare per Traffico di Stupefacenti

Il Giudice per le indagini preliminari (GIP) di Firenze emetteva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due fratelli, indagati per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del d.P.R. 309/1990. L’accusa era quella di far parte di un’associazione criminale dedita all’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sudamerica.

Avverso tale provvedimento, la difesa decideva di non passare per il Tribunale del Riesame, ma di proporre un ricorso per saltum direttamente in Cassazione, ai sensi dell’art. 311, comma 2, del codice di procedura penale.

I Motivi del Ricorso: Motivazione Apparente e Carenza di Esigenze Cautelari

I ricorrenti basavano la loro impugnazione su due principali motivi di violazione di legge.

La Critica alla Motivazione ‘per Relationem’

In primo luogo, lamentavano la violazione degli articoli 273 e 292 c.p.p., sostenendo una totale mancanza di motivazione autonoma da parte del GIP sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo. Secondo la difesa, il giudice si era limitato a un mero recepimento acritico della richiesta del Pubblico Ministero, utilizzando la cosiddetta motivazione per relationem in modo generico e apparente, senza un’effettiva e autonoma valutazione degli elementi a carico.

La Contestazione sulle Esigenze Cautelari e il ‘Tempo Silente’

In secondo luogo, denunciavano la violazione degli articoli 274 e 292 c.p.p. per carenza di motivazione sulle esigenze cautelari. Si contestava in particolare che il GIP non avesse tenuto conto del notevole lasso di tempo trascorso dai fatti (risalenti al 2021) e delle specifiche condizioni personali dei ricorrenti (imprenditori e cittadini italiani), elementi che, a loro dire, avrebbero dovuto far venir meno l’attualità e la concretezza del pericolo di recidiva.

La Decisione della Cassazione: Il Ricorso per Saltum e i Suoi Stretti Limiti

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili, fornendo una lezione fondamentale sui presupposti di questo specifico mezzo di impugnazione.

L’inammissibilità del motivo sulla motivazione nel ricorso per saltum

La Cassazione ha chiarito che il ricorso per saltum è consentito solo per violazioni di legge. Il vizio di motivazione che può essere fatto valere in questa sede non è una qualsiasi illogicità o erroneità, ma solo la sua mancanza assoluta o la sua apparenza. Una motivazione è ‘apparente’ quando è meramente tautologica, composta da formule di stile o comunque inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice.

Nel caso di specie, l’ordinanza del GIP, pur essendo molto voluminosa (oltre 500 pagine) e pur facendo uso della tecnica per relationem, dimostrava un vaglio critico e approfondito del materiale probatorio. Il GIP non si era limitato a ‘copiare’ la richiesta del PM, ma aveva operato una selezione degli elementi rilevanti, giungendo persino a conclusioni parzialmente diverse (ad esempio, escludendo la gravità indiziaria per un capo d’imputazione e ridimensionando il ruolo di uno degli indagati). Pertanto, la motivazione esisteva ed era tutt’altro che apparente. Le critiche dei ricorrenti si traducevano, in realtà, in una richiesta di rivalutazione del merito, inammissibile in sede di legittimità, a maggior ragione con un ricorso per saltum.

La presunzione delle esigenze cautelari

Anche il secondo motivo è stato ritenuto inammissibile. La Corte ha ricordato che per reati gravi come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990), l’art. 275, comma 3, c.p.p. prevede una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari. Ciò significa che, una volta accertati i gravi indizi, la custodia in carcere è la misura standard, a meno che la difesa non fornisca elementi concreti che dimostrino l’assenza di tali esigenze. Il ‘tempo silente’ è stato correttamente valutato dal GIP, il quale ha concluso, con motivazione congrua, che non fosse sufficiente a elidere la pericolosità sociale degli indagati, data la gravità dei fatti e la loro profonda inclinazione a delinquere.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si fonda sulla netta distinzione tra il controllo di legalità, proprio della Cassazione, e il giudizio di merito. Il ricorso per saltum accentua questa distinzione, permettendo di censurare solo errori di diritto evidenti e macroscopici, come una motivazione inesistente. Quando, al contrario, la motivazione esiste, è logicamente strutturata e permette di comprendere le ragioni della decisione, ogni ulteriore critica sconfina nel merito e deve essere proposta, se del caso, al Tribunale del Riesame. La Corte ha ritenuto che il GIP avesse svolto il suo ruolo di garanzia, vagliando autonomamente le prove e motivando in modo esauriente sia sui gravi indizi sia sulle esigenze cautelari, rendendo così l’impugnazione diretta un tentativo improprio di ottenere una terza valutazione dei fatti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza in esame è un monito per la difesa: la scelta del ricorso per saltum è una strategia processuale rischiosa e percorribile solo in presenza di vizi formali e sostanziali di eccezionale gravità. Contestare una motivazione ritenuta semplicemente ‘erronea’ o ‘non condivisibile’ attraverso questo strumento è destinato all’insuccesso. La pronuncia conferma che la sede naturale per la rivalutazione completa, nel fatto e nel diritto, di un’ordinanza cautelare rimane il Tribunale del Riesame, mentre la Cassazione, tramite il ricorso diretto, può intervenire solo come custode della corretta applicazione della legge processuale.

Quando è possibile presentare un ricorso per saltum contro un’ordinanza cautelare?
È possibile solo per denunciare violazioni di legge. Non si può utilizzare per chiedere una nuova valutazione dei fatti o per contestare la logicità della motivazione, a meno che questa non sia totalmente mancante o meramente apparente (cioè composta da frasi di stile che non spiegano il ragionamento del giudice).

Una motivazione ‘per relationem’ (cioè che rinvia ad altri atti) è sempre illegittima?
No. È legittima a condizione che il giudice dimostri di aver preso conoscenza e di aver vagliato criticamente il contenuto dell’atto a cui rinvia. Non deve essere un recepimento passivo, ma deve emergere un’autonoma valutazione degli elementi decisivi.

Il tempo trascorso dal reato esclude automaticamente il pericolo di recidiva?
No. Il ‘tempo silente’ deve essere valutato dal giudice, ma non elimina automaticamente l’attualità delle esigenze cautelari. Per reati gravi, come l’associazione per traffico di droga, la legge presume la pericolosità dell’indagato, e il solo passare del tempo, in assenza di altri elementi concreti, potrebbe non essere sufficiente a superare tale presunzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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