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Ricorso per saltum inammissibile: il caso analizzato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per saltum presentato contro un’ordinanza del Tribunale che applicava la sorveglianza speciale. La Corte ha stabilito che l’unico rimedio esperibile è l’appello e che la scelta deliberata di un mezzo di impugnazione errato, unita a motivi di ricorso generici, ne determina l’inammissibilità con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il ricorso per saltum nelle misure di prevenzione: una scelta errata che costa cara

Nel complesso mondo del diritto processuale, la scelta del corretto mezzo di impugnazione è un passaggio cruciale che può determinare l’esito di un intero procedimento. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un errore in questa fase, come l’utilizzo di un ricorso per saltum in un contesto non consentito, conduca a una dichiarazione di inammissibilità e a conseguenze economiche per il ricorrente. Analizziamo questa decisione per comprendere i principi che regolano le impugnazioni in materia di misure di prevenzione.

I fatti del caso

Un soggetto, già destinatario di un provvedimento del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ne confermava la pericolosità sociale e disponeva la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, decideva di impugnare tale decisione. Anziché rivolgersi alla Corte d’Appello, come previsto dalla procedura ordinaria, presentava un ricorso direttamente alla Corte di Cassazione, tentando la via del cosiddetto ricorso per saltum.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su due pilastri argomentativi principali: l’erroneità del rito prescelto e la genericità dei motivi di ricorso.

Il ricorso per saltum inammissibile nelle misure di prevenzione

I giudici hanno innanzitutto ribadito un principio fondamentale: in materia di misure di prevenzione, la legge (in particolare, il combinato disposto degli artt. 10 e 27 del D.Lgs. 159/2011) non prevede la possibilità di ‘saltare’ il secondo grado di giudizio. L’unico rimedio esperibile contro le decisioni del Tribunale è l’appello. La Corte ha sottolineato che il ricorso diretto per cassazione non può essere ‘convertito’ in appello quando emerge che il ricorrente ha deliberatamente scelto un mezzo di impugnazione errato, con la consapevolezza della sua improponibilità e dell’esistenza di un’altra via processuale corretta.

La genericità dei motivi come causa di inammissibilità

Oltre al vizio procedurale, la Cassazione ha riscontrato un’ulteriore causa di inammissibilità nel merito dei motivi presentati. Il ricorrente si era limitato a contestare l’ ‘attualità’ della sua pericolosità sociale in modo assertivo e generico. Non aveva sviluppato una critica puntuale e specifica contro l’iter logico-argomentativo seguito dal Tribunale nel provvedimento impugnato. Un’impugnazione, per essere ammissibile, deve contenere una ‘effettiva critica’ alla decisione, non una mera riproposizione delle proprie tesi o il richiamo a principi giurisprudenziali non calati nel caso concreto.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di rispettare le regole processuali stabilite dal legislatore, che definiscono una precisa sequenza dei gradi di giudizio. Consentire un ricorso per saltum al di fuori dei casi tassativamente previsti minerebbe la struttura stessa del processo. La decisione di condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende è giustificata dalla ‘colpa’ ravvisata nella sua condotta processuale. L’aver intrapreso un’azione legale palesemente inammissibile rappresenta un abuso dello strumento processuale, che non può restare senza conseguenze.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un monito sull’importanza della diligenza e della competenza tecnica nella scelta degli strumenti processuali. Sottolinea che il sistema delle impugnazioni non è un labirinto in cui tentare ogni via possibile, ma un percorso ordinato da regole precise. L’inammissibilità del ricorso per saltum in materia di misure di prevenzione è un principio consolidato, e la sua violazione deliberata comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche una sanzione economica che ne sottolinea la gravità.

È possibile impugnare direttamente in Cassazione una decisione del Tribunale sulle misure di prevenzione?
No, la Corte ha chiarito che in tema di misure di prevenzione l’unico rimedio esperibile contro le decisioni del tribunale è il ricorso alla corte d’appello, come previsto dagli artt. 10 e 27 del D.Lgs. n. 159/2011. Il ricorso diretto in Cassazione (‘per saltum’) non è ammesso.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile per colpa evidente?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile e si ravvisano profili di colpa nel ricorrente (come la scelta di un mezzo di impugnazione palesemente errato), quest’ultimo viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato considerato inammissibile anche nel merito, oltre che per il rito?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile anche perché i motivi erano generici. Il ricorrente si è limitato a contestare l’attualità della pericolosità sociale senza confrontarsi specificamente con le argomentazioni del provvedimento impugnato, mancando così di quella ‘effettiva critica’ che è requisito essenziale di ogni impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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