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Ricorso per saltum D.Lgs. 231/01: inammissibile

Una società, colpita da una misura interdittiva basata sulla responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/2001), ha presentato un ricorso diretto alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che il cosiddetto ricorso per saltum non è consentito in questa materia. La legge impone un passaggio intermedio di appello cautelare davanti al tribunale competente, prima di poter adire la Cassazione, confermando un sistema di impugnazione a due gradi.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per saltum e D.Lgs. 231/01: la Cassazione chiude la porta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in tema di responsabilità amministrativa degli enti: il ricorso per saltum contro le misure interdittive non è ammesso. Questa decisione chiarisce il corretto percorso processuale che una società deve seguire per contestare tali provvedimenti, sottolineando la necessità di rispettare i gradi di giudizio previsti dalla legge.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore della vigilanza è stata colpita da una misura interdittiva disposta dal Giudice per le indagini preliminari. In particolare, le è stata preclusa la possibilità di accedere ad agevolazioni, finanziamenti e contributi pubblici per dieci mesi. La misura era fondata su un’ipotesi di illecito amministrativo previsto dal D.Lgs. 231/2001, derivante dal reato presupposto di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.).

Contro questa ordinanza, la società ha deciso di non percorrere la via dell’appello cautelare davanti al tribunale competente, ma ha scelto di presentare un ricorso immediato direttamente in Corte di Cassazione, ovvero un ricorso per saltum.

I Motivi del Ricorso dell’Azienda

La difesa della società ha articolato il ricorso su tre principali motivi:

1. Violazione di legge procedurale: Si contestava la legittimità della seconda misura cautelare, emessa dopo che una prima, identica, era stata annullata per un vizio di procedura (mancata fissazione dell’udienza).
2. Mancata iscrizione nel registro degli indagati: La società lamentava di non essere mai stata formalmente iscritta nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica.
3. Vizio di motivazione: Si contestava la sussistenza delle esigenze cautelari e la proporzionalità della misura adottata dal Giudice.

La Decisione della Corte di Cassazione e il ricorso per saltum

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso interamente inammissibile, senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si è concentrata esclusivamente sulla questione preliminare della ammissibilità del ricorso per saltum.

I giudici hanno chiarito che il sistema di impugnazioni previsto dal D.Lgs. 231/2001 per le misure interdittive è strutturato in modo specifico e non lascia spazio a interpretazioni estensive. L’articolo 52 del decreto stabilisce un percorso a due fasi: prima l’appello davanti al tribunale del riesame e, solo successivamente, il ricorso in Cassazione avverso la decisione di quest’ultimo.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la propria decisione su un’analisi rigorosa della normativa. La formulazione dell’art. 52, comma 2, del D.Lgs. 231/2001 permette il ricorso per cassazione solo “contro il provvedimento emesso a norma del comma 1”, ovvero la decisione del giudice dell’appello cautelare, e non contro l’ordinanza genetica del GIP. Questo esclude categoricamente la possibilità di saltare il primo grado di impugnazione.

La Suprema Corte ha rafforzato questo principio richiamando la disciplina delle misure cautelari reali nel codice di procedura penale (art. 325 c.p.p.), che presenta una struttura analoga. Anche in quel contesto, il ricorso diretto in Cassazione è un’eccezione, non la regola. Il sistema, sia per le persone fisiche che per gli enti, prevede un rapporto di alternatività tra il riesame (rimedio di merito) e il ricorso in Cassazione (rimedio di legittimità). L’assenza di una norma che consenta esplicitamente il ricorso per saltum in questo ambito lo rende inammissibile.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: le società e gli enti che subiscono una misura interdittiva ai sensi del D.Lgs. 231/2001 non possono accelerare i tempi processuali ricorrendo direttamente in Cassazione. Devono necessariamente seguire il percorso ordinario, presentando appello al tribunale del riesame. Solo dopo aver esaurito questo grado di giudizio, sarà possibile adire la Corte di Cassazione per denunciare eventuali violazioni di legge. La scelta di un rimedio processuale errato, come il ricorso per saltum, comporta una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e perdita di tempo prezioso per la difesa.

È possibile impugnare direttamente in Cassazione una misura interdittiva applicata a una società ai sensi del D.Lgs. 231/2001?
No, la sentenza chiarisce che il ricorso diretto in Cassazione (per saltum) non è ammissibile in questa materia. La legge prevede che l’impugnazione debba essere prima proposta al tribunale competente in funzione di giudice dell’appello cautelare.

Qual è il percorso corretto per impugnare un’ordinanza che applica una misura interdittiva a un ente?
Il rimedio corretto è l’appello cautelare davanti al tribunale “circondariale”, come previsto dall’art. 52, comma 1, del D.Lgs. 231/2001. Soltanto la decisione emessa da questo tribunale potrà essere, a sua volta, impugnata per violazione di legge davanti alla Corte di Cassazione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte lo ha dichiarato inammissibile perché la normativa specifica (art. 52 del D.Lgs. 231/2001) non contempla la possibilità di un ricorso per saltum. Il legislatore ha istituito un sistema di impugnazione a due gradi, escludendo la facoltà di omettere il primo grado di appello cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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