Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18590 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18590 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dalla società
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante avverso l’ordinanza emessa il 16/09/2024 dal Giudice per le indagini prelimin Tribunale di Cosenza;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Cosenza ha dis confronti della società RAGIONE_SOCIALE la misura interdittiva della escl agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi per la durata di mesi dieci, gravemente indiziata dell’illecito previsto dall’art. 24 d. I.gs 8 giugno 2001,
Il reato presupposto posto a fondamento dell’illecito è quello previsto dall’ar cod. pen.
Ha proposto ricorso diretto in cassazione la società indagata articolando tre motivi.
2.1.Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Giudice per le indagini preliminari ritenuto che il Pubblico ministero abbia nella specie avanzato una nuova e diversa domanda cautelare rispetto a quella, avente il medesimo oggetto, precedentemente proposta e che aveva portato lo stesso Giudice ad emettere un precedente titolo cautelare, poi dichiarato nullo per ragioni procedurali relative alla mancata fissazione dell’udienza prevista dall’art. 47 d. Igs m. 231 del 2001.
Rispetto alla misura successivamente disposta, si evidenzia, la difesa aveva fatto rilevare come la fissazione della udienza camerale prodromica alla emissione della ordinanza impugnata fosse tardiva in ragione della prima domanda; si aggiunge che l’abnormità della ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva revocato la prima misura interdittiva renderebbe nulli tutti gli atti successivi e dunque anche l seconda ordinanza, oggetto del presente procedimento.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge per non avere la Procura della Repubblica mai iscritto la società nel registro degli indagati.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge processuale e vizio di motivazione quanto alle esigenze cautelari e alla scelta della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Preliminare all’esame del merito dei motivo di ricorso GLYPH è la questione dell’ammissibilità del ricorso diretto in cassazione avverso il provvedimento con cui si dispone una misura interdittiva ai sensi del d. Igs n. 231 del 2001.
Il comma 2 dell’art. 52 del d.lgs in questione prevede che contro il provvedimento emesso dal tribunale «circondariale», in qualità di giudice dell’appello cautelare, è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge.
La formulazione della norma è tale da escludere la possibilità del ricorso immediato o per saltum in cassazione avverso l’ordinanza genetica, dal momento che l’oggetto dell’impugnazione è rappresentato dal «provvedimento emesso a norma del comma 1» della disposizione indicata, cioè dalla decisione del giudice d’appello e non dall’ordinanza cautelare (Sez. 6, n. 37985 del 22/09/2004, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 228835; Sez. 2, n. 32382 del 18/06/2004, Soc. Focus, Rv. 229674)
D’altra parte, l’art. 325 cod. proc. pen., al quale si ispira la disposizione in commento, dopo aver fatto riferimento nel comma 1 alla ricorribilità in cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell’art. 322-bis e 324 cod. proc. pen. – ipotesi corrispondente a quella prevista dall’art. 52 comma 2 – introduce al comma successivo
una deroga espressa, disciplinando il ricorso immediato in cassazione solo avverso il decreto di sequestro.
A favore della tesi dell’esclusione della immediata ricorribilità per cassazione militano peraltro anche ragioni di carattere sistematico fondate sul regime codicistico delle
impugnazioni, che devono sicuramente essere tenute presenti dal momento che l’analisi interpretativa del procedimento delineato dal d.lgs. n. 231/2001 deve, attraverso l’art.
34, continuamente richiamarsi alle disposizioni del codice di procedura penale.
Ed infatti, nel sistema delle misure cautelari il ricorso immediato per cassazione è
previsto sempre come alternativa alla richiesta di riesame (artt. 311, comma 2, e 325, comma, 2 cod. proc. pen.), ed è consolidata l’affermazione secondo cui l’utilità del
ricorso per saltum è
principalmente quella di far rilevare immediatamente il vizio di motivazione del provvedimento impugnato che, nel giudizio del riesame, sarebbe
irrilevante: in sostanza, risulterebbe rimessa alla scelta dell’interessato attivare meccanismo della procedura del riesame, che comporta un controllo di merito sui
presupposti probatori e cautelari, ma che può avere anche l’effetto di sanare gli eventuali vizi motivazionali dell’ordinanza, oppure ricorrere direttamente in cassazione,
ottenendo un controllo di mera legittimità, con effetto demolitorio della decisione solo se risulti carente di giustificazione.
La controprova del rapporto di alternatività che il codice ha prefigurato tra riesame e ricorso immediato per cassazione è peraltro offerta dal sistema delle impugnazioni delle misure interdittive (artt. 287-290 cod. proc pen.), in cui, all’esclusione del rimedi del riesame, sancito dall’art. 309, comma 1, cod. proc. pen. – che si riferisce alle sole misure coercitive – consegue, coerentemente, la non proponibilità del ricorso per saltum in cassazione.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 12 febbraio 2025.