Ricorso per riciclaggio: limiti e inammissibilità in Cassazione
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione chiarisce i confini invalicabili del giudizio di legittimità, confermando che un ricorso per riciclaggio non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La Corte ha dichiarato inammissibile l’appello di un’imputata, ribadendo un principio fondamentale: la valutazione delle prove è compito esclusivo dei giudici di merito e non può essere messa in discussione in Cassazione attraverso una semplice rilettura alternativa degli elementi processuali.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di una donna per il reato di riciclaggio. Secondo quanto accertato nei precedenti gradi di giudizio, l’imputata aveva compiuto una serie di operazioni per mascherare la provenienza illecita di un’autovettura. Nello specifico, aveva apposto sul veicolo la targa di un’altra automobile di sua proprietà, falsificando anche la relativa carta di circolazione. Per completare l’operazione, aveva sostituito il numero di telaio originale del mezzo con quello di un altro veicolo a lei riconducibile. Queste azioni, secondo i giudici di merito, erano finalizzate a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene, integrando così pienamente il reato di riciclaggio. L’identificazione dell’imputata come autrice del reato era stata considerata indubitabile, in quanto unica persona a trarre un beneficio diretto da tali condotte.
I Motivi del Ricorso per Riciclaggio e la Valutazione della Corte
L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione contestando la logicità della motivazione della sentenza d’appello. La difesa ha tentato di proporre una diversa ricostruzione dei fatti e una differente valutazione dell’attendibilità delle prove. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha prontamente respinto tale approccio, qualificandolo come inammissibile.
La Suprema Corte ha ricordato che il suo ruolo non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito, né di verificare la tenuta logica della sentenza confrontandola con altri possibili modelli di ragionamento. Il giudizio di legittimità si limita a controllare l’esistenza di vizi logici manifesti o di errori di diritto, non a riesaminare il merito delle prove. Poiché la motivazione della corte d’appello è stata ritenuta esente da vizi logici, il ricorso è stato dichiarato inammissibile su questo punto.
La Questione della Prescrizione
Un altro motivo di ricorso riguardava la presunta prescrizione del reato. La difesa sosteneva che il reato fosse estinto per il decorso del tempo. La Corte ha rigettato anche questa doglianza, specificando che il reato risultava commesso in una data prossima e antecedente all’1 febbraio 2010. Di conseguenza, il termine di prescrizione sarebbe maturato solo l’1 febbraio 2025. L’imputata, inoltre, non aveva fornito alcun elemento di prova certo che potesse retrodatare il tempus commissi delicti (il momento della commissione del reato), rendendo infondata la sua richiesta.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda su principi consolidati della procedura penale. In primo luogo, viene riaffermato il limite invalicabile del giudizio di cassazione: esso è un giudizio di legittimità, non di merito. Non è consentito presentare un ricorso che si limiti a proporre una lettura alternativa delle prove già vagliate nei gradi precedenti, a meno che non si dimostri un’illogicità manifesta e palese nella motivazione del giudice. Nel caso di specie, la ricostruzione dei giudici di merito era coerente e logicamente fondata sugli elementi acquisiti, come la sostituzione di targa, telaio e documenti, che univocamente conducevano all’imputata quale unica beneficiaria dell’operazione illecita. Di conseguenza, ogni ulteriore approfondimento istruttorio, come richiesto dalla difesa, è stato ritenuto irrilevante.
Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. Un ricorso non può essere un pretesto per ottenere una terza valutazione nel merito dei fatti. La condanna per riciclaggio è stata quindi confermata indirettamente attraverso la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. L’imputata è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione sottolinea la stabilità delle sentenze di merito quando la loro motivazione è immune da vizi logici e giuridici, chiudendo definitivamente la porta a tentativi di revisione fattuale in sede di legittimità.
Perché il ricorso dell’imputata è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la valutazione dei fatti e delle prove, tentando di offrire una ricostruzione alternativa. Questo non è consentito in Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare il merito della vicenda.
Quali azioni hanno portato alla condanna per riciclaggio?
L’imputata è stata condannata per aver alterato l’identità di un’autovettura di provenienza illecita. In particolare, ha apposto sul veicolo la targa di un’altra auto di sua proprietà, ha falsificato la carta di circolazione e ha sostituito il numero di telaio originale con quello di un altro veicolo a lei appartenente.
Il reato di riciclaggio era prescritto?
No. La Corte ha stabilito che il reato è stato commesso in un periodo prossimo all’1 febbraio 2010 e che il termine di prescrizione scadrà l’1 febbraio 2025. L’imputata non ha fornito prove sufficienti per dimostrare che il reato fosse stato commesso in una data antecedente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4124 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4124 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 18/02/1973
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando la illogicità della motivazione sulla base della diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento richiamando la sentenza di primo grado dalla quale risulta che la ricorrente aveva apposto sul mezzo di provenienza illecita la targa di un’automobile di sua proprietà falsificando anche la carta di circolazione dell’autovettura; inoltre, il numero di telaio del mezzo era stato sostituito con altro numero di telaio di automobile appartenente all’imputata, così da fugare ogni dubbio sulla sua identificazione come autrice del reato in quanto unico soggetto dal quale avrebbe tratto beneficio, rendendo irrilevante ogni ulteriore approfondimento istruttorio ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen.;
che il reato di riciclaggio non è prescritto in quanto risulta commesso in data antecedente e prossima all’I. febbraio 2010 (prescrizione all’I. febbraio 2025), senza che la ricorrente abbia fornito elementi certi per una retrodatazione del tempus commissi delicti;
che le considerazioni che precedono assorbono ogni altra deduzione difensiva, anche in relazione al contenuto della memoria depositata;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso, il 29/10/2024.