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Ricorso per ricettazione: quando è inammissibile

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso per ricettazione di un imputato condannato per la detenzione di oltre 500 supporti multimediali contraffatti. La Corte ha confermato la decisione di merito, ritenendo che il ricorso mirasse a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Le motivazioni su dolo, particolare tenuità del fatto e conversione della pena sono state giudicate logiche e adeguate.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Ricettazione: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile

Un ricorso per ricettazione presentato alla Corte di Cassazione non sempre porta a una nuova discussione del caso. Un’ordinanza recente chiarisce i limiti del giudizio di legittimità, confermando che la Suprema Corte non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. Analizziamo una decisione che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per aver detenuto e commerciato oltre 500 supporti multimediali contraffatti, facendo luce sui criteri di valutazione del dolo e della particolare tenuità del fatto.

I Fatti del Caso: La Condanna per Ricettazione

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.), confermata in secondo grado dalla Corte di Appello. L’imputato era stato trovato in possesso di oltre 500 supporti digitali privi del contrassegno ufficiale e con copertine palesemente fotocopiate. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano ritenuto provata la sua colpevolezza, basandosi sulla consapevolezza della provenienza illecita della merce.

Il Ricorso per Ricettazione in Cassazione

L’imputato ha presentato un ricorso per ricettazione alla Corte di Cassazione, contestando la sentenza d’appello su tre punti principali:

1. La motivazione sul dolo: Sosteneva che non fosse stata adeguatamente provata la sua intenzione di commettere il reato.
2. Il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Riteneva che il reato dovesse essere considerato non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p. per la sua scarsa gravità.
3. La mancata conversione della pena detentiva: Chiedeva che la pena carceraria fosse sostituita con una pena pecuniaria.

Inoltre, l’imputato aveva depositato una memoria per insistere ulteriormente sulle sue ragioni.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara spiegazione sui limiti del suo potere di giudizio e sulla correttezza delle decisioni dei giudici di merito.

Inammissibilità per Riproposizione delle Medesime Questioni

Il motivo principale dell’inammissibilità risiede nel fatto che il ricorso non sollevava vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già valutate e respinte dalla Corte di Appello. In sostanza, l’imputato cercava di ottenere una nuova e più favorevole valutazione delle prove, un’attività che è preclusa alla Corte di Cassazione, la quale agisce come giudice di legittimità e non di merito.

La Prova del Dolo nella Ricettazione

La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello sul dolo del tutto logica e non censurabile. L’intenzione di commettere il reato era stata correttamente dedotta da elementi oggettivi inequivocabili:

* La disponibilità di un’enorme quantità di merce (oltre 500 supporti).
* L’assenza del contrassegno ufficiale (SIAE).
* Le copertine chiaramente contraffatte.
* La versione dei fatti fornita dall’imputato, giudicata “del tutto inverosimile”, che ha ulteriormente rafforzato la prova della sua piena consapevolezza circa l’origine delittuosa dei beni.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Anche la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. è stata respinta sulla base di una motivazione solida. La Corte d’Appello aveva giustamente escluso la tenuità del fatto considerando tre fattori determinanti:

1. Le modalità della condotta: La detenzione di un ingente quantitativo di merce finalizzata al commercio.
2. Il valore non irrisorio della merce stessa.
3. I tre precedenti penali specifici a carico dell’imputato, che indicavano una tendenza a commettere reati della stessa natura.

Impossibilità di Conversione della Pena

Infine, la Corte ha confermato la decisione di non convertire la pena detentiva in pecuniaria. I giudici di merito avevano osservato che l’imputato era stato ammesso al gratuito patrocinio e che la sua unica fonte di reddito sembrava essere proprio il commercio di supporti contraffatti. Questa condizione rendeva evidente l’impossibilità di pagare una pena pecuniaria, la quale sarebbe risultata inefficace sia per la rieducazione del condannato sia come deterrente per la commissione di futuri reati.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. L’appello alla Suprema Corte deve concentrarsi su specifiche violazioni di legge o su vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. In materia di ricettazione, la decisione conferma che la consapevolezza dell’origine illecita della merce può essere provata attraverso elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, come la quantità e le caratteristiche dei beni. Inoltre, la presenza di precedenti specifici e le modalità organizzate della condotta sono ostacoli insormontabili all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione è considerato inammissibile quando non denuncia vizi di legittimità (errori di diritto o motivazione illogica), ma si limita a riproporre le stesse questioni di fatto già esaminate dai giudici di merito, sollecitando una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa alla Corte di legittimità.

Come viene provato il dolo nel reato di ricettazione di merce contraffatta?
Secondo la sentenza, il dolo (cioè la consapevolezza della provenienza illecita della merce) può essere provato attraverso elementi oggettivi, come la detenzione di una grande quantità di supporti (oltre 500), l’assenza del contrassegno ufficiale e la presenza di copertine fotocopiate. Anche una versione dei fatti inverosimile fornita dall’imputato può contribuire a dimostrarne la piena consapevolezza.

Perché la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere negata?
La particolare tenuità del fatto può essere esclusa quando, come nel caso di specie, la condotta presenta modalità gravi (detenzione di un ingente quantitativo di merce), il valore dei beni non è irrisorio e l’imputato ha precedenti penali specifici che indicano una certa propensione a commettere quel tipo di reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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