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Ricorso per ricettazione: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per ricettazione. L’appello si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in secondo grado, senza una critica specifica alla sentenza. La Corte ribadisce che la prova della provenienza illecita del bene può essere desunta anche dalla mancanza di una giustificazione plausibile del possesso.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Ricettazione: la Cassazione sui Limiti dell’Appello e la Prova del Reato

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di ricorso per ricettazione, offrendo importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità del ricorso stesso e sui criteri di prova per il reato contestato. La decisione sottolinea la netta distinzione tra il giudizio di merito, incentrato sulla valutazione delle prove, e il giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge.

I Fatti del Caso: un’Accusa di Ricettazione

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione, confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, trovato in possesso di documenti di provenienza illecita, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la mancata audizione della persona offesa (querelante) nel corso del processo e l’insufficienza delle prove a sostegno della sua colpevolezza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi di appello. La decisione si fonda su consolidati principi della procedura penale e del diritto sostanziale, ribadendo i confini invalicabili del giudizio di legittimità e i criteri per l’accertamento del reato di ricettazione.

Le Motivazioni: Analisi del Ricorso per Ricettazione

L’ordinanza della Cassazione offre una disamina dettagliata delle ragioni che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità. Le motivazioni si articolano su due fronti principali: uno procedurale e uno sostanziale.

L’Inammissibilità per Genericità dei Motivi

In primo luogo, la Corte ha ritenuto il primo motivo di ricorso, relativo alla mancata escussione del querelante, inammissibile per genericità. I giudici hanno sottolineato che un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le medesime doglianze già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. È necessario, invece, che l’appellante muova una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata, evidenziandone vizi logici o violazioni di legge. Nel caso di specie, il ricorso era una mera reiterazione di argomenti già vagliati, configurandosi più come un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito che come un’effettiva censura di legittimità. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un “terzo grado” di giudizio, ma di garante della corretta applicazione delle norme.

La Prova della Provenienza Delittuosa nella Ricettazione

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte lo ha giudicato manifestamente infondato. Ha richiamato due principi cardine in materia di ricettazione:
1. Prova del Reato Presupposto: Non è necessario che il delitto da cui provengono i beni (es. furto, truffa) sia accertato in ogni suo dettaglio. La provenienza delittuosa può essere desunta logicamente dalla natura e dalle caratteristiche dei beni stessi.
2. Elemento Soggettivo: La consapevolezza dell’origine illecita del bene (il dolo) può essere provata anche in via indiretta, in particolare attraverso la mancanza di una giustificazione attendibile da parte di chi viene trovato in possesso del bene. Se l’imputato non fornisce una spiegazione plausibile e verosimile sulla provenienza della cosa, il giudice può legittimamente dedurne la sua malafede.

La Corte territoriale, secondo la Cassazione, aveva correttamente applicato questi principi, motivando in modo congruo e logico la responsabilità dell’imputato, data l’assenza di qualsiasi dubbio ragionevole sull’origine illecita dei documenti in suo possesso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza alcuni punti fermi del nostro sistema processuale penale. In primo luogo, evidenzia l’importanza di redigere ricorsi per Cassazione specifici e non meramente ripetitivi, pena l’inammissibilità. In secondo luogo, conferma un approccio pragmatico alla prova del reato di ricettazione, consentendo ai giudici di basare la condanna su elementi logici e indiziari gravi, precisi e concordanti, come la mancanza di una giustificazione credibile da parte dell’imputato. La decisione serve da monito: il possesso ingiustificato di beni di dubbia provenienza costituisce un forte indizio di colpevolezza per il reato di ricettazione.

Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando manca di specificità, ossia quando si limita a riproporre argomenti già esaminati e respinti nei gradi precedenti senza muovere una critica concreta e argomentata alla sentenza impugnata, oppure quando mira a ottenere una nuova valutazione delle prove, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Come si prova il reato di ricettazione se non si conosce esattamente il delitto originario?
La provenienza delittuosa del bene non deve essere provata in ogni suo estremo fattuale. Può essere desunta logicamente dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso. Inoltre, l’elemento soggettivo, ovvero la consapevolezza dell’origine illecita, può essere dedotto dalla mancanza di una giustificazione attendibile da parte di chi possiede il bene.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un processo?
No, la valutazione delle prove e la scelta tra quelle ritenute più idonee a fondare la decisione sono apprezzamenti di fatto riservati esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione ha solo il compito di verificare che la motivazione della sentenza sia logica, coerente e non viziata da errori di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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