Ricorso per Ricettazione: Quando la Cassazione non può riesaminare i fatti
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del giudizio di legittimità, specialmente in relazione a un ricorso per ricettazione. Con l’ordinanza in esame, i giudici supremi hanno dichiarato inammissibile l’appello di un imputato, ribadendo un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna per il reato di ricettazione emessa dalla Corte d’Appello. L’imputato, non accettando la decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Il motivo principale del ricorso era incentrato sulla richiesta di riqualificare il reato da ricettazione a quello, meno grave, di incauto acquisto, previsto dall’art. 707 del codice penale. Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato nella valutazione del materiale probatorio, in particolare delle dichiarazioni testimoniali, giungendo a un’affermazione di responsabilità ingiusta.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una distinzione cruciale: il ruolo del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e quello del giudice di legittimità (la Cassazione).
L’imputato, pur lamentando formalmente una violazione di legge e un vizio di motivazione, stava in realtà chiedendo ai giudici supremi di effettuare una nuova e diversa valutazione delle prove. Voleva che la Cassazione sostituisse il proprio apprezzamento dei fatti a quello già compiuto nei precedenti gradi di giudizio, proponendo una lettura alternativa delle testimonianze e delle prove raccolte.
Le Motivazioni: i limiti del ricorso per ricettazione
La Corte ha chiarito che un simile approccio non è consentito in sede di legittimità. Il compito della Cassazione, come specificato dall’articolo 606 del codice di procedura penale, non è quello di stabilire se le prove siano state interpretate nel modo ‘migliore’, ma solo di verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e priva di vizi giuridici.
Nel caso specifico, i giudici hanno rilevato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e non illogica per escludere la derubricazione in incauto acquisto. Aveva spiegato chiaramente perché, sulla base degli elementi probatori acquisiti, tutti i presupposti del più grave reato di ricettazione fossero pienamente integrati. La Cassazione non può confrontare la motivazione della sentenza con altri possibili modelli di ragionamento o con le tesi della difesa, ma deve limitarsi a controllarne la tenuta logica interna. Poiché la motivazione della Corte territoriale era esente da vizi, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni
La pronuncia conferma un principio cardine del processo penale: il ricorso per ricettazione, come per qualsiasi altro reato, non può trasformarsi in un pretesto per ottenere un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. La valutazione delle prove e l’accertamento dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. Alla Corte di Cassazione spetta il ruolo di ‘guardiano della legge’, assicurando l’uniforme interpretazione del diritto e la correttezza logico-giuridica delle decisioni. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della manifesta infondatezza del suo ricorso.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di denunciare vizi di legittimità (errori di diritto o motivazione illogica), chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del processo, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Qual è la differenza fondamentale tra il reato di ricettazione e quello di incauto acquisto secondo la Corte?
Sebbene non entri nel dettaglio della distinzione, la Corte conferma la valutazione dei giudici d’Appello, i quali hanno ritenuto pienamente integrati tutti gli elementi costitutivi della ricettazione (incluso l’elemento soggettivo della consapevolezza della provenienza illecita del bene) e hanno fornito una motivazione logica per escludere la configurabilità del meno grave reato di incauto acquisto.
Cosa significa che la Corte di Cassazione è un ‘giudice di legittimità’ e non ‘di merito’?
Significa che la Corte di Cassazione non può valutare nuovamente le prove (ad esempio, l’attendibilità di un testimone) per decidere chi ha ragione o torto sui fatti. Il suo compito è controllare che la sentenza impugnata abbia applicato correttamente le leggi e che il ragionamento seguito dal giudice sia logico e coerente, senza entrare nel merito della ricostruzione fattuale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9737 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9737 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CASSANO ALLO IONIO il 10/12/1982
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
I
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di ricettazione ascritto all’odierno ricorrente e in relazione alla mancat riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 707 cod. pen., risulta formulato in term non consentiti in questa sede, poiché, seppur formalmente volto a contestare vizi riconducibili alle categorie di cui all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. pen invero, è teso a censurare la decisione in quanto fondata su una valutazione erronea del materiale probatorio, prospettando, così, una diversa lettura dei dati processuali e un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (con specifico riguardo alle dichiarazioni testimoniali), dovendosi invece ribadire la preclusione per la Corte di cassazione, non solo di sovrapporre il proprio apprezzamento delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, essendo essa riservata al giudice di merito, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
che deve sottolinearsi come, nel caso di specie, contrariamente a quanto contestato nel ricorso, la Corte territoriale, con motivazione esente da vizi, e facendo corretta applicazione dei principi di diritto consolidati nella giurisprudenza di legittimità (si vedano, in particolare, pagg. 2-4 della impugnata sentenza), ha chiarito con congrue e non illogiche ragioni il suo convincimento circa l’impossibilità di procedere ad una derubricazione della vicenda de qua nella fattispecie dell’incauto acquisto, ritenendo non condivisibili gli assunti difensivi e pienamente integrati tutti gli elementi costitutivi del reato di ricettazione a fronte dei pl elementi probatori puntualmente indicati;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17/12/2024.