Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22666 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22666 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MASSERANO il 29/02/1952
avverso la sentenza del 15/07/2024 del TRIBUNALE di ASTI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Asti che ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Asti con la quale egli era stato ritenuto responsabile del delitto di concorso in diffamazione e condannato alla pena ritenuta di giustizia;
rilevato che, con il primo motivo, il ricorso deduce il vizio di motivazione e la violazione della legge processuale in relazione all’art. 518, cod. proc. pen.;
ritenuto che esso sia manifestamente infondato in quanto prospettante enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e la giurisprudenza di legittimità, atteso che, come correttamente rilevato anche dai Giudici di merito, la locuzione “fatto nuovo” di cui all’art. 518 cod. proc. pen. denota un accadimento assolutamente difforme da quello contestato e l’emergere, in dibattimento, di accuse in nessun modo rintracciabili nel decreto di rinvio o di citazione a giudizio, laddove nel caso di specie, come è stato ben precisato dalla sentenza impugnata (si veda pag. 5 della sentenza impugnata), il nucleo essenziale delle condotte contestate è rimasto sostanzialmente invariato;
rilevato che, con il secondo motivo, il ricorso deduce l’illogidtà e la contraddittorietà della motivazione in relazione alla configurabilità del concorso di persone nel reato ai sensi dell’art. 110 cod. pen.;
ritenuto che esso sia inammissibile in quanto il medesimo prospetta deduzioni assolutamente generiche, prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che sorreggono la richiesta (v. pagg. 8-9 del ricorso);
rilevato che, con il terzo motivo, il ricorso deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 595 e 51, cod. pen. in relazione alla configurabilità della scriminante dell’esercizio di un diritto;
ritenuto che esso non sia consentito in sede di legittimità, atteso che la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello, secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 3), che la RAGIONE_SOCIALE* avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso;
rilevato che, con il quarto motivo, il ricorso prospetta la violazione delle norme processuali di cui agli artt. 79, 81 e 484, cod. proc. pen. in relazione alla eccezione
t, di tardività della costituzione di parte civile;
ritenuto che esso sia fondato su argomenti aspecifici, che ripropongono le stesse ragioni già valutate e ritenute infondate dalla Corte di appello, la quale ha
condivisibilmente ritenuto che l’eccezione si g stata formulata in maniera non
tempestiva, posto che all’udienza del 23 settembre 2016, dedicata all’esame delle questioni preliminari, la questione non era stata dedotta;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
tremila euro in favore della Cassa delle ammende,
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 maggio 2025.