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Ricorso per diffamazione: inammissibile se generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per diffamazione aggravata, stabilendo che i motivi di appello non possono limitarsi a proporre una diversa valutazione dei fatti. In questo caso, l’appellante contestava la natura offensiva di alcuni post online, ma i suoi argomenti sono stati ritenuti generici. La Corte ha confermato la correttezza della decisione di merito, che aveva valorizzato la gravità dell’accostamento della persona offesa alla mafia e riconosciuto il diritto al risarcimento sia alla persona fisica che all’impresa da essa amministrata. Di conseguenza, l’appellante è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per diffamazione: quando viene dichiarato inammissibile?

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione chiarisce i requisiti di ammissibilità per un ricorso per diffamazione, sottolineando che la genericità dei motivi e la mera riproposizione di una diversa lettura dei fatti non costituiscono una valida critica alla sentenza impugnata. Analizziamo questa ordinanza per comprendere meglio i principi applicati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per il reato di diffamazione aggravata, emessa dalla Corte di Appello di Firenze. La persona condannata aveva pubblicato online alcuni post ritenuti offensivi. Contro questa sentenza, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:

1. La violazione della legge penale e un vizio di motivazione riguardo alla reale offensività dei contenuti pubblicati.
2. Un’ulteriore violazione di legge e vizio di motivazione sulla sussistenza stessa del reato, contestando la valutazione dei diversi post.
3. La violazione delle norme sulla valutazione delle prove (art. 192 c.p.p.) e sul risarcimento del danno (art. 185 c.p.), contestando la decisione di risarcire sia la persona fisica offesa sia l’impresa da essa amministrata.

L’Analisi della Corte e il ricorso per diffamazione

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e li ha giudicati tutti inammissibili. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei limiti del giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in una terza istanza di merito per rivalutare i fatti.

La Genericità dei Motivi di Ricorso

I primi due motivi sono stati considerati inammissibili perché ritenuti generici. Secondo la Corte, l’appellante non ha mosso una critica specifica e puntuale al ragionamento giuridico della Corte di Appello, ma si è limitato a presentare una propria, alternativa interpretazione dei fatti. In particolare, non ha contestato efficacemente la motivazione della sentenza impugnata, la quale aveva correttamente evidenziato la capacità offensiva dei post, soprattutto per l’accostamento della persona offesa ad ambienti mafiosi. Un ricorso in Cassazione deve individuare vizi logici o giuridici nella decisione, non limitarsi a proporre una diversa ricostruzione dell’accaduto.

La Manifesta Infondatezza sul Risarcimento

Anche il terzo motivo, relativo alle statuizioni risarcitorie, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte di merito, secondo i giudici di legittimità, aveva spiegato in modo congruo e logico le ragioni per cui era stato riconosciuto un ristoro economico sia alla persona fisica che all’impresa. La diffamazione, infatti, aveva causato un danno autonomo e distinto a entrambi i soggetti: uno alla reputazione personale, l’altro all’immagine e alla credibilità commerciale dell’azienda.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel principio secondo cui il ricorso per cassazione non è una sede per riesaminare il merito della vicenda. La Corte ha ribadito che i motivi di ricorso devono essere specifici e non possono consistere in censure generiche o assertive. L’appellante non è riuscito a dimostrare un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva adeguatamente giustificato sia la responsabilità penale per diffamazione, data la gravità delle allusioni, sia la quantificazione del danno per entrambe le parti lese. L’inammissibilità del ricorso è stata quindi una conseguenza diretta della sua inadeguatezza a sollevare questioni di legittimità pertinenti.

Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Inammissibilità

La declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche conseguenze economiche per il ricorrente. In applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ravvisando una colpa nella proposizione di un ricorso palesemente inammissibile, la Corte ha imposto il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: un ricorso per diffamazione, come qualsiasi impugnazione in Cassazione, deve essere fondato su solide argomentazioni giuridiche e non su un semplice dissenso rispetto alla valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato generico?
Un ricorso è considerato generico quando non formula una critica specifica e giuridicamente fondata contro la decisione impugnata, ma si limita a proporre un’alternativa valutazione dei fatti già esaminati nei gradi di merito, senza individuare precisi errori di diritto o vizi logici nella motivazione del giudice.

È possibile ottenere un risarcimento del danno sia per una persona fisica che per l’impresa che amministra in un caso di diffamazione?
Sì, è possibile. La Corte ha confermato che, se la condotta diffamatoria lede sia la reputazione personale di un individuo sia l’immagine commerciale dell’impresa che egli amministra, possono essere riconosciuti due distinti diritti al risarcimento, in quanto si tratta di danni autonomi subiti da soggetti diversi.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, se la Corte ravvisa profili di colpa nell’aver presentato un’impugnazione palesemente infondata (come in questo caso), può condannare il ricorrente anche al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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