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Ricorso per cassazione: quando il vizio è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per cassazione avverso un’ordinanza di sequestro preventivo. La sentenza chiarisce che, in materia di misure cautelari reali, il ricorso è ammesso solo per violazione di legge e non per un semplice vizio di motivazione, a meno che questa non sia totalmente assente o meramente apparente, circostanza non riscontrata nel caso di specie.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione: I Limiti del Vizio di Motivazione nelle Misure Cautelari

Il ricorso per cassazione rappresenta un momento cruciale nel sistema giudiziario, ma i suoi confini sono rigorosamente definiti dalla legge. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i limiti stringenti per impugnare le ordinanze in materia di misure cautelari reali, come un sequestro. Il caso analizzato riguarda una società che si è vista respingere il ricorso contro il sequestro di 14 autovetture, offrendo spunti fondamentali sulla differenza tra ‘violazione di legge’ e ‘vizio di motivazione’.

I Fatti del Caso: Il Sequestro delle Autovetture

La vicenda ha origine da un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Isernia nei confronti di 14 autovetture. I veicoli erano stati acquistati all’asta da una società immobiliare, risultata aggiudicataria. Tuttavia, tali beni erano ritenuti collegati a un procedimento penale per reati di riciclaggio e autoriciclaggio a carico di un altro soggetto.

La società, ritenendo di aver utilizzato fondi di provenienza lecita per l’acquisto, ha impugnato il sequestro davanti al Tribunale del Riesame, il quale ha però confermato la misura cautelare. A questo punto, la società ha deciso di presentare un ricorso per cassazione contro la decisione del Riesame.

L’Appello e il Motivo del Ricorso per Cassazione

Il fulcro dell’argomentazione difensiva davanti alla Suprema Corte era centrato su un presunto ‘grave vizio motivazionale’ dell’ordinanza impugnata. Secondo la società ricorrente, il Tribunale del Riesame non avrebbe valutato adeguatamente le prove documentali fornite, che attestavano la provenienza lecita delle somme impiegate per l’acquisto all’asta. La motivazione del Tribunale, a dire della difesa, sarebbe stata illogica e incoerente, sovrapponendo piani di indagine diversi e non confutando le specifiche deduzioni difensive.

In sostanza, la società lamentava non tanto una violazione diretta di una norma di legge, quanto un difetto nel percorso logico seguito dai giudici del riesame per arrivare alla loro conclusione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara lezione sui limiti di questo strumento di impugnazione. Il ragionamento della Corte si basa su un principio cardine del diritto processuale penale sancito dall’art. 325 del codice di procedura penale.

In primo luogo, i Giudici hanno ricordato che il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in sede di riesame di misure cautelari reali (come il sequestro) può essere proposto solo per violazione di legge. Questo esclude, in linea di principio, la possibilità di contestare la decisione per vizi della motivazione, come l’illogicità o la contraddittorietà, che rientrano nella lettera e) dell’art. 606 c.p.p.

Esiste un’eccezione a questa regola: il vizio di motivazione può essere fatto valere solo quando la motivazione è talmente carente da essere considerata ‘inesistente’ o ‘meramente apparente’. Ciò si verifica quando il testo è incomprensibile o le argomentazioni sono così scoordinate da non permettere di ricostruire l’iter logico seguito dal giudice.

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che l’ordinanza del Tribunale del Riesame, sebbene contestata dalla difesa, presentava una motivazione. I giudici del riesame avevano spiegato le ragioni per cui, nonostante gli elementi forniti, permaneva il fumus (il sospetto fondato) che le somme utilizzate per l’acquisto dei veicoli fossero di provenienza illecita. La motivazione, quindi, esisteva e non era meramente apparente. Le critiche della ricorrente, secondo la Cassazione, miravano a ottenere un nuovo giudizio sul merito dei fatti e sulla valutazione delle prove, un’attività preclusa alla Corte di legittimità.

Le Conclusioni: Inammissibilità e Conseguenze Pratiche

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa pronuncia comporta non solo la conferma del sequestro, ma anche la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle Ammende.

La lezione pratica che si trae da questa sentenza è fondamentale: quando si intende presentare un ricorso per cassazione in materia di misure cautelari, è essenziale concentrarsi su specifiche violazioni di norme di legge. Contestare semplicemente la logicità o la completezza della valutazione delle prove effettuata dal giudice del riesame si traduce, nella maggior parte dei casi, in una declaratoria di inammissibilità, con conseguente spreco di tempo e risorse economiche.

È sempre possibile presentare un ricorso per cassazione per ‘vizio di motivazione’ contro un’ordinanza di sequestro?
No. In base alla sentenza, il ricorso avverso ordinanze emesse in sede di riesame di misure cautelari reali è generalmente consentito solo per ‘violazione di legge’. Il ‘vizio di motivazione’ può essere eccezionalmente dedotto solo se la motivazione è totalmente assente o meramente apparente, cioè così illogica da non rendere comprensibile il ragionamento del giudice.

Cosa significa che una motivazione è ‘meramente apparente’?
Una motivazione è ‘meramente apparente’ quando, pur essendo materialmente presente nel testo del provvedimento, è priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, tanto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice per giustificare la sua decisione.

Qual è la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La Corte di Cassazione non esamina il merito delle questioni sollevate. Il provvedimento impugnato diventa definitivo e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria (nel caso di specie, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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