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Ricorso per cassazione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per spaccio e tentata estorsione. Il ricorso per cassazione è stato respinto perché i motivi erano generici, non provati (come la presunta condizione di arresti domiciliari) e talvolta proposti per la prima volta in sede di legittimità. La sentenza chiarisce i requisiti di ammissibilità del ricorso e la validità del riconoscimento fotografico come prova atipica.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione Inammissibile: Analisi di un Caso di Stupefacenti e Prova Atipica

Il ricorso per cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, un momento cruciale in cui si può contestare la violazione di legge da parte dei giudici di merito. Tuttavia, per essere esaminato, il ricorso deve rispettare rigidi requisiti formali e sostanziali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre un’analisi dettagliata dei motivi che possono portare a una dichiarazione di inammissibilità, in un caso complesso che intreccia spaccio di stupefacenti, tentata estorsione e questioni probatorie come il riconoscimento fotografico.

I Fatti del Processo

Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato contro un’ordinanza del tribunale che aveva confermato la sua custodia cautelare in carcere. Le accuse a suo carico erano gravi: plurimi episodi di spaccio di sostanze stupefacenti e una fattispecie di tentata estorsione. La difesa, nel tentativo di ottenere una misura meno afflittiva, come gli arresti domiciliari, ha presentato un ricorso per cassazione basato su presunte violazioni di legge e vizi di motivazione da parte del tribunale.

I Motivi del Ricorso per Cassazione dell’Imputato

La difesa ha articolato il ricorso su due principali filoni argomentativi.

Primo Motivo: Violazione di Legge e Vizi di Motivazione

L’imputato contestava diversi aspetti dell’indagine e della valutazione del tribunale:

* Riconoscimento fotografico: Si lamentava una mancata verifica delle modalità con cui era avvenuto il riconoscimento fotografico da parte di un acquirente, ritenuto incerto.
* Regime degli arresti domiciliari: La difesa sosteneva che, al momento dei fatti, l’imputato si trovasse agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, rendendo inverosimile l’accusa di aver inseguito un acquirente, come da quest’ultimo raccontato.
* Genericità delle prove: Venivano contestate la mancata allegazione dell’album fotografico usato per il riconoscimento e l’irrilevanza attribuita dal tribunale a presunti errori nell’identificazione di un complice.
* Il nome ‘Pierino’: Si contestava che gli acquirenti avessero dichiarato di aver acquistato la droga da un tale ‘Pierino’ e non dall’imputato.

Secondo Motivo: Errata Qualificazione Giuridica

In secondo luogo, si chiedeva la riqualificazione del reato di spaccio nella fattispecie di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90), evidenziando il ridotto quantitativo di droga ceduta. Tale riqualificazione, secondo la difesa, avrebbe dovuto portare a una misura cautelare meno severa della detenzione in carcere.

La Decisione della Corte: il ricorso per cassazione è inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei requisiti di ammissibilità, che i motivi presentati dalla difesa non hanno superato.

La Genericità e la Mancata Prova dei Motivi

La Corte ha giudicato il primo motivo inammissibile per diverse ragioni. La critica al riconoscimento fotografico è stata definita ‘generica’. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: il riconoscimento fotografico in fase di indagini è una prova atipica, la cui validità dipende dall’attendibilità di chi lo compie. In questo caso, era stato ritenuto certo e affidabile.

Cruciale è stata la valutazione sulla presunta condizione di arresti domiciliari. La Corte ha evidenziato che tale circostanza non era stata adeguatamente provata e allegata nel ricorso, violando il principio di autosufficienza. La deduzione è apparsa quindi ‘assertiva e generica’. Allo stesso modo, le contestazioni sull’identità del complice o sulla precisa localizzazione dello spaccio all’interno dell’abitazione sono state considerate doglianze generiche che non incidevano sulla solidità del quadro accusatorio. Infine, riguardo al nome ‘Pierino’, la Corte ha rilevato che la motivazione del tribunale era completa, poiché da un’altra testimonianza emergeva che ‘Pierino’ era proprio il soprannome dell’imputato.

La Qualificazione del Reato e la Scelta della Misura Cautelare

Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha sostenuto la decisione del tribunale di non qualificare il fatto come di lieve entità. La valutazione complessiva degli elementi (modalità dell’azione, stabilità e organizzazione dell’attività di spaccio) giustificava l’accusa principale. Di conseguenza, anche la scelta della custodia in carcere è stata ritenuta corretta e ben motivata, data la proclività a delinquere dell’imputato, la sua biografia penale e il senso di impunità dimostrato spacciando dalla propria abitazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La motivazione della Corte si concentra sui principi cardine del giudizio di legittimità. Un ricorso per cassazione non può limitarsi a una generica contestazione delle conclusioni del giudice di merito, né può essere utilizzato per tentare una nuova valutazione dei fatti. Deve, invece, individuare specifiche violazioni di legge o vizi logici manifesti nella motivazione del provvedimento impugnato. Nel caso di specie, i motivi sono stati giudicati generici perché non si confrontavano puntualmente con le ragioni esposte dal tribunale, oppure si basavano su circostanze fattuali (come gli arresti domiciliari) non dimostrate secondo le forme previste, rendendo il ricorso non autosufficiente. La Corte ha inoltre ribadito che non ogni omissione motivazionale costituisce un vizio, ma solo quella che riguarda un punto decisivo e che, se valutato, avrebbe potuto portare a una diversa conclusione.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma l’importanza di una redazione rigorosa e puntuale del ricorso per cassazione. Le censure devono essere specifiche, autosufficienti e pertinenti, evitando di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito. La decisione chiarisce inoltre la natura e l’utilizzabilità del riconoscimento fotografico come prova atipica, la cui efficacia è legata alla credibilità della fonte, e sottolinea come la scelta della misura cautelare debba fondarsi su una valutazione completa della personalità dell’indagato e del contesto criminale, non solo sulla qualificazione giuridica del singolo fatto.

Quando un riconoscimento fotografico è considerato una prova valida nel processo penale?
Secondo la sentenza, il riconoscimento fotografico effettuato in sede di indagini è una ‘prova atipica’. La sua validità e rilevanza probatoria dipendono dall’attendibilità accordata dal giudice alla deposizione della persona che lo ha compiuto. Se il riconoscimento è effettuato con assoluta certezza e corroborato da altri elementi (come contatti telefonici), può essere ritenuto una prova valida.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile per diverse ragioni, come evidenziato nella sentenza. Tra queste vi sono: la genericità dei motivi, quando le censure non sono specifiche e non si confrontano con la motivazione della decisione impugnata; la violazione del principio di autosufficienza, quando il ricorso non contiene tutti gli elementi necessari per essere deciso senza consultare altri atti; la proposizione di questioni nuove, mai sollevate nei precedenti gradi di giudizio.

Cosa deve dimostrare chi presenta un ricorso basandosi su una propria condizione personale, come gli arresti domiciliari?
La parte che basa un motivo di ricorso su una circostanza di fatto (come trovarsi agli arresti domiciliari al momento del reato) ha l’onere di dimostrare e allegare tale circostanza nel ricorso stesso. Se la circostanza non ‘risulta dimostrata e allegata’, la relativa deduzione viene considerata meramente assertiva e generica, e quindi non può essere presa in considerazione dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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