Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44539 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44539 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Policoro il 10/03/1988
avverso l’ordinanza del 16/05/2024 del Tribunale del riesame di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso. udito il difensore, avvocato NOME COGNOME in sostituzione dell’avvocata NOME COGNOME NOME COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Potenza, in parziale riforma del provvedimento con cui era stata emessa la misura cautelare in carcere da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza nei confronti di NOME COGNOME ne ha disposto l’annullamento limitatamente al provvisoriamente contestato delitto di cui al capo 16 (tentato omicidio), ha riqualificato l’associazione dedita al narcotraffico di cui al capo 31, ai sensi dell’art. 74, comma 4 e 6, d.P.R. n. 309 del 1990, i reati-fine, in materia di stupefacenti
(capi 48, 51, 55, 58, 64), ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990′ sostituendo la misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando i motivi di seguito enunciati afferenti i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari, esposti nei limiti di cui all’art. 173, comma 1., disp. att. cod. proc. pen. ·
2.1. Con il primo motivo deduce ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizi di motivazione in ordine alla ritenuta gravità indiziaria per i contestati delitti di cui all’art. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e mancanza di motivazione in ordine ai motivi nuovi depositati all’udienza camerale.
Si censura l’ordinanza del Tribunale che si è limitata a riportare quanto contenuto nell’informativa di polizia giudiziaria, a sua volta ripreso dal Pubblico Ministero e poi fatto proprio dal Giudice delle indagini preliminari, senza però evidenziare quali siano gli elementi significativi che hanno consentito di ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine all’ipotesi associativa, seppure riqualificata ex art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, con l’esclusione delia aggravante di cui al comma 4, e non, invece, la sussistenza di plurime ipotesi di cessione di modica quantità di sostanza stupefacente se del caso rilevanti ex art. 110 e 81 cod. pen.
Non è stata motivata – si assume – la partecipazione del ricorrente al sodalizio illecito, essendosi l’ordinanza limitata a riprodurre le numerose intercettazioni che però non riguardano NOME COGNOME.
La difesa rileva la scarsa consistenza della struttura associativa che era caratterizzata da insufficienti risorse economiche, dato dimostrato dal fatto che i suoi sodali non riuscivano a pagare le forniture dello stupefacente, acquistato spesso a credito, e dall’assenza di un rapporto permanente tra i presunti associati ed il ricorrente che non può essere provato attraverso la mera evocazione dei plurimi reati di detenzione e spaccio ex art. 73, comma 5, d.P.R. cit.
2.2. Con il secondo motivo si deducono ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. vizi di motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
La difesa osserva, da un canto, come le contestazioni riguardano un di tempo ormai datato senza che medio tempore il ricorrente sia incorso in violazioni di natura penale, dall’altro, come costui, contrariamente a quanto erroneamente riportato nell’ordinanza, non abbia subito alcuna condanna nel 2014; in tal senso depone la stessa richiesta del pubblico ministero che, nel ricapitolare i procedimenti definitivi, evidenzia alcuni decreti penali di condanna ed una sola
condanna a nove mesi di reclusione con sospensione condizionale della pena per un fatto commesso nel 2013.
Il ricorrente rileva, infine, come la qualifica di organizzatore mal si concili con scarsità di mezzi dell’associazione e l’assenza di sequestri di beni mobili o immobili, e con la contestata ipotesi, per come riqualificata, di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene la Corte che il ricorso vada rigettato, per le ragioni di seguito precisate.
Il primo motivo attraverso il quale in maniera ondivaga si censura la ordinanza, sia in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza circa l’esistenza dell’associazione dedita al narcotraffico – riqualificata ai sensi dell’art 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 – e la partecipazione alla medesima del ricorrente, sia in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari (pag. 12 ricorso) è generico in quanto privo di specifica censura ed eccentrico rispetto al titolo del motivo che accenna a mancate risposte in ordini ai motivi aggiunti depositati in udienza la cui rilevanza questa Corte non è in grado di analizzare; è, infatti, «inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino a lamentare l’omessa valutazione, da parte del giudice d’appello, delle censure articolate con il relativo atto di gravame, rinviando genericamente ad esse, senza indicarne specificamente, sia pure in modo sommario, il contenuto, al fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità (ex multis, Sez. 2, n. 9029 del 05/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258962).
Seppure debba darsi atto che il Tribunale ha riprodotto le plurime intercettazioni contenute nell’ordinanza genetica per ogni aspetto sottoposto a critica in sede di riesame, si osserva come il Collegio della cautela abbia dato conto delle ragioni per cui ha ritenuto esistente l’associazione dedita al narcotraffico, ciò facendo attraverso l’esame e vaglio dei profili che hanno condotta a riqualificare la stessa ex art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990: la decisione evidenzia gli elementi caratterizzanti un’associazione eminentemente dedita alla detenzione e cessione di modiche quantità di sostanza stupefacente, la rudimentale struttura prevalentemente fondata sul fattore personale e familiare dei partecipi dotata di propri canali di approvvigionamento ai quali attingevano anche attraverso metodi tesi a raggirare i fornitori, il comune linguaggio utilizzato e la condotta finalizzata al perseguimento dello scopo del sodalizio (da pag. 206 a pag. 210) secondo le
indicazioni fornite da NOME COGNOME e, in seguito alla sua morte, da NOME COGNOME (pag. 211 e 212).
Quanto al contributo fornito al sodalizio dal ricorrente (sintesi da pag. 212 a pag. 215), il Tribunale ha valorizzato, ritenendole significative, le risultanze emerse in occasione dell’accertata sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati fine, allorché il Tribunale ha messo in risalto le modalità di collaborazione del ricorrente alla compagine attraverso i significativi rapporti con i venditori al dettaglio dello stupefacente inseriti nel contesto associativo e la valorizzazione del vincolo che lo legava ai suoi vertici.
Contrariamente a quanto riportato nel ricorso, in cui si afferma che il Tribunale avrebbe escluso la sussistenza dell’aggravante di cui al comma 4 dell’art. 74, d.P.R. cit., deve invece rilevarsi come il Collegio della cautela la abbia ritenuta esistente, seppure nei limiti del giudizio incidentale (motivazione a pag. 214 e 215), giudizio non oggetto di censura; analoga omessa censura si rinviene in ordine alla ritenuta gravità indiziaria riguardante i singoli reati fine contestati i via provvisoria, la cui deduzione è enunciata nel titolo del paragrafo del primo motivo.
Il tentativo della difesa di confutare la ritenuta partecipazione al sodalizio attraverso irrilevanti riproduzioni di giurisprudenza di questa Corte, vaghi accenni a questioni attinenti alle esigenze cautelari (di cui al secondo motivo) e attraverso la riproduzione di espressioni di mero dissenso, risultano prive della necessaria articolazione e improduttive di effetti in merito alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (in tal senso l’ormai pacifico principio di diritto secondo cui, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di cassazione spetta solo il compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11. del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460).
3. Infondato risulta il motivo con cui si rivolgono censure alle ritenute esigenze cautelari.
L’ordinanza, con motivazione adeguata, ha valorizzato il contesto associativo, nell’ambito del quale il ricorrente operava e, seppure il Tribunale della cautela abbia ritenuto insussistenti, in ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. cit., le
presunzioni di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (sussiste, invero, ormai solido indirizzo giurisprudenziale di questa Corte secondo cui la presunzione di adeguatezza esclusiva della misura della custodia cautelare in carcere di cui all’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen. non opera in relazione al reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti costituita al fine di commettere fatti di lieve entità (Sez. U, n. 34475 del 23/06/2011, COGNOME, Rv. 250351 – 01), ha comunque apprezzato la professionalità dimostrata nella realizzazione dei reati fine, posti in essere reiteratamente ed in forma associativa, dando adeguata rilevanza al rinvenimento e sequestro dello stupefacente in occasione dell’esecuzione della misura cautelare; detti elementi danno conto del corretto vaglio operato dal Collegio della cautela in ordine alla sussistenza della attualità e concretezza delle esigenze cautelari.
Generico risulta il tentativo di confutare la sussistenza del valorizzato precedente specifico per reato commesso nel 2014 sulla base di quanto contenuto in un allegato alla richiesta di misura cautelare del Pubblico Ministero ove sarebbero stati indicati i precedenti penali di COGNOME COGNOME tenuto conto che il Tribunale del riesame ha fatto riferimento al più pertinente contenuto del Certificato del casellario giudiziario che il ricorrente omette di richiamare a sostegno della del dedotto travisamento.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente v condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19/11/2024