Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 45255 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 45255 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso di NOME COGNOME nato a FOGGIA il 18/07/1951 nel procedimento a carico di:·
NOME nato a VASTO il 08/06/1978
COGNOME NOME nato a VASTO il 03/03/1970
NOME nato a VASTO il 16/04/1947
NOME nato a VASTO il 21/10/1946
COGNOME NOME nata a VASTO il 29/07/1949
NOME nato a VASTO il 27/02/1966
NOME nata a VASTO il 22/07/1977
COGNOME NOME nato a VASTO il 13/12/1984
COGNOME NOME nata a VASTO il 27/12/1990
COGNOME NOME nata a L’AQUILA il 04/08/1967
avverso l’ordinanza del 23/04/2024 del GIP TRIBUNALE di VASTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso, lette le memorie dell’avv. NOME COGNOME per COGNOME, COGNOME e COGNOME, dell’avv. NOME COGNOME per COGNOME e COGNOME, dell’avv. NOME COGNOME
COGNOME, dell’avv. NOME COGNOME, dell’avv. NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 23 aprile 2024 il G.i.p. del Tribunale di Vasto, all’esito dell’udienza camerale per l’opposizione della persona offesa, ha archiviato il procedimento a carico degli odierni resistenti per il reato di abuso d’ufficio.
Il ricorrente espone in fatto di disporre di due immobili situati dinanzi a un centro sportivo ove era stato realizzato un campo di padel che produceva rumori superiori ai livelli di normale tollerabilità. Eseguito l’accesso agli atti, ave scoperto che il campo era stato realizzato senza l’autorizzazione paesaggistica e che l’intera struttura era stata concessa in uso ad un’associazione polisportiva il cui legale rappresentante era imparentato con un assessore comunale. Lamenta in diritto la violazione di legge perché il G.i.p. aveva accolto la richiesta archiviazione del P.m. per assenza dei presupposti del reato, laddove la delibera di giunta comunale era stata adottata in assenza dell’autorizzazione paesaggistica ed era stata votata dall’assessore, parente del legale rappresentante dell’associazione.
I resistenti menzionati in epigrafe hanno trasmesso delle memorie con cui hanno chiesto l’inammissibilità del ricorso. Gli avv. COGNOME COGNOME e COGNOME hanno chiesto anche la liquidazione delle spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché presentato al di fuori dei casi consentiti dalla legge, come correttamente rilevato dal Procuratore generale nella sua requisitoria. L’art. 410-bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 103 del 2017, che ha pure abrogato il previgente comma 6 dell’art. 409 del medesimo codice; nel ridefinire gli esiti decisori del procedimento di archiviazione, consente la presentazione di un reclamo avverso il provvedimento di archiviazione adottato dal giudice per le indagini preliminari, ma esclude che contro la decisione su tale reclamo sia proponibile il ricorso per cassazione. Tale rimedio è attivabile solo in caso di abnormità dell’atto gravato e non anche per lamentarne l’illegittimità per uno dei vizi elencati nell’art. 606 cod. proc. pen. (si veda da ultimo, Sez. 2, n. 28583 del 02/07/2024, Chen, Rv. 286726-01).
Nel caso in esame, il ricorrente ha articolato un motivo per violazione di legge e nulla ha allegato in merito all’abnormità, vizio che ricorre solo nel caso in
cui il provvedimento, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ovvero, pur essendo in astratto manifestazione di un legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. L’abnormità dell’att processuale, dunque, può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (in questo senso, ex plurimis, Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243599).
Qui non ricorre nessuna delle due ipotesi. Il ricorrente infatti si è limitato a contestare la tesi propugnata dal P.m. e accolta dal G.i.p. in merito all’insussistenza dei presupposti di legge per l’abuso d’ufficio, insistendo sull’inesistenza dell’autorizzazione paesaggistica al momento della delibera di giunta e ventilando un astratto conflitto d’interessi tra il legale rappresentante dell’associazione e uno dei componenti della giunta comunale. Il G.i.p. ha già risposto con motivazione ineccepibile a tali rilievi critici con l’ordinanza d archiviazione. Peraltro, non può non evidenziarsi ulteriormente che la tesi della persona offesa che insiste sull’astratta configurabilità del reato di abuso di ufficio non si confronta affatto con la sua sopravvenuta abrogazione per effetto dell’art. 1, comma 1, lett. b), legge 9 agosto 2024, n. 114.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Nulla per le spese in favore dei resistenti che le hanno richieste, perché l’ordinamento non contempla la possibilità di liquidare le spese alla parte privata nell’ambito di tale tipo di procedimento, né nella fase di merito (Sez. 2, n. 44583 del 10/10/2014, COGNOME, Rv. 260691 – 01 e Sez. 4, n. 10989 del 23/01/2014, COGNOME, Rv. 262085 – 01) né in quella successiva di legittimità. Peraltro, si evidenzia che le memorie depositate non recano argomenti giuridici significativi oltre a quello processuale già esaurientemente rappresentato dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione nella sua requisitoria.
3
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende Così deciso, il 7 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente