Ricorso per Cassazione: Perché Non Si Possono Ridiscutere le Prove
Il ricorso per cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma le sue funzioni sono spesso fraintese. Non si tratta di un ‘terzo processo’ dove si possono ridiscutere i fatti e le prove, ma di un controllo sulla corretta applicazione della legge. Una recente ordinanza della Suprema Corte lo ribadisce con forza, dichiarando inammissibile un ricorso basato proprio su una diversa interpretazione delle prove. Analizziamo insieme la decisione per capire i confini di questo importante strumento processuale.
Il caso in esame: condanna e ricorso in Cassazione
I fatti alla base della vicenda riguardano una condanna emessa dalla Corte d’Appello per reati gravi: rapina, ricettazione e violazione della legge sulle armi. La difesa dell’imputato, non condividendo la decisione dei giudici di merito, ha deciso di presentare ricorso per cassazione.
I motivi del ricorso si concentravano su presunti vizi di motivazione e violazioni di legge nella valutazione del materiale probatorio. In particolare, la difesa contestava il modo in cui erano state considerate le dichiarazioni della persona offesa, le immagini della videosorveglianza e le annotazioni della polizia giudiziaria.
La tesi difensiva: una valutazione delle prove da rifare
Secondo il ricorrente, i giudici di secondo grado avevano affermato la sua responsabilità penale basandosi su una lettura delle prove non corretta. L’obiettivo della difesa era, in sostanza, quello di ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione degli elementi probatori, che portasse a una conclusione differente rispetto alla condanna.
I limiti del ricorso per cassazione secondo la Corte
La Corte di Cassazione ha respinto completamente questa impostazione. I giudici hanno chiarito che il ricorso per cassazione non è la sede adatta per criticare la ‘persuasività’ del ragionamento dei giudici di merito o per proporre una ‘differente comparazione’ delle prove. Questo tipo di critiche rientrano nelle cosiddette ‘doglianze in punto di fatto’ e sono, per legge, inammissibili.
La Corte ha specificato che il suo compito è un ‘giudizio di legittimità’, non un ‘giudizio di merito’. Può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è:
* Mancante: quando non esiste affatto.
* Manifestamente illogica: quando il ragionamento è palesemente contrario alla logica comune.
* Contraddittoria: quando le diverse parti della motivazione si escludono a vicenda.
Nel caso specifico, la sentenza della Corte d’Appello è stata ritenuta ‘congruamente motivata’, logica e priva di contraddizioni. Pertanto, ogni tentativo di rimettere in discussione il suo contenuto fattuale era destinato a fallire.
Le motivazioni
La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra il giudizio di merito (primo e secondo grado) e il giudizio di legittimità (Cassazione). I giudici hanno evidenziato che il ricorrente, sotto l’apparenza di denunciare vizi di legge, stava in realtà cercando di ottenere una terza valutazione dei fatti, cosa che non rientra nelle competenze della Cassazione. La Corte ha citato un proprio precedente (Sez. 6, n. 13809/2015), rafforzando l’idea che non sono ammissibili censure che ‘attaccano’ l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o la persuasività della motivazione, se questa non è palesemente illogica o assente. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: presentare un ricorso per cassazione è un’opzione valida solo in presenza di precise violazioni di legge o di vizi motivazionali gravi e palesi. Sperare che la Suprema Corte possa semplicemente ‘cambiare idea’ sulla base delle stesse prove già valutate nei gradi precedenti è un errore strategico che porta non solo alla conferma della condanna, ma anche a un’ulteriore condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione diventa così definitiva, chiudendo ogni possibilità di ulteriore appello.
È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione il modo in cui i giudici di merito hanno valutato le prove (es. testimonianze, video)?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha chiarito che lamentele di questo tipo sono ‘mere doglianze in punto di fatto’ e non sono ammesse nel giudizio di legittimità, che si occupa solo di violazioni di legge e non di una nuova valutazione delle prove.
Quali sono i vizi di motivazione che possono essere fatti valere con un ricorso per cassazione?
Il ricorso è ammesso solo per vizi gravi come la mancanza totale della motivazione, la sua manifesta illogicità o la sua contraddittorietà intrinseca. Non sono sufficienti critiche sulla persuasività, l’inadeguatezza o la puntualità del ragionamento del giudice, se questo non è palesemente viziato.
Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. La decisione impugnata, a questo punto, diventa definitiva e non più contestabile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44912 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44912 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CAVALIERE NOMECODICE_FISCALE) nato a PAGANI il 14/05/1984
avverso la sentenza del 14/06/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il motivo di ricorso con il quale la difesa dell’imputato eccepisce violazione di legge e vizi di motivazione della sentenza impugnata in relazione ai canoni di prova (dichiarazioni della persona offesa, immagini di videosorveglianza, annotazioni di P.G. e rinvenimento del motociclo) sui quali è stata affermata la penale responsabilità del ricorrente in relazione ai contestati reati di rapina, ricettazione e violazione della legge sulle armi non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto;
che la sentenza impugnata risulta congruamente motivata proprio sotto i profili dedotti da parte ricorrente ed inoltre, detta motivazione, non è certo apparente, né “manifestamente” illogica e tantomeno contraddittoria;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con argomentazioni esenti da criticità giustificative, le ragioni del loro convincimento, non sindacabili in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 4 – 7);
che parte ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione di legge nella valutazione del materiale probatorio, tenta in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito;
che in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 novembre 2024.