Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 16354 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 16354 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SIRACUSA il 23/05/1983
avverso l’ordinanza del 23/10/2024 del TRIBUNALE di SIRACUSA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Pubblico ministero presso il Tribunale di Siracusa procede per l’ipotesi di cui agli artt. 73 comma 4 e 80 d.P.R. 309/90 con riferimento a un rilevante traffico di sostanze stupefacenti che vedeva coinvolto, fra gli altri, l’odierno ricorrente.
Nell’ambito di tale procedimento erano sottoposti a sequestro preventivo, con decreto GIP del 31/8/2024, € 63.920,00 in banconote di vario taglio rinvenute in due buste collocate nei cassetti di una scrivania ubicata all’interno della palestra RAGIONE_SOCIALE, sul cui uscio Listo si trovava posizionato al momento dell’intervento degli operanti.
L’ipotesi di accusa muove dalle immagini riprese dalle telecamere installate nei pressi dell’abitazione di uno degli indagati, che avevano consentito alla PG di procedere, il 31/5/2024, al sequestro di kg. 3,200 di hashish e di kg. 5 di marijuana e, in seguito, per effetto della collaborazione di uno degli indagati, di ulteriori kg. 30,00 di hashish e di kg. 3 di marijuana. L’ordinanza, ancora, ricostruisce dettagliatamente gli indizi fondanti il sequestro, soffermandosi sulle immagini riprese dalla telecamera e ricostruendo i messaggi telefonici rinvenuti sui telefoni degli indagati.
In data 13/9/2024, il difensore di COGNOME ha proposto istanza di revoca del sequestro deducendo, si legge nell’ordinanza impugnata, da una parte, l’assenza di indizi in ordine al coinvolgimento dell’indagato nell’attività di spaccio contestat e, dall’altra, la mancanza di elementi che collegavano il denaro all’attività illecit
Avverso il provvedimento di rigetto, depositata dal GIP il 23/9/2024, ha proposto appello l’indagato che il Tribunale di Siracusa, il 23/10/2024, ha respinto.
Tale ordinanza costituisce l’oggetto del ricorso in valutazione.
La difesa denuncia la violazione di legge sostanziale in “riferimento all’art. 321 comma 1 e comma 2 cod. proc. pen.” deducendo che “l’esteso arco temporale decorso fra gli accadimenti del 31/5/2024 e il rinvenimento del denaro, avvenuto il 27/8/2024,” e l’attività imprenditoriale svolta da COGNOME, siccome rivelato dal “documentazione bancaria e relativa alle attività di lavoro …versata in atti” impediscono ogni collegamento fra le banconote e l’ipotesi di reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, giacché proposto fuori dai casi previsti dalla legge. Giova preliminarmente ricordare, in relazione alla dedotta inosservanza dell’art. 321 del codice di rito, che nella nozione di “violazione di legge”, per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non la contraddittorietà o l’illogicità manifesta della stessa, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004; si vedano anche, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, e Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno; seguite da Sez. 6, n. 7472, del 21/1/2009, Rv. 242916; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Chiesi; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, COGNOME; Sez. 2, n. 5807, del 18/1/2017, Rv. 269119; più recentemente, Sez. 6, n. 4857, del 14/11/2018, dep. 2019).
Venendo, quindi, alle censure difensive, il Tribunale ha fornito un’esaustiva ricostruzione delle attività di indagine che sorregge l’ipotesi accusatoria coinvolgente Listo dal ricorso totalmente ignorata.
Inoltre, il Tribunale si è fatto carico di analizzare gli elementi integrant periculum in mora e l’incidenza che la documentazione prodotta della difesa poteva avere al fine di dimostrare l’origina lecita del denaro.
Anche tale parte della motivazione è ignorata dal ricorso che si limita genericamente a ribadire la valenza significativa della documentazione contabile e il tempo trascorso fra i sequestri della droga e quello del denaro, senza però confrontarsi con gli argomenti del Tribunale.
Il motivo è, quindi, privo dei requisiti di cui all’art. 591, lett. c), in rel all’art. 581 c.p.p., lett. c), perché le doglianze in esso contenute sono prive del necessario elemento di critica “specifica” al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. In più le censure difensive rendono palese che la parte, attraverso il Cimald~Fffla e della violazione di legge, si duole di un argomentare in fatto che non apprezza l’efficacia determinante degli elementi offerti dalla difesa, continuando ad opporre le proprie considerazioni a quelle del Tribunale in tema di valenza significativa della documentazione prodotta e delle modalità di custodia del denaro. Evidente, pertanto, che il ricorso si sviluppa, a tutto voler concedere, in una denuncia di manifesta illogicità della motivazione non apprezzabile in questa sede.
In conclusione, il ricorso proposto nell’interesse del ricorrente deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente stesso, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/3/2025