Ricorso per Cassazione: Quando la Valutazione dei Fatti è Insindacabile
Il ricorso per cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma i suoi confini sono ben definiti. Non è una terza istanza di merito dove si possono ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione lo ribadisce con forza, dichiarando inammissibile l’appello di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio. Analizziamo il caso e le importanti lezioni che ne derivano.
I Fatti del Processo
Un individuo veniva condannato dalla Corte d’Appello per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. Era stato trovato in possesso di cocaina, suddivisa in 12 involucri dai quali si potevano ricavare 23 dosi. Al momento del controllo, l’imputato aveva tentato di disfarsi della sostanza gettandola sull’asfalto. La condanna per finalità di spaccio, e non di uso personale, si basava su elementi precisi: la testimonianza di una persona che aveva affermato di aver fissato un appuntamento con l’imputato proprio per acquistare la droga.
I Motivi del Ricorso per Cassazione dell’Imputato
L’imputato presentava un ricorso per cassazione basato su due principali doglianze:
1. Errata valutazione della finalità: Sosteneva che la detenzione fosse finalizzata all’uso personale e che la motivazione della sentenza d’appello fosse carente su questo punto.
2. Vizio di motivazione sul bilanciamento delle circostanze: Contestava il giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti e quelle aggravanti, ritenendo che le prime avrebbero dovuto prevalere.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha respinto entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su principi cardine del processo penale e dei limiti del giudizio di legittimità.
Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici supremi hanno sottolineato che le argomentazioni dell’imputato non rientravano nel numerus clausus dei motivi ammessi in Cassazione. Invece di denunciare un errore di diritto, il ricorrente stava tentando di ottenere una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti, attività riservate esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione congrua e logica, basando la finalità di spaccio sulla testimonianza, sul numero di dosi e sul tentativo di disfarsi della sostanza.
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha ricordato che il bilanciamento delle circostanze, previsto dall’art. 69 del codice penale, è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Tale scelta è sindacabile in Cassazione solo se la motivazione è assente o palesemente illogica. Nel caso di specie, la decisione di considerare equivalenti le circostanze (e quindi non ridurre ulteriormente la pena) era stata giustificata in modo adeguato, facendo leva sui precedenti penali specifici e recenti dell’imputato. Di fronte a questo dato, il quantitativo non particolarmente elevato di stupefacente è passato in secondo piano.
Le Motivazioni della Decisione
L’ordinanza è istruttiva perché cristallizza due concetti fondamentali.
I Limiti del Ricorso per Cassazione
Il primo è che il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio. La Corte Suprema non riesamina le prove (non risente i testimoni, non analizza nuovamente i reperti), ma si limita a verificare che i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato le loro decisioni in modo logico e coerente. Qualsiasi ricorso che miri a rimettere in discussione l’accertamento dei fatti è destinato all’inammissibilità.
La Discrezionalità nel Giudizio di Comparazione
Il secondo concetto riguarda il bilanciamento delle circostanze. Il giudice ha un’ampia discrezionalità nel decidere se le attenuanti debbano prevalere, essere equivalenti o soccombere alle aggravanti. Questa scelta, se supportata da una motivazione logica come il richiamo a precedenti penali specifici, diventa quasi insindacabile in sede di legittimità.
Conclusioni
La pronuncia in esame conferma un orientamento consolidato: per avere successo, un ricorso per cassazione deve concentrarsi su questioni di puro diritto o su vizi motivazionali macroscopici, evitando di trasformarsi in un appello mascherato contro la valutazione del materiale probatorio. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, per l’imputato, non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, a dimostrazione delle conseguenze negative di un’impugnazione proposta al di fuori dei binari stabiliti dalla legge.
È possibile utilizzare il ricorso per cassazione per chiedere una nuova valutazione delle prove?
No. L’ordinanza chiarisce che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per contestare la ricostruzione dei fatti o la valutazione delle prove fatte dal giudice di merito, ma solo per denunciare errori di diritto o vizi logici evidenti nella motivazione.
Come valuta il giudice le circostanze attenuanti e aggravanti?
Il giudice ha un potere discrezionale nel “giudizio di comparazione”. Può decidere che le attenuanti prevalgano, equivalgano o soccombano rispetto alle aggravanti. In questo caso, la Corte ha ritenuto sufficientemente motivata la scelta dell’equivalenza, basata sui precedenti penali specifici dell’imputato.
Cosa succede quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il caso nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5909 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5909 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 09/08/1977
avverso la sentenza del 04/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, di condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R.309/1990, lamentando, con il primo motivo di ricor violazione dell’art. 73 d.P.R.309/1990 e difetto di motivazione in ordine alla finalità personale della sostanza stupefacente detenuta, e con il secondo motivo, vizio della motivazione in ordine al giudizio di valenza delle circostanze eterogenee.
Il primo motivo di ricorso è basato su motivi che non rientrano nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruz fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha inferito la sussistenza della finalità di spaccio dalle dichiarazi teste COGNOME il quale ha affermato di aver incontrato il ricorrente allo scopo di acquist sostanza stupefacente, e di aver preso previamente appuntamento con il suddetto proprio a tale scopo. Pertanto, il giudice ha ritenuto che il quantitativo di sostanza del tipo co racchiuso in 12 involucri, da cui sono ricavabili 23 dosi, di cui l’imputato ha tentato di li gettandola sull’asfalto, fosse destinata a finalità di spaccio. Dalle cadenze motivazionali sentenza d’appello è quindi enucleabile una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata nessun modo censurabile sotto il profilo della correttezza logica e perciò insindacabile in que sede.
Per quanto attiene alla seconda doglianza, si osserva che in tema di concorso di circostanze, i giudizio di comparazione risulta sufficientemente motivato quando il giudice, nell’esercizio potere discrezionale previsto dall’art. 69 cod. pen. scelga la soluzione dell’equivalenza, anzi della prevalenza delle attenuanti, ritenendola quella più idonea a realizzare l’adeguatezza del pena irrogata in concreto (Sez.2, n. 31531 del 16/05/2017 Ud. (dep. 26/06/2017 ) Rv. 270481). Nel caso in disamina, il giudice a quo ha ritenuto la pena congrua e proporzionata alla gravità del fatto, posto che l’imputato è gravato da precedenti penali specifici, risalenti al 2022. e non ritenendo rilevante, ai fini del giudizio di equivalenza delle circostanze atten con le contestate aggravanti, il non elevato quantitativo di sostanza stupefacente.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20/12/2024
II consigliere estensore
Il Presidente
EPOSITATA IN CANCELLERIA