Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18789 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 06/05/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18789 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 06/05/2025
R.G.N. 4151/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Verona il 15/06/1983
avverso la sentenza del 11/11/2024 della Corte d’appello di Milano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
Letti i motivi aggiunti presentati nell’interesse dell’imputato con atto datato 15 aprile 2025 con i quali sono state sostanzialmente ribadite ed integrate le argomentazioni già dedotte con il ricorso principale;
Rilevato che con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza in data 9 novembre 2023 del Tribunale di Pavia con la quale era stata affermata la penale responsabilità del COGNOME in relazione al contestato reato di cui agli artt. 81, 493-ter cod. pen. e 648 cod. pen., commessi/accertati in data 2 marzo 2019.
Rilevato che la difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione (integrato con motivi aggiunti) avverso la sentenza della Corte territoriale deducendo:
violazione di legge relativamente alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 493-ter cod. pen., contestando sostanzialmente il fatto che gli elementi probatori raccolti siano idonei a confortare la tesi accusatoria anche tenuto conto delle contraddizioni esistenti tra le varie dichiarazioni testimoniali e degli atti ricognitivi dell’imputato;
violazione di legge relativamente alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 648 cod. pen. del quale difetterebbero nel caso in esame sia l’elemento soggettivo che quello oggettivo, nonchØ in relazione al mancato riconoscimento della fattispecie attenuata di cui al medesimo art. 648 cod. pen.
vizi di motivazione in merito alla omessa esclusione della contestata recidiva ed al
mancato riconoscimento all’imputato delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti;
d) vizi di motivazione in merito al trattamento sanzionatorio irrogato all’imputato;
Considerato che i primi due motivi di ricorso, meritevoli di trattazione congiunta, sono indeducibili perchØ fondati su argomenti che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito;
che la sentenza impugnata risulta congruamente motivata proprio sotto i profili dedotti da parte ricorrente. Inoltre, detta motivazione, non Ł certo apparente, nØ ‘manifestamente’ illogica e tantomeno contraddittoria. Per contro deve osservarsi che parte ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge nella valutazione del materiale probatorio, tenta in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. Al Giudice di legittimità Ł infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchØ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, Ł – e resta – giudice della motivazione. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965);
che alla luce degli elementi emergenti da entrambe le sentenze di merito del tutto corretta Ł da ritenersi la qualificazione giuridica dei reati in contestazione all’imputato;
che la Corte di appello ha anche con motivazione congrua, logica e rispondente ai principi di diritto che governano la materia, quindi incensurabile in sede di legittimità, ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto di non riconoscere all’imputato l’invocata circostanza attenuante di cui all’art. 648, comma 4, cod. pen.
Considerato poi che il motivo di ricorso che denuncia l’omessa esclusione della recidiva non Ł consentito in sede di legittimità perchØ la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto Ł prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto.
Considerato altresì che i motivi di ricorso nei quali si contestano il mancato riconoscimento all’imputato delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti e, piø in generale, il trattamento sanzionatorio irrogato all’imputato sono manifestamente infondati avendo la Corte territoriale debitamente motivato al riguardo;
che per consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di
elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610) e che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, Ł sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Rilevato , pertanto, non ricorre alcuna ragione per provvedere all’assegnazione del ricorso esaminato ad altra Sezione di questa Corte di legittimità e che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME