Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2613 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2613 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOMENOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Roma il 23/02/1977
avverso l’ordinanza del 09/10/2024 del Tribunale di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 09/10/2024 confermava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma del 20/09/2024, che aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME per il reato di rapina aggravata.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico articolato motivo con cui deduce la carenza, la illogicità e/o l’assenza di motivazione in relazione alla gravità indiziaria ed ai pericula libertatis .
2.1. Evidenzia, sotto il primo profilo, che la comparazione tra il soggetto ripreso dalle telecamere del sistema di videosorveglianza della farmacia e quello ritratto nella fotografia segnaletica dell’odierno ricorrente, effettuato attraverso il sistema SARI, ha dato un esito di mera compatibilità al 54%; che, dunque, tale elemento indiziante al piø potrebbe essere utilizzato per proseguire le indagini, non certo per fondare una prognosi elevata di colpevolezza del Perfetti; che il riconoscimento operato dagli agenti operanti in termini di certezza si scontra con gli esiti dell’accertamento tecnico; che anche il rinvenimento dei jeans in casa dell’indagato, ritenuti uguali a quelli indossati dal rapinatore, non Ł dirimente, posto che in nessun atto precedente al sequestro si rinviene la dettagliata descrizione dei pantaloni indossati dal rapinatore; che, comunque, si tratterebbe di caratteristiche tipiche non dei singoli pantaloni, ma di quel determinato modello prodotto in serie.
2.2. Sotto il profilo dell’adeguatezza della misura custodiale, ritiene che la motivazione sia apparente; che nel lasso di tempo tra la commissione della rapina e l’emissione dell’ordinanza custodiale, pari a circa tre mesi, al Perfetti non sono state mosse altre contestazioni, per cui mancherebbe il requisito della attualità delle esigenze cautelari; che, dunque, le esigenze di prevenzione speciale potrebbero essere adeguatamente salvaguardate con la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari, anche con l’ausilio degli strumenti elettronici di controllo; che sul punto la motivazione del provvedimento impugnato Ł apparente ed apodittica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile per non essere consentito l’unico motivo cui Ł affidato, atteso che non si confronta con il tessuto motivazionale del provvedimento impugnato.
1.1. Giova premettere che la giurisprudenza di legittimità Ł ormai consolidata nel ritenere che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame, in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza e all’esistenza ed al grado dei pericula libertatis , consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio cautelare ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828 – 01) e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
In altri termini, la ricostruzione del fatto e le questioni relative all’intensità delle esigenze cautelari sono rilevabili in cassazione soltanto se si traducono nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, con la conseguenza che il controllo di legittimità non concerne nØ la ricostruzione dei fatti, nØ l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori: sono, dunque, inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, atteso che trattasi di censure non riconducibili alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sez. 7, ord. n. 12406 del 19/02/2015, MiccichŁ, Rv. 262948 – 01; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01).
Dunque, nel momento del controllo della motivazione, non si deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, nØ si deve condividerne la giustificazione, dovendosi, invece, limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento: ciò in quanto l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perchØ Ł estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260 – 01; Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074 – 01).
1.2. Orbene, ritiene il Collegio che le circostanze di fatto prospettate dal ricorrente siano state adeguatamente valutate dal Tribunale con motivazione congrua e immune da vizi logici.
In particolare, con riferimento al profilo della gravità indiziaria il provvedimento impugnato ha valorizzato la conoscenza che del Perfetti avevano per ragioni di servizio gli agenti operanti, ma soprattutto ha dato conto delle ragioni – emergenti dagli atti – per le quali la comparazione tra i fotogrammi e la foto segnaletica dell’indagato ha dato esito solo di compatibilità, individuate nella smorfia con la bocca che fa il rapinatore raffigurato nei fotogrammi estrapolati dalle telecamere della
farmacia, circostanza quest’ultima sulla quale il ricorso glissa del tutto.
Con riferimento al profilo della intensità e del grado delle esigenze cautelari, Ł stata evidenziata, innanzitutto, la personalità fortemente trasgressiva del Perfetti – desunta dalle modalità allarmanti della condotta criminosa, connotata da spregiudicatezza e aggressività – ritenendo che non offrisse garanzie in ordine al rispetto delle prescrizioni connesse alla misura meno afflittiva; in secondo luogo, sono stati valutati negativamente in chiave prognostica i numerosi precedenti penali, anche specifici, da cui l’imputato risulta gravato.
Orbene, a fronte delle argomentazioni sviluppate nell’ordinanza impugnata, il ricorso si limita a reiterare le stesse doglianze già proposte al Tribunale del riesame – che, a giudizio del Collegio, hanno trovato adeguata risposta nel provvedimento gravato – senza contrastarle motivatamente.
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, Ł inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 3, n. 50750 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 268385 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01).
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 14/01/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME