Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21598 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21598 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 20/11/1952
avverso la sentenza del 11/09/2024 della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME propone ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro che ha riformato parzialmente la sentenza del Tribunale di Cosenza, confermando la responsabilità dell’imputato per il reato di cui agli artt. 216 comma 1 n.1 e 223 I. fall rideterminando la pena in anni due di reclusione; che l’avvocato NOME COGNOME ha depositato motivi aggiunti, con i quali ha ulteriormente sviluppato gli argomenti del ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento;
Considerato che il primo motivo di ricorso – che lamenta inosservanza delle norme stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza in relazione all’art. 34 cod. proc. pen.- è manifestamente infondato in quanto prospettazione di enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità: la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del dato normativo, escludendo l’applicazione dell’art. 344-bis cod. proc. pen. essendo il reato anteriore al 1 gennaio 2020, mentre la disciplina della improcedibilità trova applicazione solo ai procedimenti di impugnazione che hanno a oggetto reati commessi a far data dal 1 gennaio 2020 (così la I. 27 settembre 2021, n. 134 all’art. 2, comma 3);
Considerato che il secondo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge in relazione all’art. 423 comma 2 cod. proc. pen. e 421 comma 1-bis cod. proc. pen. – è manifestamente infondato in quanto prospettazione di enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità. Nel caso di specie – come evidenzia
la a Corte di appello al fol. 8 e s. della sentenza impugnata, argomentazione con la quale non si confronta il ricorso, il che lo rende sul punto aspecifico – non vi è stata alcuna contestazione d un “fatto nuovo”, in quanto la modifica della data delle condotte materiali – quella del commesso reato resta ferma alla data di dichiarazione del fallimento (cfr., fra le altre, Sez. 5, n. 40477 18/05/2018, COGNOME, Rv. 273800 – 01, in relazione al momento della consumazione ai fini dell’indulto; Sez. 5, n. 45288 del 11/05/2017, COGNOME Rv. 271114 – 01) – va a integrare l’imputazione preesistente senza una trasformazione radicale della stessa; infatti, si è anche affermato che il principio di correlazione tra imputazione e sentenza risulta violato quando nei fatti, rispettivamente descritti e ritenuti, non sia possibile individuare un nucleo comune, con l conseguenza che essi si pongono, tra loro, in rapporto di eterogeneità ed incompatibilità, rendendo impossibile per l’imputato difendersi (Sez. 3, n. 7146 del 04/02/2021, Rv. 281477 01; conf. n. 16900 del 2004 rv. 228042 – 01, n. 35225 del 2007 rv. 237517 – 01, n. 15655 del 2008 rv. 239866 – 01, n. 41663 del 2005 rv. 232423 – 01, n. 4497 del 2016 rv. 265946 – 01, n. 33878 del 2017 rv. 271607 – 01, n. 12328 del 2019 rv. 276955 – 01); nel caso in esame, inoltre, la modifica dell’imputazione non integra alcuna violazione, in quanto operata nel corso del giudizio di primo grado, il che ha consentito un adeguato esercizio del diritto di difesa, essendo il principio di correlazione tra imputazione e sentenza violato solo quando si pervenga ad un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti dell difesa: ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248051 – 01; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205619 – 01). Infine, manifestamente infondata è la deduzione del pregiudizio subito in relazione all’art. 131-bis cod. pen. in quanto per il delitto di bancarotta fraudolenta la causa di non punibilità non è applicabil in ragione dei limiti edittali della pena; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato che il terzo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge in ordine alla mancata declaratoria di intervenuta prescrizione – è manifestamente infondato anche in questo caso, in quanto prospettazione di enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità; infatti, il reato non è estinto per prescrizio poiché il termine la prescrizione decorre dalla data di dichiarazione di fallimento del 6 april 2016, alla quale vanno aggiunti dodici anni e sei mesi (anni dieci, anni aumentati di un quarto ai sensi dell’art. 161 cod. pen.), cosicché il reato sarebbe estinto il 6 ottobre 2028;
Considerato che il quarto motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge in relazione alla determinazione della pena ex art. 133 cod. pen. – è manifestamente infondato, in quanto la pena già ridotta ad anni due di reclusione, previa applicazione delle circostanze attenuanti prevalenti sulla aggravante contestata della pluralità di fatti di bancarotta, venuta meno a
seguito della estinzione del reato di bancarotta semplice, risulta essere comunque quella minima, non potendo, pena la illegalità della sanzione, la Corte territoriale determinare la pena al di sott
di tale soglia dosimetrica;
Considerato che il quinto motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge in relazione all’elemento soggettivo del delitto ex art. 216 I. fall. – è aspecifico, in quanto non si confr
con la non manifestamente illogica argomentazione della sentenza impugnata (foll. 7 e s.) sulla sussistenza del dolo generico richiesto e sulla consapevolezza dell’imputato riguardo allo stato
di inattività della società, alla esposizione debitoria rilevante, nonché a prelievi per rimborsi n dovuti; che, invero, la mancanza di specificità del motivo, dalla quale, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), deriva l’inammissibilità, si desume pertanto dalla mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione;
Considerato che il sesto motivo di ricorso – che contesta l’errata formulazione del capo di imputazione ove viene indicato l’art. 233 in luogo dell’art. 223 I. fall. – è manifestament
infondato in quanto si tratta di un evidente errore materiale, come emerge dalla lettura dell’imputazione in fatto, nella quale si dava atto della natura societaria della bancarotta e de ruolo di amministratore dell’imputato, cosicché non risultava leso in alcun modo il diritto d difesa;
Considerato che il settimo motivo di ricorso – che contesta vizio di motivazione in relazione all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. – reitera le ragioni di doglianza e l’assenza d motivazione a riguardo, sul tema della contestazione del ritenuto fatto nuovo, oggetto già del secondo motivo di ricorso, e che invece la sentenza impugnata offre la citata e congrua motivazione a riguardo, cosicché il motivo è del tutto aspecifico;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 maggio 2025
Il consig iere estensore
Il Presidente