Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26038 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26038 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GELA il 20/05/1998
avverso l’ordinanza del 27/02/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CALTANISSETTA
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona della sostituta NOME COGNOME con le quali si è chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 3 09 codice di rito, il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME, avverso l’ordinanza con la quale il G IP aveva applicato al predetto la misura della custodia cautelare in carcere, siccome ritenuto gravemente indiziato della partecipazione a un’associazione per delinquere pluriaggravata, finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (capo D) a impronta familiare (in essere a Gela dal 2022, con condotta in atto).
Il Tribunale, dopo aver richiamato il fatto di sangue (ferimento di COGNOME NOME, attinto il 03/09/2022 da colpi di arma da fuoco) che aveva dato inizio alla presente indagine, ne ha richiamato gli elementi ritenuti indicativi di una piattaforma indiziaria connotata da gravità (in larga parte costituita da attività di intercettazione, ambientale e telefonica, s.i.t., sopralluoghi e perquisizioni, in uno con l’intervenuto arresto dell’indagato per detenzione di sostanze stupefacenti, fatto per il quale si è proceduto separatamente) e così dimostrata l’ esistenza di un sodalizio del quale facevano parte i germani NOME e NOME COGNOME e il loro padre NOME, dedito allo spaccio di sostanze di vario tipo (prevalentemente cocaina e hashish). Dato atto della chiarezza dei riferimenti a tale attività illecita nei dialoghi captati in ambientale, il Tribunale ha proceduto alla lettura del linguaggio criptico che i conversanti impiegavano invece nei dialoghi telefonici, osservando che i tre sodali erano risultati incessantemente impegnati nell’attuazione di un programma criminoso con oggetto la sistematica commercializzazione di sostanze di vario tipo (marijuana, hashish e cocaina), immesse nel territorio gelese in significative quantità, con cospicui guadagni. I connotati di tale attività, peraltro, sono stati ricavati anche dalle ammissioni degli indagati che, nelle conversazioni, si erano vantati delle dimensioni del narcotraffico gestito, ormai noto sul territorio, ciascuno avendo agito nella perfetta consapevolezza del sinergico operare degli altri, sia pure in posizione di sostanziale parità (il che ha determinato l’esclusione del ruolo di organizzatore in capo al padre COGNOME NOME). Il ruolo dei tre non era nettamente distinguibile, valendo tra gli associati una certa interscambiabilità, ritenuta perfettamente compatibile con la condotta di partecipazione al sodalizio di che trattasi. Del tutto nitide sono state, di contro, considerate le strategie di mercato: i plurimi dialoghi avevano dato conto, infatti, del prezzo praticato e di quello di favore applicato ai soggetti che agivano da pushers o acquistavano maggiori quantitativi, ciò evidenziando una progettualità dei sodali e la loro volontà di incrementare le dimensioni del traffico gestito, reso ancor più pericoloso in ragione della riscontrata pratica di tagliare le sostanze per aumentarne la potenzialità lesiva. Era rimasta, poi, indimostrata la allegata ‘indipendenza’ di NASTASI
NOME, pur opposta a difesa per contestare la sussistenza del numero minimo ai fini della configurabilità del reato associativo: infatti, la proclamata capacità di autodeterminazione è stata ritenuta del tutto coerente con la gestione comune dell’attività illecita, unitaria essendo risultata la decisione delle strategie e non essendo necessaria, a tal fine, la esistenza di un capo.
Quanto, poi, alla valutazione del compendio probatorio, il Tribunale ha ritenuto parimenti infondata l’argomentazione difensiva che aveva dato rilievo alla circostanza che, nella specie, si sarebbe trattato solo di droga c.d. ‘parlata’ : a tal fine, ha richiamato il tenore cristallino dei dialoghi e la registrazione avvenuta contemporaneamente allo svolgimento dell’attività delittuosa, altresì rilevando l’esistenza di riscontri, costituiti dagli esiti delle condotte perquisizioni (esitate anche nell’arresto , in flagrante detenzione di diversi tipi di droga e di armi, proprio dell’odierno ricorrente) .
Infine, quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale, richiamata la doppia presunzione relativa di sussistenza di un pericolo di recidivanza e di adeguatezza della sola misura più afflittiva, ha ritenuto che, nel caso di specie, detto pericolo fosse vieppiù attuale e concreto alla luce della gravità e del numero delle condotte, della dimostrata, grande versatilità, ma anche della personalità dell’indagato, il quale, già gravato da precedenti anche specifici, aveva continuato nella stessa attività illecita anche in costanza di misura domiciliare, il che ha spinto il giudice a concludere per l’inadeguatezza di tale misura.
La difesa del l’indagato ha proposto ricorso, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto violazione di legge processuale, assumendo che il Tribunale avrebbe apoditticamente ritenuto la infondatezza delle deduzioni difensive facendo rinvio a conversazioni, il cui contenuto ha considerato insufficiente a fondare le relative conclusioni. Secondo il ricorrente, infatti, dalle intercettazioni sarebbe emerso il ‘singolarismo’ della posizione dell’indagato, il che avrebbe riflessi sulla sussistenza del numero minimo per la configurabilità della fattispecie contestata. Sotto altro profilo, si è pure rilevata la mancanza di motivazione in ordine all’elemento psicologico del reato, osservandosi che il Tribunale si sarebbe appiattito sulle considerazioni svolte dal primo giudice, tutto ciò configurando la mera apparenza della motivazione.
Il Procuratore generale, in persona della sostituta NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ogni conseguente statuizione di legge.
La difesa ha depositato memoria, con la quale ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale, insistendo per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo.
Va, intanto, premesso, quanto alla dedotta violazione di legge, che alle relative denunce non si accompagna alcuna effettiva argomentazione esplicativa in termini di erronea applicazione della legge penale e processuale penale da parte dei giudici del riesame, la stessa risolvendosi sostanzialmente in censure al percorso motivazionale seguito dai giudici territoriali che si assume meramente apparente.
Nella specie, tuttavia, la dedotta apparenza è frutto di una critica non sostenuta da un previo, necessario confronto con le ragioni della decisione che configurano certamente quell’apparato giustificativo che si sottrae alla censura di insussistenza, traducibile nella dedotta violazione di legge.
Peraltro, deve ricordarsi che il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai suoi limiti, la sola verifica delle censure inerenti alla adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01). Tale verifica non comprende, dunque, il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, apprezzamento che rientra invece nelle valutazioni del Gip e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, COGNOME, Rv. 269438 – 01; sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01, in cui si è precisato che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito).
Pertanto, la motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è censurabile in sede di legittimità solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l’applicazione della misura (Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME Rv. 265244 – 01; Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015, COGNOME RV. 262948 – 01).
Sotto altro profilo, poi, deve ribadirsi che l’art. 292, comma 2ter , cod. proc. pen. non impone al giudice del riesame l’indicazione di qualsiasi elemento ritenuto favorevole dal difensore, né la confutazione di qualsivoglia argomento difensivo di cui appaia manifesta l’irrilevanza o la pertinenza, restando circoscritto l’obbligo motivazionale alla disamina di specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori, essendo gli ulteriori elementi assorbiti nella valutazione complessiva del giudice che, rilevati i gravi indizi, applica la misura cautelare (Sez. 1, n. 8236 del 16/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275053 – 01; Sez. 6, n. 3742 del 09/10/2013, COGNOME, Rv. 254216 – 01, in cui si è precisato che tale obbligo motivazionale non investe deduzioni dirette a proporre ricostruzioni alternative della vicenda e a contrastare il potere selettivo degli elementi di indagine posti a fondamento delle decisioni cautelari; Sez. 2, n. 20662 del 29/11/2016, dep. 2017, Seminatore, Rv. 270516 – 01, in cui si è, peraltro, precisato che il ricorso per cassazione che deduca la mancata considerazione, da parte dei giudici di merito, di un elemento favorevole all’indagato ha l’onere di specificare per quale ragione detto elemento debba essere qualificato come decisivo per la situazione del medesimo).
Sotto diverso profilo, poi, tenuto conto della natura del materiale probatorio, va ribadita la inammissibilità del ricorso, con il quale si proponga una diversa lettura del dato probatorio, costituito dall’esit o di attività di intercettazione, la lettura del significato dei dialoghi captati costituendo valutazione di merito per eccellenza, sottratta al sindacato del giudice di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01), essendo il ragionamento giustificativo sindacabile in questa sede solo nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui i dialoghi sono recepiti (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01).
E che l’intento difensivo sia stato, nella specie, proprio quello di sottoporre al vaglio del giudice di legittimità la lettura del compendio probatorio è confermato dalla stessa tecnica redazionale del ricorso: la difesa ha offerto una lettura
alternativa del contenuto dei dialoghi, diversamente interpretato dal giudice del riesame, operando un’esegesi difforme, ritenuta più persuasiva.
Il Tribunale, di contro, ha op erato una ricostruzione dell’associazione, dando conto degli elementi dai quali ha tratto il convincimento dei suoi tratti costitutivi, e ha delineato nel suo ambito il ruolo di COGNOME NOME, giustificandone anche la declamata capacità di autodeterminazione, ritenendone la piena dedizione alla causa del sodalizio, in uno con la consapevolezza di contribuire con la sua condotta al raggiungimento dei suoi scopi, E, nel far ciò, ha fornito una giustificazione del suo convincimento il cui tenore, per come sopra riportato, smentisce l’asserita apoditticità degli argomenti utilizzati, ma anche l’elusione delle critiche difensive, viceversa esaminate e superate con argomenti non contraddittori e neppure manifestamente illogici.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero circa la causa della inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000), nonché la trasmissione degli atti alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter , disp. att. cod. proc. pen.
Deciso il 10 luglio 2025 La Consigliera est. NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME