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Ricorso per Cassazione: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per Cassazione contro una condanna per truffa. I motivi sono stati giudicati troppo generici, in quanto non specificavano come la sentenza d’appello avesse errato e si limitavano a proporre una lettura alternativa delle prove, senza un confronto reale con le argomentazioni della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione: perché i motivi generici portano all’inammissibilità

Presentare un Ricorso per Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel sistema legale italiano, un’opportunità per contestare una sentenza d’appello. Tuttavia, l’accesso a questa fase non è automatico. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci ricorda una lezione fondamentale: la specificità e la pertinenza dei motivi di ricorso sono requisiti essenziali. Un’impugnazione basata su critiche vaghe e generiche è destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo questo caso per capire quali errori evitare.

I fatti del caso

Un imputato, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di truffa (art. 640 del codice penale), decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. I motivi su cui si basava l’impugnazione erano principalmente due:

1. Primo motivo: Una critica alla tecnica di motivazione della sentenza d’appello, accusata di aver fatto un uso eccessivo della cosiddetta motivazione per relationem, ovvero richiamando le argomentazioni della sentenza di primo grado senza sviluppare un ragionamento autonomo.
2. Secondo motivo: Una contestazione più generale sulla responsabilità penale e sul trattamento sanzionatorio, lamentando presunte carenze motivazionali senza però specificare quali argomenti dell’appello fossero stati ignorati dalla Corte territoriale.

In sostanza, il ricorrente ha cercato di smontare la decisione dei giudici d’appello con argomentazioni ampie ma prive di un confronto diretto e puntuale con il ragionamento espresso nella sentenza impugnata.

La decisione sul Ricorso per Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della colpevolezza o meno dell’imputato, ma si è fermata a un livello precedente, quello dei requisiti formali e sostanziali dell’atto di impugnazione. La Corte ha spiegato in modo chiaro perché ciascuno dei motivi presentati fosse irricevibile.

L’inammissibilità del Ricorso per Cassazione

La Corte ha smontato le argomentazioni del ricorrente punto per punto.

Analisi del primo motivo: la critica alla motivazione per relationem

I giudici hanno definito questa censura ‘generica’. Il ricorrente si è limitato a criticare l’uso di questa tecnica senza indicare in quali punti specifici la Corte d’Appello avrebbe superato i limiti consentiti dalla giurisprudenza. Anzi, la Cassazione ha sottolineato come la sentenza impugnata avesse, in realtà, un proprio ‘autonomo apparato argomentativo’ (pagine 5-7), tanto che lo stesso ricorrente, nei motivi successivi, tentava di confutarlo, cadendo così in contraddizione.

Analisi del secondo motivo: la contestazione generica

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per la sua vaghezza. Il ricorrente ha evocato ‘presunte carenze motivazionali’ senza mai precisare quali delle sue doglianze d’appello fossero state trascurate. Secondo la Corte, il ricorso si risolveva nel tentativo di proporre una ‘lettura alternativa del materiale probatorio’, un’operazione che non è permessa in sede di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un giudice della corretta applicazione della legge.

le motivazioni

La motivazione centrale della decisione risiede in un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione deve essere specifico. Non è sufficiente esprimere un dissenso generico con la decisione impugnata. È necessario, invece, creare una correlazione diretta tra le ragioni esposte nella sentenza che si contesta e i motivi posti a fondamento del proprio ricorso. L’impugnazione deve ‘dialogare’ con la sentenza, evidenziandone gli errori di diritto o i vizi logici in modo puntuale. In mancanza di questa correlazione, l’atto è considerato inammissibile perché non permette alla Corte di svolgere la sua funzione di controllo sulla legittimità della decisione.

le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito: la redazione di un Ricorso per Cassazione richiede precisione, rigore e un confronto analitico con la sentenza impugnata. L’impiego di formule generiche o il tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti sono strategie destinate al fallimento. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro. Una lezione chiara sull’importanza della tecnica giuridica e della specificità degli atti processuali.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano troppo generici e vaghi. Non specificavano in modo puntuale gli errori della sentenza d’appello e si limitavano a proporre una lettura alternativa delle prove, senza confrontarsi con le argomentazioni della Corte territoriale.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘generico’?
Significa che la critica mossa alla sentenza impugnata non è specifica. Ad esempio, lamentare un ‘difetto di motivazione’ senza indicare quali argomenti non sono stati considerati o perché il ragionamento del giudice sarebbe illogico, rende il motivo generico e quindi inammissibile.

Qual è la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la conferma definitiva della sentenza impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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