Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11106 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11106 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a CASERTA il 20/01/1950 NOME nato a MIRANO il 25/11/1982
avverso la sentenza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 23 gennaio 2024 la Corte di appello di Bologna ha confermato – per quanto di specifico interesse in questa sede – la pronuncia del é GLYPH itIA G.U.P. del Tribunale di Parma del 9 febbraio 2023 con cui NOME COGNOME e NOME erano state condannate, rispettivamente, alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 400,00 di multa (NOME) e di anni uno, mesi sei di reclusione ed euro 300,00 di multa (COGNOME) in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 624, 625 n. 2, 5, 8-ter, 61 n. 5 cod. pen. (capo a) e 110, 81 cpv., 493-ter cod. pen. (capo b).
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione le imputate, a mezzo del loro difensore, in primo luogo deducendo, con due differenti atti in tutto coincidenti tra loro, con tre distinti motivi: violazione di legge e vizio motivazione per insussistenza dei reati loro ascritti; erronea qualificazione del reato contestato sub a), per non essere stato correttamente riqualificato lo stesso come delitto di truffa; violazione di legge e vizio di motivazione per eccessiva entità della pena loro inflitta.
La sola NOME ha, quindi, lamentato, con un quarto motivo di doglianza, violazione di legge e vizio di motivazione per erronea mancata concessione in suo favore della sospensione condizionale della pena.
Il difensore delle imputate ha depositato successiva memoria scritta, con cui ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto proposti con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alle prime due censure dedotte dalle ricorrenti, deve essere osservato come esse, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello – nella quale erano state diffusamente rappresentate le ragioni di ricorrenza della penale responsabilità delle imputate (cfr. pp. 5 e s. della sentenza impugnata), nonché di mancata riqualificazione del fatto rubricato sub a) quale delitto di truffa (cfr. pp. 6 e s.) – reiteri medesime considerazioni critiche espresse nei precedenti atti impugnatori, proposti avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la
presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
2.2. La decisione impugnata risulta, quindi, sorretta da conferente apparato argomentativo, di pieno rispetto della previsione normativa, quanto all’effettuata determinazione del trattamento sanzionatorio inflitto alle due ricorrenti.
Una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena, infatti, si richiede solo nel caso in cui la sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. di irrogare – come disposto nel caso di specie – una pena in misura media o prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 25835601; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
2.3. Manifestamente infondata, infine, è pure la conclusiva censura dedotta da NOME COGNOME, inerente all’omessa applicazione in suo favore della sospensione condizionale della pena, avendo la Corte di appello ben rappresento e giustificato (cfr. p. 9) le ragioni di diniego di tale beneficio, esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in questa sede di legittimità.
All’inammissibilità dei ricorsi segue, per legge, la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 ciascuna in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 dicembre 2024
Il Consigliere estensore