Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8640 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8640 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato a Lapedona (FM) il 16/04/1955 nel procedimento a carico di
Taffetani NOME e COGNOME NOME avverso l’ordinanza del 29/09/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Fermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata dal difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Fermo ha disposto, a norma dell’art. 410, cod. proc. pen., l’archiviazione del procedimento avviato dalla locale Procura della Repubblica nei confronti, tra altri, di NOME COGNOME per il delitto di calunnia ai danni di NOME
COGNOME accusato di fatti dai quali è scaturita un’imputazione di abuso d’ufficio, dalla quale lo stesso è stato assolto in grado d’appello.
Rileva l’ordinanza che il delitto di calunnia, semmai esistente, sarebbe già prescritto e che, comunque, difetterebbe l’elemento psicologico, «poiché dubbia in diritto la questione sottesa non può ritenersi che gli indagati abbiano agito con la volontà di ledere la po sapendola esente da colpa».
Impugna tale decisione COGNOME con atto del proprio difensore, sulla base di due motivi.
2.1. Il primo consiste nella nullità della stessa, per mancanza di motivazione, essendo quest’ultima manoscritta e parzialmente illeggibile, e quindi non intelligibile.
Inoltre, e comunque, essa sarebbe apodittica là dove esclude il dolo, poiché giunge a tale conclusione senza che gli indagati siano stati nemmeno sottoposti ad interrogatorio, quanto meno per verificarne la volontà sottesa alle loro accuse poi rivelatesi infondate.
Invece, considerando che COGNOME era soggetto qualificato, in quanto consigliere comunale all’atto della sua denuncia e poi divenuto sindaco nel corso del giudizio, deve ritenersi che egli fosse pienamente consapevole dell’infondatezza delle sue accuse, poiché riguardanti la violazione di una disposizione di legge non ancora in vigore al momento della denunciata condotta del COGNOME.
2.2. La seconda doglianza attinge la ritenuta prescrizione del reato.
Questa dovrebbe escludersi, poiché, diversamente da quanto ritenuto dal Pubblico ministero e condiviso dal provvedimento impugnato, la condotta calunniosa non si sarebbe esaurita con le comunicazioni inviate dal COGNOME all’autorità giudiziaria negli anni 2014-2015, poiché quegli avrebbe commesso un ulteriore e distinto delitto di calunnia il 29 gennaio 2024, all’atto, cioè, dell presentazione delle conclusioni della sua difesa nel giudizio di appello promosso dal COGNOME avverso la sentenza di condanna da lui subita in primo grado nel processo scaturito da quelle precedenti denunce.
Inoltre, nel ritenere l’ipotizzata calunnia già prescritta, l’ordinanza impugnata avrebbe trascurato l’eventuale presenza delle aggravanti dell’art. 61, nn. 9 e 10, cod. pen., nonché la possibilità che gli indagati possano rinunciarvi.
Diversamente, essendosi la calunnia resa manifesta soltanto con l’assoluzione dell’accusato in appello, si farebbero ricadere incolpevolmente sulla vittima delle false accuse le conseguenze negative dell’eccessiva durata del processo a suo carico.
Ha depositato requisitoria scritta la Procura generale, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso è inammissibile, perché non consentito – a norma dell’art. 410bis, commi 2 e 3, cod. proc. pen. – per una duplice ragione: vale a dire, in primo luogo, perché l’ordinanza di archiviazione è nulla soltanto nei casi previsti dall’art. 127, comma 5, stesso codice, che riguardano esclusivamente la rituale instaurazione del contraddittorio nell’udienza camerale; e, in ogni caso, perché l’eventuale nullità può essere fatta valere soltanto a mezzo di reclamo al Tribunale in composizione monocratica, che decide con ordinanza non impugnabile.
Da ciò consegue obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (yds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in /favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025.