Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23898 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23898 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME NOME, nato a Maschito il giorno DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO – di fiducia
NOME COGNOME, nato a Vallata il giorno DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO di fiducia
avverso la sentenza in data 9/5/2023 della Corte di Appello di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; preso atto che è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecíes del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del dl. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
udito il difensore dell’imputato COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 9 maggio 2023 la Corte di Appello di Roma (per la parte che in questa sede interessa), in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Velletri in data 20 giugno 2017 ha:
dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati a lui ascritti ai capi A, F, G, H, I, M, N, Q, R, Al, A3 e A4 della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni per essere gli stessi estinti per prescrizione e, nel confermare la sentenza di condanna dello stesso per le residue imputazioni di cui ai capi L, P e Z, ha rideterminato il trattamento sanzionatorio nella misura di anni 6 e mesi 4 di reclusione ed euro 2.000,00 di multa;
b) dichiarato non diversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di cui al capo G per essere lo stesso estinto per prescrizione e, nel confermare la sentenza di condanna dello stesso in ordine alle residue imputazioni di cui ai capi L e P, ha rideterminato il trattamento sanzionatorio nei confronti dello stesso in anni 6 di reclusione ed euro 1.700,00 di multa.
Quanto alle contestazioni, entrambi gli odierni ricorrenti sono chiamati a rispondere di concorso nella rapina aggravata consumata presso l’RAGIONE_SOCIALE in data 8 novembre 2002 (capo L) nonché di concorso nella rapina ai danni di due portavalori nell’atto di prelevare il denaro presso un ufficio postale di Torre Angela in data 29 novembre 2002 (capo P), mentre il solo COGNOME è anche chiamato a rispondere di concorso con altri soggetti nella rapina consumata in danno di NOME COGNOME in data 20 gennaio 2023 (capo Z).
Ricorrono per RAGIONE_SOCIALEzione avverso la predetta sentenza i difensori degli imputati, deducendo:
2.1. per NOME:
2.1. Violazione di legge nonché carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), in relazione all’art. 533 cod. proc. pen. con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato per i capi L, P e Z della rubrica.
Rileva la difesa del ricorrente che la Corte di appello avrebbe omesso di confrontarsi con le censure difensive dedotte con l’atto di impugnazione.
In particolare, per quanto concerne il capo L della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni tanto il Tribunale quanto la Corte territoriale non sembrano avere offerto alcuna concreta motivazione in ordine alle ragioni che vedrebbero il COGNOME tra i partecipanti al delitto in questione, limitandosi a richiamare semplici stralci di intercettazioni telefoniche che nulla risultano avere a che vedere con la rapina contestata. La Corte di appello, secondo parte ricorrente, nel proprio iter decisionale ha effettuato considerazioni radicate su una non meglio specifica promessa del NOME di far pervenire del denaro ad altro imputato (NOME) senza soffermarsi su alcuna emergenza probatoria relativa alla partecipazione dell’imputato al delitto contestato.
Analoghe considerazioni possono muoversi – sempre secondo la difesa del ricorrente – con riguardo al capo P della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni in quanto, anche in questo caso, a fronte RAGIONE_SOCIALE assenza di emergenze probatorie dibattimentali che legano l’imputato alla rapina del furgone portavalori, la Corte ha ritenuto di fondare il proprio giudizio di colpevolezza sulla circostanza che il COGNOME era stato visto sul luogo del delitto nei giorni antecedenti la rapina in questione.
Quanto, infine, al reato di cui al capo Z della rubrica riguardante la rapina perpetrata ai danni di tale COGNOME, la Corte ha ritenuto integrato l’elemento della minaccia, sulla scorta di una adesione incondizionata alle dichiarazioni della persona offesa, non curando di verificare come dette dichiarazioni fossero state indotte dalla circostanza del rinvenimento a casft,del COGNOME, unitamente al denaro contante, anche di 150 grammi circa di cocaina. Nel contesto descritto sarebbe evidente come le dichiarazioni del COGNOME sarebbero viziate alla radice essendo stato il predetto costretto a denunciare una rapina piuttosto che a ricondurre il tutto ad una falsa perquisizione operata dagli autori dell’azione delittuosa.
2.2. per COGNOME la difesa propone quattro motivi di ricorso, peraltro, tutti raccolti in una trattazione unitaria:
2.2.1. Art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. – Violazione di legge vizio di manifesta illogicità, contraddittorietà e mancanza di motivazione con riguardo all’affermazione di penale responsabilità per omessa valutazione RAGIONE_SOCIALE censure dedotte nell’atto di appello;
2.2.2. Difetto di motivazione per contraddittoria valutazione RAGIONE_SOCIALE prove Travisamento RAGIONE_SOCIALE prove anche in relazione al mancato riscontro alle censure difensive;
2.2.3. Inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale –
Manifesta illogicità e/o contraddittorietà della motivazione, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 62-bis cod. pen.;
2.2.4. Mancata e carente motivazione in merito alla mancata esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 628, comma 3, n. 1, cod. pen.
Rileva, innanzitutto, la difesa del ricorrente che le imputazioni di cui ai capi G, L e P troverebbero il loro fondamento esclusivamente in una serie di intercettazioni rimaste prive di riscontri oggettivi, con la conseguenza che tutto l’iter argomentativo dei giudici di merito risulta fondato su deduzioni con le quali non è mai stato risolto l’elemento di incertezza in merito alla condotta dell’imputato.
Le stesse conversazioni intercettate – prosegue parte ricorrente – sono caratterizzate da conversazioni volte a concordare incontri conviviali o sono relative ad attività di lavoro dell’imputato. Dette conversazioni non sono caratterizzate da un linguaggio criptico e sono di contenuto a tal punto generico che, solo attraverso mere deduzioni, è stato possibile addivenire all’affermazione della penale responsabilità del COGNOME.
La Corte di appello non avrebbe, poi, dato risposta a questioni sollevate con l’atto di impugnazione quali quella relativa al fatto che il giudice di primo grado sarebbe incorso in errore allorquando ha ritenuto che il carro attrezzi avente targa TARGA_VEICOLO attenzionato dagli investigatori nel corso di un servizio di osservazione il 2 ottobre 2002 era di proprietà dell’imputato.
A ciò si aggiungono le circostanze che l’odierno ricorrente non è mai stato visto dagli investigatori sui luoghi dove sono state consumate le rapine e che la comparazione dei dati genetici dell’imputato con i reperti prelevati sugli autoveicoli utilizzati in occasione RAGIONE_SOCIALE rapine ha dato esito negativo.
Si duole, ancora, la difesa del ricorrente della mancata esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 1, cod. pen. non essendovi prova che l’imputato abbia concorso nei reati contestati, nonché del fatto che non vi sarebbe prova della ricorrenza della circostanza aggravante dell’uso RAGIONE_SOCIALE armi contestata in relazione ai fatti di rapina di cui al capo P in quanto le armi stesse sarebbero state descritte solo sommariamente dalle vittime dell’azione delittuosa.
Infine, la difesa del ricorrente si duole dell’assenza di motivazione circa il mancato riconoscimento al NOME RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis e, più in generale, del trattamento sanzionatorio che sarebbe stato determinato dai giudici di merito senza adeguata motivazione in relazione agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Occorre preliminarmente rilevare che entrambi i ricorsi sono caratterizzati da una sostanziale riproduzione dei motivi di appello ai quali è stata data adeguata risposta nella sentenza impugnata.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex multis: Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Rv. 244181; Sez. 5 n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708). In altri termini, è del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appello che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), che impone la esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Rv. 243838).
Per solo dovere di completezza occorre evidenziare che la sentenza impugnata risulta congruamente motivata proprio sotto i profili dedotti dai ricorrenti. Inoltre, detta motivazione, non è certo apparente, né “manifestamente” illogica e tantomeno contraddittoria.
Il coinvolgimento di entrambi i ricorrenti con riferimento ai singoli fatti-reato che li vedono imputati è stato debitamente ricostruito della Corte di appello attraverso un’accurata analisi RAGIONE_SOCIALE conversazioni intercettate, dei servizi di osservazione compiuti dal personale di Polizia, dalle perquisizioni compiute, nonché sulla base dei riscontri alle originarie emergenze investigative e RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE stesse persone offese.
Si tratta di un complessivo quadro indiziario (ed in alcuni casi ampiamente probatorio) caratterizzato da precisione, gravità e concordanza.
A ciò si aggiunge che non risulta che gli odierni ricorrenti abbiano fornito elementi idonei a confutare una ricostruzione alternativa del loro agire come accertato in sentenza.
Deve, inoltre, osservarsi che i ricorrenti, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione di legge nella valutazione del materiale probatorio, tentano in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito.
Al Giudice di legittimità è infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, è – e resta – giudice della motivazione.
In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
Anche le questioni di diritto sollevate nei ricorsi hanno ottenuto una adeguata risposta nella sentenza impugnata.
3.1. Manifestamente infondata è, innanzitutto, la questione sollevata dalla difesa dell’imputato COGNOME con riferimento alla vicenda di cui al capo P della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni in ordine alla ritenuta sussistenza RAGIONE_SOCIALE contestate aggravanti RAGIONE_SOCIALE più persone riunite e dell’uso RAGIONE_SOCIALE armi.
Risulta, infatti, inconfutabilmente che l’azione di rapina ai danni dei portavalori è stata consumata da due persone travisate che hanno agito armate “di un fucile mitragliatore tipo kalashnikov” coadiuvate da altre due persone RAGIONE_SOCIALE quali una dotata di un'”arma lunga” e l’altra di una pistola. Non rileva in punto di diritto se trattasse o meno di armi vere dato che «in tema di rapina, ai fini della sussistenza della circostanza aggravante dell’uso RAGIONE_SOCIALE armi è sufficiente il ricorso ad un’arma giocattolo qualora questa non sia immediatamente riconoscibile come tale a causa della mancanza dei segni dell’arma da gioco (tappo rosso e similari) o dell’assenza di visibilità o riconoscibilità di tali segni da parte della vittima» (ex ceteris: Sez. 2, n. 39253 del 22/06/2021, Rv. 282203).
Da ciò ne consegue che nel momento in cui è stato accertato il coinvolgimento del COGNOME quantomeno nella fase organizzativa e preparatoria dell’azione, le predette circostanze aggravanti sono certamente configurabili anche nei suoi confronti.
3.2. Manifestamente infondate sono, infine, anche le doglianze contenute in entrambi i ricorsi relative al mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio applicato.
La Corte di appello quanto alla posizione del COGNOME ha dato adeguata risposta al relativo motivo di appello a pag. 26 della sentenza impugnata sottolineando non solo la gravità dei fatti commessi, la presenza in capo all’imputato di numerosi precedenti penali anche specifici ma anche l’assenza di alcun elemento positivo o di resipiscenza valutabili sia per il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE invocate circostanze attenuanti sia per la riduzione del trattamento sanzionatorio.
Analoghe valutazioni risultano essere state effettuare con riguardo al NOME a sua volta gravato da un precedente penale.
E’ appena il caso di ricordare che questa Suprema Corte ha più volte affermato che «al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente» (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549) e, ancora che «Il mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo» (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv. 270986).
Quanto, più in generale, al trattamento sanzionatorio deve essere ricordato che «La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta – come nel caso in esame – da sufficiente motivazione» (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142).
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna deì ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché, quanto a ciascuno di essi, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dai ricorsi (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 6 giugno 2024.