Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20143 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20143 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME LOCRI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME, il quale ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
uditi i difensori: L’avvocato NOME COGNOME, difensore di fiducia dell’imputato COGNOME NOME, si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l’accoglimento dello stesso; l’avvocato NOME COGNOME, difensore di fiducia dell’imputato COGNOME NOME, si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l’accoglimento dello stesso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 17 agosto 2023 il Tribunale di Reggio Calabria ha confermato l’ordinanza con la quale è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME, a carico del quale sono stati ritenuti sussistenti gravi indizi di colpevolezza in ordine al ruolo apicale rivestito nella RAGIONE_SOCIALE, egemone nella locale di Mammola (capo 1 dell’imputazione provvisoria) e ai delitti estorsivi, tentato o consumati, di cui ai capi 3), 49, 5), 11) e 13).
Nell’interesse dell’COGNOME è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione agli artt. 271 e 407 cod. proc. pen., rilevando che un considerevole numero di elementi in ordine all’esistenza dell’associazione e alla partecipazione dell’Abate alla stessa, come pure alla commissione dei reati fine, è stato acquisito attraverso attività captative autorizzate con decreto del 22 luglio 2016 svolte su utenza nella disponibilità del coindagato NOME COGNOME. Si precisa, al riguardo: a) che a carico dello RAGIONE_SOCIALE risultava l’iscrizione del 14 dicembre 2017, che aveva fatto seguito alla sentenza n. 830 del 2016 della I Sezione di questa Corte con la quale era stata annullata senza rinvio la decisione di merito, con trasmissione degli atti al P.M., in accoglimento della doglianza dell’imputato che, in sede di udienza preliminare, aveva visto modificare il fatto addebitatogli da partecipe a capo/promotore, senza prestare il consenso a che si procedesse in quella sede per il fatto nuovo; b) che il P.M., invece di esercitare l’azione penale, aveva ritenuto di reiscrivere l’COGNOME per lo stesso periodo di partecipazione; c) che, tuttavia, erano spirati i termini di durata massima delle indagini; d) che, pertanto, era illegittima l’attività di intercettazione svolta a suo carico e l’ulteriore attività di captazione autorizzata sulla base dei risultati illegittimamente ottenuti; d) che non era condivisibile l’ulteriore argomentazione del Tribunale, secondo il quale la gran parte dell’attività di indagine sarebbe stata svolta nel procedimento n. 7498/2010 NUMERO_DOCUMENTO, sia perché l’indagine era da considerare unica, sia perché non era altrimenti dato intendere per quale ragione il P.M., a supporto dell’attività svolta a carico dello RAGIONE_SOCIALE, era stata depositata l’iscrizione del procedimento n. 1923/2017.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui al capo 1), tenuto conto che il Tribunale non aveva svolto alcuna argomentazione in proposito.
2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al ruolo apicale del ricorrente, fondato su una mera auto o eteroattribuzione, senza che fossero emerse attività concretamente espressive dello stesso.
2.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione all’attribuzione al ricorrente degli episodi estorsivi di cui ai successivi capi di imputazione.
2.5. Con il quinto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e alla loro attualità e concretezza, tenuto conto dell’esaurimento nel 2017 delle condotte contestate
All’udienza del 28 febbraio 2024 si è svolta la discussione orale.
Considerato in diritto
Il primo motivo è infondato. In disparte l’assoluta genericità della menzione delle risultanze investigative che si assumono inutilizzabili e della deduzione della loro incidenza sulla conclusione della gravità indiziaria a carico del ricorrente (laddove, secondo il fermo orientamento di questa Corte, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugNOME: Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416 – 01), resta l’assorbente considerazione per la quale la sentenza n. 55359 del 2016 della I sezione di questa Corte (il ricorrente cita il numero sezione 830), ha disposto l’annullamento senza rinvio nei confronti dello COGNOME, ai sensi dell’art. 423, comma 2, cod. proc. pen., con trasmissione degli atti al P.M. presso la DDA di Reggio Calabria, avendo ritenuto che l’attribuzione, in sede di udienza preliminare, del ruolo direttivo avesse comportato una immutazione sostanziale dell’imputazione. Proprio la novità del fatto e non una mera diversa qualificazione dello stesso ha comportato la necessità di procedere ad una nuova ed autonoma iscrizione nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen.
Il secondo, il terzo e il quarto motivo sono caratterizzati da assoluta genericità di formulazione traducendosi in richiami giurisprudenziali o in critiche assertive prive di qualunque minima correlazione con l’analitico apparato giustificativo dell’ordinanza impugnata.
Il quinto motivo è infondato, in quanto il ruolo apicale e l’esteso dinamismo del ricorrente anche in relazione alla commissione dei reati fine sopra ricordati rendono, secondo il razionale apprezzamento dei giudici di merito, il tempo decorso privo di significatività in ordine al superamento, nel caso concreto, della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 28/02/2024