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Ricorso per cassazione: quando è inammissibile?

La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per cassazione avverso una condanna per percosse. Il motivo risiede nel fatto che l’appello contro le sentenze del Giudice di Pace è ammesso solo per violazione di legge e non per vizi di motivazione. La Corte ha inoltre ritenuto infondata la censura sulla pena e sulle attenuanti.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione: I Limiti dell’Appello contro le Sentenze del Giudice di Pace

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per cassazione avverso le sentenze emesse dal Giudice di Pace. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato per il reato di percosse, sottolineando come l’appello finale sia possibile solo per specifiche violazioni di legge e non per contestare il merito della decisione o la logica della motivazione.

I Fatti del Processo

Il caso nasce da una condanna per il delitto di percosse emessa dal Giudice di Pace. All’imputato erano state concesse le circostanze attenuanti generiche e, oltre alla pena, era stato condannato al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita. La decisione era stata successivamente confermata dal Tribunale in sede di appello. Non ritenendosi soddisfatto, l’imputato ha presentato un ultimo appello, proponendo un ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso per Cassazione

L’imputato ha basato il suo ricorso su due motivi principali:
1. Un vizio di motivazione, contestando il modo in cui i giudici di appello avevano risposto alle sue censure.
2. Una violazione di legge, lamentando sia il superamento dei limiti di pena previsti dalla legge sia il mancato riconoscimento della circostanza attenuante per aver concorso al fatto la persona offesa (prevista dall’art. 62, n. 5, del codice penale).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende e alla refusione delle spese legali sostenute dalla parte civile, liquidate in 3.500 euro oltre accessori.

Le motivazioni

La Corte ha analizzato separatamente i due motivi di ricorso, giungendo a conclusioni nette per entrambi.

Per quanto riguarda il primo motivo, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale stabilito dall’art. 39-bis del d.lgs. n. 274/2000: il ricorso per cassazione contro le sentenze del Giudice di Pace è consentito esclusivamente per violazione di legge. Ciò significa che non è possibile contestare davanti alla Corte Suprema un presunto vizio di motivazione, ovvero un difetto nel ragionamento logico-giuridico dei giudici di merito. Tale censura è stata quindi dichiarata inammissibile in partenza.

Anche il secondo motivo è stato rigettato come manifestamente infondato. La Corte ha verificato che la pena inflitta, pari a 400 euro, era perfettamente conforme a quanto previsto dall’art. 52, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 274 del 2000, non sussistendo alcuna illegalità. Riguardo alla mancata concessione dell’attenuante, i giudici hanno osservato che il motivo di appello era stato formulato in modo generico. Questo, di per sé, non obbligava il Tribunale a una risposta analitica. In ogni caso, esaminando la ricostruzione dei fatti, la Corte ha concluso che non emergeva alcun contributo causale della persona offesa alla commissione del reato, rendendo corretta la decisione dei giudici di merito di non applicare l’attenuante.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un importante principio procedurale: chi intende impugnare una sentenza penale del Giudice di Pace davanti alla Corte di Cassazione deve formulare motivi specifici che denuncino una chiara e diretta violazione di norme di legge. Tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti o la logica della motivazione si traduce in un ricorso inammissibile, con conseguente condanna a spese processuali e sanzioni pecuniarie. È una lezione fondamentale sull’importanza di calibrare attentamente le strategie processuali in base ai limiti imposti da ciascun grado di giudizio.

È possibile presentare un ricorso per cassazione contro una sentenza del Giudice di Pace lamentando un vizio di motivazione?
No, la sentenza stabilisce che, ai sensi dell’art. 39-bis del d.lgs. 274/2000, il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Giudice di Pace è consentito solo per violazione di legge, non per vizi di motivazione.

La pena di 400 euro per il reato di percosse è stata considerata illegale?
No, la Corte ha ritenuto la pena di 400 euro conforme al dettato normativo, specificamente all’art. 52, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 274 del 2000.

Perché non è stata concessa la circostanza attenuante basata sul contributo della persona offesa?
La Corte ha evidenziato due ragioni: in primo luogo, il motivo di appello era generico e non obbligava il Tribunale a una risposta dettagliata. In secondo luogo, dalla ricostruzione dei fatti è emersa l’assenza di qualsiasi contributo causale da parte della persona offesa al danno subito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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