Ricorso per cassazione personale: perché è sempre inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione personale presentato direttamente dall’imputato è inammissibile. Questa regola, introdotta con la riforma del 2017, ha lo scopo di assicurare un elevato livello tecnico nella redazione degli atti destinati alla Suprema Corte, un organo chiamato a decidere sulla corretta interpretazione della legge e non sui fatti. Analizziamo insieme una pronuncia che applica in modo netto questo principio.
I Fatti del Caso
Il caso in esame riguarda un soggetto condannato sia in primo grado dal Tribunale di Napoli che in secondo grado dalla Corte di Appello per i reati di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) e ricettazione (art. 648 c.p.).
Non soddisfatto delle decisioni dei giudici di merito, l’imputato decideva di impugnare la sentenza di appello proponendo personalmente ricorso presso la Corte di Cassazione, agendo nel proprio stesso interesse.
La Decisione della Corte: il Ricorso per Cassazione Personale è Nullo
La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato l’atto e, senza entrare nel merito delle doglianze, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La conseguenza diretta di questa declaratoria è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione per aver causato l’inammissibilità del ricorso stesso.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione dell’ordinanza è tanto sintetica quanto inequivocabile. La Corte ha fondato la sua decisione sulla modifica apportata all’articolo 613 del Codice di Procedura Penale dalla Legge 23 giugno 2017, n. 103 (nota come “Riforma Orlando”).
Questa norma, nella sua attuale formulazione, stabilisce che il ricorso per cassazione debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. La legge ha di fatto eliminato la facoltà, precedentemente concessa all’imputato, di presentare personalmente il ricorso.
La ratio della norma è chiara: il giudizio di cassazione è un giudizio di pura legittimità, estremamente tecnico, che richiede competenze giuridiche specialistiche per la formulazione dei motivi. Consentire il ricorso per cassazione personale comporterebbe un aggravio del lavoro della Corte con atti spesso non conformi ai rigorosi requisiti di legge. La Corte ha quindi semplicemente applicato la legge, rilevando che l’imputato non era più un soggetto “legittimato” a proporre personalmente l’impugnazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia conferma un orientamento ormai consolidato e serve da monito per chiunque intenda adire la Suprema Corte. Le implicazioni pratiche sono nette:
1. Obbligo del Difensore Specialista: Per presentare un ricorso per cassazione in materia penale è indispensabile avvalersi di un avvocato cassazionista. Qualsiasi tentativo di agire personalmente è destinato a fallire.
2. Conseguenze Economiche: La presentazione di un ricorso inammissibile non è priva di costi. Oltre alle spese processuali, scatta una sanzione pecuniaria a carico del ricorrente, commisurata al grado di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
In definitiva, la decisione sottolinea l’importanza di affidarsi a professionisti qualificati per navigare le complesse acque della procedura penale, specialmente nell’ultimo e più tecnico grado di giudizio.
Perché il ricorso presentato dall’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto personalmente dall’imputato, in violazione dell’art. 613 del Codice di Procedura Penale, che, a seguito della modifica introdotta dalla Legge n. 103/2017, richiede obbligatoriamente che l’atto sia sottoscritto da un avvocato abilitato al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione.
Qual è la norma di riferimento per questa decisione?
La norma chiave è l’articolo 613 del Codice di Procedura Penale, come modificato dalla Legge 23 giugno 2017, n. 103. Questa legge ha eliminato la possibilità per l’imputato di presentare personalmente il ricorso per cassazione.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45632 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 45632 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
NOME nato in Senegal il 15/01/1958, avverso la sentenza del 19/06/2024 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Napoli, emessa il 7 febbraio 2023, che aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia in relazione ai reati di cui agli artt. 474 e cod. pen.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME nel suo stesso interesse.
Il ricorso è inammissibile perché proposto personalmente dall’imputato, soggetto non più legittimato dopo la modifica dell’art. 613 cod. proc. pen. per effetto della Legge 23 giugno 2017 n. 103.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 30.10.2024.