Ricorso per cassazione patteggiamento: i limiti secondo la Cassazione
Il ricorso per cassazione patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate del nostro sistema processuale penale. Sebbene il patteggiamento sia un accordo tra accusa e difesa, la legge prevede dei casi specifici in cui la sentenza può essere impugnata. Con la recente ordinanza n. 45101/2024, la Corte di Cassazione è tornata a precisare i confini di questa possibilità, in particolare quando l’oggetto della contestazione è l’errata qualificazione giuridica del fatto.
Il caso in esame: un ricorso contro la qualificazione del reato
Nel caso di specie, un imputato aveva proposto ricorso avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Ragusa per il reato di tentato furto aggravato in concorso. L’unico motivo del ricorso si basava su una generica contestazione relativa alla corretta qualificazione giuridica del fatto, sostenendo che il Tribunale avesse commesso un errore nell’inquadrare la condotta all’interno della fattispecie di reato contestata.
L’imputato, attraverso il suo difensore, chiedeva alla Suprema Corte di annullare la sentenza, ritenendo che i fatti avrebbero dovuto essere qualificati diversamente.
La decisione sul ricorso per cassazione patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza nemmeno la necessità di una discussione formale, applicando la procedura semplificata prevista dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento per errata qualificazione giuridica è un’ipotesi eccezionale.
Il principio dell’errore manifesto
Secondo la Corte, l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. limita la possibilità di ricorrere in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento ai soli casi di errore manifesto. Cosa significa? Un errore è ‘manifesto’ solo quando risulta palesemente ed immediatamente evidente dalla lettura del capo d’imputazione, senza necessità di interpretazioni complesse o valutazioni di merito. Deve essere un errore macroscopico, che balza agli occhi per la sua palese eccentricità rispetto ai fatti contestati.
Le motivazioni della Corte
I giudici hanno spiegato che il motivo di ricorso presentato dall’imputato era del tutto generico e non autosufficiente. Non indicava in modo specifico e chiaro in cosa consistesse l’errore del giudice di merito, né dimostrava perché tale errore fosse ‘manifesto’. Una semplice divergenza di opinioni sulla qualificazione giuridica non è sufficiente per aprire le porte del giudizio di Cassazione in caso di patteggiamento. La contestazione deve fondarsi su una violazione di legge immediatamente percepibile dal testo dell’imputazione e dalla motivazione della sentenza, cosa che nel caso di specie non sussisteva.
Richiamando precedenti pronunce, la Corte ha ribadito che è inammissibile un’impugnazione che denuncia una violazione di legge non immediatamente evincibile dagli atti, ma che richiederebbe una rilettura e una reinterpretazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità, a maggior ragione in un contesto di rito alternativo basato sull’accordo delle parti.
Le conclusioni e le implicazioni pratiche
La decisione conferma un orientamento rigoroso e volto a preservare la stabilità delle sentenze di patteggiamento. Le implicazioni pratiche sono chiare: chi intende impugnare una sentenza di applicazione della pena per vizi legati alla qualificazione giuridica deve dimostrare un errore palese, indiscutibile e immediatamente riscontrabile. In assenza di tale ‘manifesta’ erroneità, il ricorso sarà dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che nel caso specifico è stata quantificata in quattromila euro. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici e fondati su vizi evidenti, evitando contestazioni generiche che non hanno possibilità di successo.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione per errata qualificazione giuridica del fatto?
No, la possibilità è strettamente limitata ai soli casi di ‘errore manifesto’, ovvero quando la qualificazione giuridica data dal giudice è palesemente ed indiscutibilmente errata rispetto a quanto descritto nel capo di imputazione, senza margini di opinabilità.
Cosa intende la Corte per ‘errore manifesto’ nella qualificazione giuridica?
Per ‘errore manifesto’ si intende un errore che emerge con indiscussa immediatezza, risultando palesemente eccentrico rispetto al contenuto del capo di imputazione. Non è sufficiente una contestazione generica o una diversa interpretazione giuridica, ma serve un errore evidente e non opinabile.
Quali sono le conseguenze se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la sanzione è stata di quattromila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45101 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45101 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a CALTANISSETTA il 05/01/1996
avverso la sentenza del 26/06/2024 del TRIBUNALE di RAGUSA
dato avv o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di Ragusa ha applicato la pena, ai sensi de artt. 444 e ss. cod.proc.pen., in relazione al reato previsto dagli artt. 110, 5 e 625, n.2, cod.pen.
Il ricorso va dichiarato inammissibile senza formalità di procedura in relazione all’art.610, comma 5bis, cod.proc.pen..
Difatti, l’unico motivo di ricorso attiene a una generica contestazione in ordi alla esatta qualificazione giuridica del fatto ascritto.
Peraltro, sulla base della giurisprudenza di questa Corte, in tema d applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorre cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, c indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, come nel caso di specie in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Cari, Rv. 279842; Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, NOME COGNOME, Rv. 283023).
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna delg ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro quattromila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore Così deciso il 7 novembre 2024
Il Presidente