Ricorso per Cassazione Patteggiamento: La Cassazione Fissa i Paletti
Il patteggiamento è uno strumento processuale che permette di definire rapidamente un procedimento penale. Ma cosa succede se, dopo l’accordo, l’imputato decide di impugnare la sentenza? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i rigidi limiti del ricorso per cassazione patteggiamento, soprattutto in materia di stupefacenti, confermando che le possibilità di rimettere in discussione l’accordo sono molto ristrette.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un imputato che aveva concordato una pena (patteggiamento) con il Pubblico Ministero per due reati legati agli stupefacenti, entrambi previsti dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990:
1. Detenzione illecita di circa 31 grammi di cocaina (qualificata ai sensi del comma 1, l’ipotesi più grave).
2. Cessione di 0,70 grammi di cocaina (qualificata ai sensi del comma 5, l’ipotesi di lieve entità).
L’accordo era stato recepito in una sentenza dal Tribunale di Milano. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando due specifiche questioni.
I Motivi del Ricorso per Cassazione Patteggiamento
Il ricorso si basava su due motivi principali, con i quali si cercava di modificare gli effetti della sentenza patteggiata:
La Riqualificazione Giuridica del Reato
Il primo motivo mirava a ottenere una riqualificazione del reato di detenzione dei 31 grammi di cocaina. La difesa sosteneva che tale condotta dovesse essere inquadrata non nell’ipotesi più grave del comma 1 dell’art. 73, ma in quella di lieve entità prevista dal comma 5. Tale modifica avrebbe comportato una pena significativamente inferiore.
La Contestazione della Confisca
Con il secondo motivo, si contestava la confisca di una somma di denaro disposta dal giudice. La difesa la riteneva sproporzionata e, inoltre, sosteneva che le somme non appartenessero all’imputato, ma a terzi, cercando così di dimostrare la mancanza di un nesso tra il denaro e l’attività illecita.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi e ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello procedurale, stabilendo che le doglianze proposte non potevano essere fatte valere in quella sede. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La Corte ha fornito argomentazioni chiare e distinte per l’inammissibilità di ciascun motivo, basandosi sulla normativa specifica che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.
Limiti all’Impugnazione della Sentenza di Patteggiamento
Per quanto riguarda la richiesta di riqualificazione del reato, la Cassazione ha richiamato l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma limita drasticamente i motivi per cui si può ricorrere contro una sentenza di patteggiamento. In particolare, contestare la qualificazione giuridica data al fatto è possibile solo se si è in presenza di un errore manifesto. Tale errore deve essere palese, immediatamente riconoscibile dalla lettura del capo d’imputazione e senza necessità di alcuna indagine o interpretazione complessa.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la richiesta della difesa non evidenziasse un errore così palese, ma rappresentasse piuttosto una diversa valutazione del fatto, non ammissibile in sede di legittimità dopo un patteggiamento. Il ricorso è stato giudicato generico e non autosufficiente, poiché non dimostrava l’evidenza dell’errore.
L’Inammissibilità della Doglianza sulla Confisca
Anche il motivo relativo alla confisca è stato giudicato inammissibile, ma per due ragioni concorrenti.
1. Difetto di interesse: La difesa aveva sostenuto che le somme fossero di proprietà di terzi. La Corte ha osservato che, se così fosse, l’imputato non avrebbe alcun interesse giuridicamente rilevante a impugnare la confisca. L’interesse ad agire spetterebbe, infatti, ai presunti proprietari del denaro.
2. Genericità delle censure: In ogni caso, il ricorso è stato considerato generico. Il giudice di merito aveva motivato la confisca basandosi sulla contestualità spaziale tra il denaro e la droga e sulle condizioni reddituali dichiarate dall’imputato, elementi che facevano presumere la provenienza illecita delle somme. La difesa, secondo la Corte, non si è confrontata adeguatamente con queste motivazioni, limitandosi a contestazioni astratte e non specifiche.
Le Conclusioni
Questa ordinanza della Cassazione è un importante promemoria della natura quasi definitiva della sentenza di patteggiamento. La scelta di accedere a questo rito comporta una rinuncia a far valere gran parte delle contestazioni che sarebbero possibili in un processo ordinario. Il ricorso per cassazione patteggiamento non è uno strumento per rinegoziare l’accordo o per ottenere una nuova valutazione dei fatti, ma un rimedio eccezionale, esperibile solo in presenza di vizi gravi e palesi, come l’errore manifesto nella qualificazione del reato o l’illegalità della pena. La decisione ribadisce che i motivi di ricorso devono essere specifici, autosufficienti e confrontarsi puntualmente con la motivazione della sentenza impugnata, pena una secca declaratoria di inammissibilità con condanna alle spese.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento davanti alla Corte di Cassazione?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. stabilisce limiti molto precisi. Il ricorso è consentito solo per motivi specifici, come l’erronea qualificazione giuridica del fatto solo se manifesta, l’illegalità della pena o l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità.
Perché la richiesta di derubricare il reato di detenzione di droga a fatto di lieve entità è stata respinta?
La richiesta è stata dichiarata inammissibile perché, secondo la Corte, non si configurava un ‘errore manifesto’. Per impugnare la qualificazione giuridica in un patteggiamento, l’errore deve essere evidente e immediatamente desumibile dagli atti, senza margini di opinabilità. Una diversa valutazione del fatto non è sufficiente.
Per quale motivo la Corte ha dichiarato inammissibile anche il motivo relativo alla confisca del denaro?
Per una duplice ragione: in primo luogo, l’imputato sosteneva che il denaro fosse di terzi, il che lo privava dell’interesse a impugnare. In secondo luogo, le contestazioni sono state ritenute generiche, in quanto non si confrontavano specificamente con le motivazioni del giudice, che aveva giustificato la confisca sulla base della vicinanza tra droga e denaro e della situazione reddituale dell’imputato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38569 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38569 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VLORE( ALBANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/11/2023 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il difensore di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Milano con la quale è stato recepito l’accordo delle parti sull’applicazione di una pena per i reati di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R 309/1990 e di cui all’art comma 5, stesso d.P.R. , fatti accertat rispettivamente in Rho e Parabiago il 27/9/2023;
ritenuto che il ricorrente, con un primo motivo, ha dedotto inosservanza della legge penale e vizio della motivazione limitatamente alla denegata riqualificazione del reato d cui al capo 1) nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, motivo tutt non deducibile ai sensi dell’art. 448 comma 2-bis cod. proc. pen. (inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 103/2017 citata), la possibilità di ricorrere per cassazione tal doglianza essendo limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quand tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilit palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (sez. 4, n. 13749 del 23/3/2022, Gamal, Rv. 28302301; sez. 2, n. 14377 d3I 31/3/2021, COGNOME, Rv. 281116-01; sez. 5, n. 33145 del 8/10/2020, Cari, Rv. 279842-01);
che il secondo motivo, prospettando analoghi vizi quanto alla disposta confisca, non sembra neppure sorretto dall’interesse a impugnare, muovendo il deducente dall’assunto della titolarità delle somme in capo a terzi;
che, in ogni caso, quanto alla sproporzione, le censure si traducono in generiche contestazioni, prive del necessario confronto con le ragioni della decisione (Sez. U, n 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione), avendo il giudice valorizzato quanto alla riconducibilità delle somme all’imputato, la contestualità spaziale del relativa custodia rispetto a quella della cocaina; quanto alla sproporzione, le condizio reddituali dichiarate dall’imputato;
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 18 settembre 2024