Patteggiamento: i confini del ricorso per Cassazione per errore di qualificazione giuridica
Il ricorso per cassazione patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale di grande interesse, poiché delimita le possibilità di impugnazione di una sentenza emessa a seguito di un accordo tra accusa e difesa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i paletti entro cui tale ricorso può essere considerato ammissibile, soprattutto quando si contesta la qualificazione giuridica del reato. Analizziamo la decisione per comprendere la portata di questo importante principio.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Torino, che aveva applicato a un imputato, su accordo delle parti (patteggiamento), una pena di un anno, quattro mesi e venti giorni di reclusione, oltre a 800,00 euro di multa, per il reato di ricettazione previsto dall’art. 648 del codice penale.
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso alla Suprema Corte, lamentando un errore nella qualificazione giuridica del fatto. Secondo il ricorrente, il reato avrebbe dovuto essere derubricato, ossia inquadrato in una fattispecie meno grave.
Il motivo del Ricorso per Cassazione Patteggiamento
L’unico motivo di ricorso si fondava sulla presunta violazione di legge e sulla manifesta illogicità della motivazione. La difesa sosteneva che il giudice di merito avesse errato nel qualificare i fatti come ricettazione, senza procedere a una derubricazione che avrebbe comportato una pena inferiore. In sostanza, si contestava la correttezza dell’inquadramento giuridico su cui si era basato l’accordo per la pena.
La Normativa di Riferimento: l’art. 448 c.p.p.
La possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento è disciplinata in modo restrittivo. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale consente il ricorso per cassazione anche per denunciare l’erronea qualificazione giuridica del fatto. Tuttavia, la giurisprudenza ha progressivamente definito i contorni di questa facoltà per evitare che il ricorso diventi un modo per rimettere in discussione l’intero accordo.
Le Motivazioni della Corte sul Ricorso per Cassazione Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato e generico. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire un principio consolidato: l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento per erronea qualificazione giuridica è possibile solo a condizioni molto stringenti.
L’errore, spiegano i giudici, deve emergere con “indiscussa immediatezza” e la qualificazione data dal giudice deve risultare “palesemente eccentrica” rispetto al contenuto del capo di imputazione. In altre parole, la scorrettezza deve essere evidente leggendo la sola contestazione formulata dal pubblico ministero, senza che sia necessario compiere alcuna valutazione di merito o analisi degli elementi probatori.
Nel caso specifico, la Corte ha osservato che il ricorrente, dietro la formale contestazione della qualificazione giuridica, stava in realtà cercando di indurre la Corte a una nuova valutazione dei fatti e del suo ruolo nella vicenda criminosa. Questo tipo di riesame è precluso sia dalla natura del rito del patteggiamento, che si fonda proprio sulla rinuncia al dibattimento, sia dai limiti intrinseci del giudizio di legittimità, che non può entrare nel merito delle prove.
L’impugnazione che denuncia errori valutativi non evidenti dalla contestazione o che richiede l’analisi di aspetti fattuali e probatori per essere compresa, valica il perimetro consentito dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma che la via del ricorso per cassazione patteggiamento per contestare la qualificazione giuridica è stretta e percorribile solo in casi eccezionali. Non è sufficiente un semplice disaccordo con l’inquadramento legale del fatto; è necessario che vi sia un errore macroscopico e immediatamente percepibile dalla lettura dell’imputazione. La decisione serve da monito: il patteggiamento è un accordo che implica una sostanziale accettazione del quadro accusatorio e non può essere utilizzato come una base per riaprire discussioni fattuali in sede di legittimità. Di conseguenza, la scelta di questo rito alternativo deve essere ponderata attentamente, con la piena consapevolezza dei suoi limiti e delle sue conseguenze processuali.
È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento per errata qualificazione giuridica del reato?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è consentita dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., ma solo a condizioni molto restrittive e non per riesaminare i fatti.
Quali sono le condizioni per contestare la qualificazione giuridica in un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
L’errata qualificazione giuridica del fatto deve risultare con ‘indiscussa immediatezza’ e deve essere ‘palesemente eccentrica’ rispetto al capo di imputazione. L’errore deve essere evidente dalla sola lettura della contestazione, senza necessità di analizzare elementi di fatto o prove.
Cosa succede se il ricorso tenta di ridiscutere i fatti del processo o il ruolo dell’imputato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Il procedimento di patteggiamento e il successivo ricorso in Cassazione non permettono di rivisitare l’esito del procedimento o di ridiscutere questioni di fatto, che con l’accordo si sono cristallizzate.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18430 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 18430 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME COGNOME CUI 02RRW3N nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2024 del TRIBUNALE di TORINO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Torino applicava a NOME, sull’accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni uno e mesi quattro e giorni venti di reclusione ed 800,00 di multa per i reati ascrittiin rubrica (art. 648 cod. pen.).
NOME ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore che ha dedotto con unico motivo violazione di legge, manifesta illogicità della motivazione e contraddittorietà quanto alla qualificazione giuridica del fatto contestato e mancata derubricazione dello stesso.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo manifestamente infondato. Come osservato da questa Corte è sempre possibile ricorrere per cassazione deducendo, sulla base del menzionato art. 448, comma 2 -bis, l’erronea qualificazione giuridica del fatto operata in sentenza, per essere il fatto stesso penalmente irrilevante, ovvero riconducibile a diversa fattispecie incriminatrice. Tale possibilità è però limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, mentre è inammissibile l’impugnazione che denunci errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dalla contestazione (Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116-01; Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279842-01; Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, NOME, Rv. 27957301; Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272619-01), o richiamino, quale necessario passaggio logico del loro riscontro, aspetti in fatto e probatori su cui non è possibile, per il rito adottato, prima ancora che per i limiti consustanziali al giudizio di legittimità, estendere il corrispondente sindacato (Sez. 6, n. 3108 del 08/01/2018, COGNOME, Rv. 272252-01).
Ciò posto, è evidente che l’odierno ricorrente proponga, con il motivo del tutto generico proposto, formalmente inteso a contestare la qualificazione penalistica della condotta oggetto di imputazione, rivisitare l’esito univoco del procedimento aperto a suo carico e di rìdiscutere così questioni di fatto, inerenti il ruolo da lui ricoperto nelle vicende oggetto dei capi d’imputazione e il suo significato in termini di realizzazione di condotta criminosa, che, per le esposte ragioni, non possono essere dibattute in questa sede.
I motivi valicano così il perimetro entro cui il citato art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen. circoscrive lo scrutinio esercitabile da questa Corte.
Il ricorrente deve conseguentemente essere condannato al pagamento delle spese processuali, oltre al pagamento ammenda di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22 marzo 2024.