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Ricorso per cassazione patteggiamento inammissibile

Tre individui, condannati con patteggiamento per detenzione di oltre 11 kg di cocaina, presentano ricorso. La Cassazione dichiara il ricorso per cassazione patteggiamento inammissibile perché i motivi addotti non rientrano tra quelli consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. per le sentenze di applicazione pena su richiesta.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione Patteggiamento: Quando è Inammissibile?

Il ricorso per cassazione patteggiamento rappresenta una via di impugnazione molto stretta, i cui confini sono stati delineati in modo netto dal legislatore per garantire la stabilità delle sentenze emesse su accordo delle parti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza i limiti di questo strumento, dichiarando inammissibili le doglianze che esulano dal perimetro normativo. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni giuridiche di tale decisione.

I Fatti del Caso: Detenzione di Droga e la Scelta del Patteggiamento

Il caso ha origine da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto patteggiamento) emessa dal GIP del Tribunale di Savona. Tre soggetti erano stati accusati del reato previsto dall’art. 73 del D.P.R. 309/1990 per aver detenuto, a bordo di una barca da pesca, un ingente quantitativo di cocaina, precisamente dieci panetti per un peso complessivo di 11,540 kg.

Concordando la pena con la Procura, gli imputati avevano ottenuto una sentenza di condanna tramite questo rito alternativo. Tuttavia, successivamente, hanno deciso di impugnare tale sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge.

Il Ricorso per Cassazione e i Motivi di Impugnazione

I ricorrenti hanno basato la loro impugnazione sulla violazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale. Sostenevano, in sintesi, che il giudice del patteggiamento avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di proscioglimento per la mancanza di prove evidenti della loro colpevolezza, anziché ratificare l’accordo sulla pena. Uno degli imputati ha inoltre contestato la confisca di una somma di denaro. Durante il procedimento, uno dei tre ha formalmente rinunciato al proprio ricorso.

La Decisione della Cassazione: L’Inammissibilità del Ricorso per Cassazione Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi, seguendo un orientamento consolidato e basato sulla chiara dizione normativa. Per l’imputato che aveva rinunciato, l’inammissibilità è stata una conseguenza diretta della sua formale ritirata.

Per gli altri due, la Corte ha spiegato che le loro lamentele non rientravano nel novero dei motivi per cui è consentito impugnare una sentenza di patteggiamento. La legge di riforma del 2017 (L. 103/2017) ha introdotto l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che elenca tassativamente i motivi di ricorso ammissibili. Questi riguardano esclusivamente:

* L’espressione della volontà dell’imputato;
* Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza;
* L’erronea qualificazione giuridica del fatto;
* L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Le doglianze relative alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. non rientrano in nessuna di queste categorie. Di conseguenza, il ricorso per cassazione patteggiamento è stato giudicato inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla volontà del legislatore di limitare drasticamente le impugnazioni contro le sentenze di patteggiamento per deflazionare il carico giudiziario e dare stabilità a decisioni che nascono da un accordo tra accusa e difesa. Consentire un sindacato ampio, simile a quello previsto per le sentenze dibattimentali, snaturerebbe la funzione stessa del rito alternativo.

La Corte ha ribadito che il controllo sulla sussistenza delle condizioni per il proscioglimento immediato (art. 129 c.p.p.) viene effettuato dal giudice prima di ratificare il patteggiamento. Una volta che la sentenza è emessa, essa non può essere più messa in discussione per tali motivi. L’elenco dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. è un catalogo chiuso e non interpretabile estensivamente. L’inammissibilità dei ricorsi ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, non essendo stata ravvisata un’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un principio cruciale per chiunque si approcci al rito del patteggiamento: la scelta è, nella maggior parte dei casi, irreversibile per quanto riguarda l’accertamento di responsabilità. Le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate a vizi specifici e di natura prevalentemente procedurale o giuridica. È fondamentale, quindi, che la decisione di accedere a un patteggiamento sia ponderata con estrema attenzione dalla difesa, con la piena consapevolezza che le porte per un riesame del merito dei fatti saranno, di fatto, chiuse. La sentenza cristallizza la necessità di una valutazione strategica ex ante, poiché le vie di ricorso ex post sono quasi del tutto precluse.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento?
Sì, ma esclusivamente per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, quali vizi della volontà, errata qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena.

La mancata assoluzione per evidente innocenza (art. 129 c.p.p.) è un motivo valido per ricorrere contro un patteggiamento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questo motivo non rientra nell’elenco chiuso previsto dalla legge e, pertanto, un ricorso basato su tale doglianza è inammissibile.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
L’imputato ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, in assenza di colpa, al versamento di una sanzione pecuniaria alla cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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