Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11151 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11151 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME COGNOME nato a SEBES (ROMANIA) il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 13/09/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del PG ASSUNTA COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta la memoria difensiva dell’AVV_NOTAIO, per la ricorrente, che ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Firenze, in funzione di Tribunale del riesame, ha rigettato l’appello cautelare avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze in data 7 luglio 2023, con cui era stata rigettata l’istanza d dissequestro presentata da NOME COGNOME.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, formulando tre motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si deduce la violazione degli artt. 321 e 323 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione. I beni in questione erano stati sottoposti a vincolo cautelare, nell’ambito dell’unico originario procedimento, nel quale risultavano indagati sia l’odierna ricorrente – per i reati di trasferiment fraudolento di valori (capo 7) e di riciclaggio (capo 10) – sia il di lei marito, NOME COGNOME – per i reati di associazione per delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, riciclaggio e autoriciclaggio e di intestazione fraudolenta di valori nonché, tra l’altro, del delitto di cui al citato capo 7, in concorso con la moglie formale intestataria. Il procedimento ha avuto poi due distinti percorsi processuali, con giudizio immediato per NOME COGNOME ed altri e richiesta di rinvio a giudizio per COGNOME. L’istanza di restituzione presentata da quest’ultima si basava sull’intervenuta assoluzione di NOME COGNOME, con la formula “il fatto non sussiste”, da tutti i reati contestatigli. La pronuncia liberatoria (a cui de conseguire, ex art. 323 cod. proc. pen., l’ordine di restituzione delle cose in favore dell’avente diritto) costituirebbe, al contrario di quanto affermato dal Tribunale, un novum rilevante anche per la ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura, ancora sotto il profilo dell’erronea applicazione della legge penale (in relazione agli artt. 321 e 322-bis cod. proc. pen.) e della manifesta illogicità della motivazione, la mancata estensione alla ricorrente degli effetti della sentenza di assoluzione del coimputato, dal momento che il delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen. le era stato ascritto i concorso con il marito assolto e il delitto di cui all’art. 648-bis cod. pen. avev come reati presupposti le false fatturazioni ipotizzate originariamente a carico del medesimo COGNOME.
2.3. Con il terzo motivo, la difesa eccepisce la carenza di motivazione per quanto attiene alla richiesta subordinata di riduzione dei beni in sequestro, laddove si fosse deciso di mantenere il vincolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso, infondato.
Preliminarmente occorre osservare, come, in materia di cautela reale, l’art. 325 cod. proc. pen. consenta il ricorso per cassazione soltanto per violazione di legge (nel cui ambito deve includersi anche la motivazione omessa o soltanto apparente). Non sono dunque consentiti i profili di censura diretti a contestare la tenuta logica dell’apparato argomentativo.
La sopravvenuta pronuncia, con esito ampiamente liberatorio, nei confronti di NOME COGNOME, nei termini illustrati nel ricorso, potrebbe astrattamente costituire un fatto nuovo idoneo ad attivare le tutele di cui all’art. 323 cod. proc pen. in favore dell’avente diritto. In deroga alla regola generale di cui all’art. 58
cod. proc. pen. per cui l’esecuzione del provvedimento impugnato è sospesa fino alla definizione del giudizio, la pronuncia di una sentenza assolutoria, anche non irrevocabile, determina l’immediata perdita di efficacia del sequestro preventivo finalizzato alla confisca a condizione che il bene in sequestro non sia soggetto a confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 240, comma secondo, n. 2, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 44961 del 15/09/2016, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 268569).
Nondimeno, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., continua a trovare applicazione il principio di autosufficienza del ricorso di cassazione, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti rilevanti e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, pure materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, dep. 2021, Cossu, Rv. 280419; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Talamanca, Rv. 276432).
Nel caso di specie, viceversa, il ricorso risulta del tutto inottemperante a tale onere e quindi insuperabilmente aspecifico rispetto alle specifiche vicende procedimentali nella loro connessione (a partire dalla mancata indicazione delle precise contestazioni mosse ad COGNOME e alle imputazioni provvisorie nei confronti di COGNOME, accennate solo vagamente; d’altronde, la sentenza di assoluzione di COGNOME è addirittura un atto esterno rispetto al presente procedimento). Le uniche produzioni sono state allegate soltanto alla memoria ex art. 611 cod. proc. pen., in limine, e – pur nella evidente insufficienza a documentare quanto sopra specificato – non sono comunque ritualmente valutabili. La struttura e la funzione del giudizio di cassazione – diretto unicamente a verificare la sussistenza nel provvedimento impugnato degli errores in procedendo o in iudicando dedotti dalle parti nei limiti dettati tassativamente dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen. impediscono, invero, di prendere in considerazione elementi istruttori non presenti nel fascicolo al momento della decisione censurata con il ricorso.
Ogni circostanza sopravvenuta, d’altronde, potrà essere ritualmente sottoposta, se del caso, all’attenzione del Giudice della cautela, con adeguata documentazione a supporto.
Il primo e il secondo motivo, per quanto attiene alle dedotte violazioni di legge, sono dunque generici.
Non sussiste in effetti l’asserita carenza motivazionale.
Il Tribunale del riesame ha espressamente preso in carico la domanda di riduzione (p. 3). Il rilievo è stato poi implicitamente disatteso, avuto riguardo proprio all’impossibilità di accertare la consistenza effettiva del profitto de riciclaggio, da leggersi doverosamente anche in endiadi con le specifiche contestazioni dei reati presupposti, nei termini sopra illustrati.
Il terzo motivo è pertanto infondato.
Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18 gennaio 2024
Il Co igliere estensore
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La Presidente