Ricorso per Cassazione: Limiti al Vizio di Motivazione per Reati del Giudice di Pace
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in tema di impugnazioni: il ricorso per cassazione contro sentenze d’appello per reati di competenza del Giudice di pace non può essere fondato sul cosiddetto ‘vizio di motivazione’. Questa ordinanza offre l’occasione per analizzare i limiti posti dal legislatore a questo specifico mezzo di impugnazione, con importanti conseguenze pratiche per imputati e difensori.
I Fatti di Causa
Il caso nasce dalla condanna di un individuo per il reato di minaccia (art. 612 c.p.), pronunciata in primo grado dal Giudice di pace di Città di Castello. La decisione era stata successivamente confermata in appello dal Tribunale di Perugia. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, decideva di presentare un ultimo appello, proponendo ricorso per cassazione.
I Motivi del Ricorso per Cassazione
La difesa dell’imputato basava il proprio ricorso su due argomentazioni principali:
1. L’imminente prescrizione del reato: il ricorrente sosteneva che il termine massimo di prescrizione sarebbe scaduto a breve, precisamente il 26 maggio 2024.
2. Il vizio di motivazione: si contestava la logicità e la coerenza del ragionamento seguito dai giudici d’appello nel confermare la condanna.
Questi due motivi, tuttavia, hanno trovato un ostacolo insormontabile nelle norme che regolano il giudizio di legittimità, portando a una declaratoria di inammissibilità.
Limiti al ricorso per cassazione per i reati minori
Il cuore della questione risiede nel secondo motivo di ricorso. Con una riforma del 2018 (d.lgs. n. 11/2018), il legislatore ha introdotto specifiche limitazioni per i ricorsi in Cassazione riguardanti reati di competenza del Giudice di pace. In particolare, gli articoli 606, comma 2-bis, del codice di procedura penale e 39-bis del d.lgs. 274/2000 stabiliscono che, per queste fattispecie, non è più possibile denunciare il vizio di motivazione della sentenza d’appello. La ratio di questa norma è quella di snellire il carico della Suprema Corte, limitando l’accesso per i reati considerati di minore gravità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile.
In primo luogo, il motivo relativo alla prescrizione è stato ritenuto manifestamente infondato, poiché, come ammesso dallo stesso ricorrente, il termine non era ancora decorso al momento della decisione.
In secondo luogo, e in modo decisivo, i giudici hanno ribadito il principio consolidato secondo cui il vizio di motivazione è un motivo non consentito dalla legge per le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del Giudice di pace. La norma è chiara e non lascia spazio a interpretazioni: l’appello per cassazione per questi reati può basarsi solo su violazioni di legge, non sulla presunta illogicità del percorso argomentativo del giudice di merito.
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha inoltre precisato che non potevano essere liquidate le spese alla parte civile, poiché quest’ultima non aveva svolto un’attività difensiva attiva nel giudizio di Cassazione volta a contrastare le pretese dell’imputato.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai stabile e serve da monito per la strategia difensiva. Per i reati di competenza del Giudice di pace, l’accesso al giudizio di legittimità è significativamente ristretto. È inutile e controproducente fondare un ricorso per cassazione su critiche alla motivazione della sentenza di secondo grado, poiché tale motivo sarà inevitabilmente dichiarato inammissibile. La difesa deve concentrarsi esclusivamente sulla denuncia di errori nell’applicazione delle norme di diritto sostanziale o processuale. La sanzione per un ricorso inammissibile non è solo la condanna alle spese, ma anche il pagamento di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, rendendo un’impugnazione infondata un rischio economico non trascurabile per l’imputato.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché uno dei motivi sollevati, il ‘vizio di motivazione’, non è consentito dalla legge per le sentenze d’appello che riguardano reati di competenza del Giudice di pace.
È sempre possibile contestare la motivazione di una sentenza in Cassazione?
No. A seguito di una riforma del 2018, per i reati di competenza del Giudice di pace, il ricorso per cassazione non può più essere basato su presunti difetti di logicità o coerenza della motivazione della sentenza d’appello. L’impugnazione è limitata alle sole violazioni di legge.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso 3.000 euro, alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso non consentito dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20866 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20866 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CITTA DI CASTELLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2024 del TRIBUNALE di PERUGIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Perugia ha confermato la pronuncia con la quale il Giudice di pace di Città di Castello aveva condannato COGNOME NOME per il reato di all’art. 612 cod. pen.;
che, avverso detta sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore;
che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, atteso che, come rilevato dallo stesso ricorrente, il termine massimo di prescrizione decorrerà solo il 26 maggio 2024;
che il secondo motivo – con il quale il ricorrente deduce il vizio di motivazione inammissibile, posto che, ai sensi degli artt. 606, comma 2-bis, cod. proc. pen. e 39-bis d d.lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274 (introdotti dal d. Igs. 6 febbraio 2018, n. 11, entrato in v il 6 marzo 2018), avverso le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace non può essere proposto ricorso per cassazione per vizio della motivazione (cfr. Sez. 7, n. 49963 del 06/11/2019, Rv. 277417; Sez. 5, n. 22854 del 29/04/2019, Rv. 275557);
che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
che non possono, invece, essere liquidate le spese della parte civile poiché «nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio, nelle forme previste dagli artt. 610 e 611 cod. proc. pen., quando il ricorso dell’imputato viene dichiar per qualsiasi causa inammissibile, va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, purché questa abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei li consentiti, un’attività diretta a contrastare la avversa pretesa a tutela dei propri inter natura civile risarcitoria» (Sez. 7, n. 44280 del 13/09/2016, C., Rv. 268139; Sez. 4, n. 3653 del 15/09/2021, A., Rv. 281923);
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Nulla sulle spese di parte civile.
Così deciso, 1’8 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente